Notifica Ordine di Esecuzione: Quando l’Appello Diventa Inammissibile
La fase di esecuzione della pena è un momento cruciale nel procedimento penale, dove la formalità degli atti assume un’importanza decisiva. Una corretta notifica ordine di esecuzione è il presupposto fondamentale per garantire il diritto di difesa del condannato, consentendogli di attivare gli strumenti previsti dalla legge, come le istanze per le misure alternative alla detenzione. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione (n. 4148/2024) ci offre uno spunto di riflessione su quanto possa essere perentoria la prova di una notifica avvenuta regolarmente.
I Fatti del Caso
Una persona condannata in via definitiva si vedeva notificare un ordine di esecuzione con contestuale sospensione. Successivamente, presentava un’istanza per ottenere una misura alternativa alla detenzione. Il Tribunale di Sorveglianza, tuttavia, dichiarava l’istanza inammissibile a causa della mancanza, al suo interno, della dichiarazione o elezione di domicilio.
Contro questa decisione, la condannata proponeva ricorso per cassazione, basando le proprie doglianze su due motivi principali:
1.  Un presunto vizio processuale, sostenendo che al momento della decisione del Tribunale di Sorveglianza non fosse ancora scaduto il termine per presentare l’istanza di affidamento.
2.  L’illegittimità della dichiarazione di inammissibilità dell’istanza per un vizio formale (la mancata elezione di domicilio) senza un previo accertamento della sua effettiva conoscenza dell’ordine di esecuzione.
La Questione della validità della notifica ordine di esecuzione
Il cuore della controversia ruotava attorno alla prova della conoscenza, da parte della condannata, dell’ordine di esecuzione. La difesa sosteneva che il termine per agire non fosse decorso e che un vizio formale non potesse prevalere sul diritto sostanziale di richiedere una misura alternativa, specialmente in assenza di una prova certa della conoscenza dell’atto presupposto.
La Corte di Cassazione è stata quindi chiamata a verificare se, alla luce degli atti processuali, la notifica ordine di esecuzione fosse stata perfezionata e, di conseguenza, se le lamentele della ricorrente avessero fondamento.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, definendolo manifestamente infondato. L’analisi dei giudici è stata lineare e si è basata su un elemento fattuale inconfutabile emerso dagli atti.
Il primo motivo di ricorso è stato smontato grazie all’accesso, consentito alla Corte data la natura del vizio dedotto, agli atti del procedimento. Da questi è emerso chiaramente che l’ordine di esecuzione era stato notificato “a mani” della diretta interessata da parte della Stazione dei Carabinieri in data 16 dicembre 2020. Questa prova documentale ha reso del tutto infondato l’argomento secondo cui, alla data del provvedimento impugnato (20 settembre 2023), il termine per la proposizione dell’istanza non fosse ancora esaurito. La notifica diretta provava senza ombra di dubbio la piena conoscenza dell’atto da parte della condannata da quasi tre anni.
Di conseguenza, anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile. La Corte ha spiegato che la manifesta infondatezza del primo motivo travolgeva logicamente anche il secondo. La censura relativa alla necessità di accertare l’effettiva conoscenza dell’ordine prima di dichiarare inammissibile l’istanza per un vizio formale perdeva ogni valore di fronte alla prova certa della “notifica a mani”. L’effettiva conoscenza, infatti, era già stata ampiamente dimostrata.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale nella procedura penale: la certezza degli atti e delle notifiche. Una volta che la notifica ordine di esecuzione è provata in modo inequivocabile, come nel caso di una consegna “a mani” verbalizzata dai Carabinieri, diventa estremamente difficile per la difesa sostenere la mancata conoscenza dell’atto. 
Questa decisione sottolinea l’importanza per i condannati e i loro difensori di agire tempestivamente e con la massima diligenza formale una volta ricevuto un ordine di esecuzione. Eventuali vizi formali nelle istanze successive, come la mancata elezione di domicilio, possono essere sanzionati con l’inammissibilità, soprattutto quando il presupposto della conoscenza dell’atto da cui scaturiscono i termini è solidamente provato. In sintesi, la forma diventa sostanza quando la conoscenza del procedimento è garantita e documentata.
 
Come viene considerata una notifica a mani dell’ordine di esecuzione?
La Corte di Cassazione la considera una prova inconfutabile dell’effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinatario. Questo rende infondato qualsiasi argomento successivo basato sulla presunta ignoranza dell’ordine stesso.
La mancanza dell’elezione di domicilio può causare l’inammissibilità di un’istanza?
Sì, può essere causa di inammissibilità. Nel caso specifico, la Corte ha confermato la decisione poiché l’argomento principale della difesa, ovvero la mancata conoscenza dell’atto presupposto, era stato smentito dalla prova della notifica a mani.
Un ricorso basato su un presunto difetto di notifica ha successo se esiste la prova della consegna a mani?
No. Come chiarito dalla Corte, se dagli atti emerge la prova di una notifica regolarmente effettuata a mani del diretto interessato, il ricorso che lamenta un vizio procedurale legato alla mancata conoscenza è destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4148 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 4148  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 20/09/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso siano manifestamente infondati, in quanto:
il primo motivo deduce un vizio processuale che non emerge dalla lettura degli atti del procedimento – cui la Corte può accedere, attesa la natura del vizio dedotto (Sez. U, Sentenza n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220093) -, in quanto l’ordine di esecuzione con sospensione dell’esecuzione, emesso il 30 settembre 2020, è stato notificato, oltre che al difensore della fase del merito, anche alla diretta interessa (notifica a mani, effettuata dalla Stazione Carabinieri di Rovato il 16 dicembre 2020), talchè l’argomento che alla data del 20 settembre 2023, in cui è stato emesso il provvedimento impugnato, non fosse esaurito il termine per la proposizione dell’istanza di affidamento almeno per uno dei soggetti legittimati è destituito di fondamento;
la manifesta infondatezza del primo motivo di ricorso comporta l’inammissibilità anche del secondo, che censura l’esser stato emesso un decreto di inammissibilità dell’istanza di misure alternative per la mancanza in essa della dichiarazione o elezione di domicilio senza accertare prima l’effettiva conoscenza dell’ordine di esecuzione da parte della condannata, effettiva conoscenza che, invece, è dimostrata dalla notifica a mani sopra indicata;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11 gennaio 2024.