Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 47373 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 47373 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 01/04/1981
avverso l’ordinanza del 07/06/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Firenze ha rigettato l’istanza presentata nell’interesse di NOME avente ad oggetto la rescissione del giudicato, ai sensi dell’art. 629 bis, comma 1, cod. proc. pen., relativamente alla sentenza del Giudice di Pace di Firenze, irrevocabile il 22 aprile 2017, pronunciata all’esito di giudizio celebrato in assenza dell’imputato.
La ragione della decisione è stata individuata, in primo luogo, nella circostanza che COGNOME in sede di verbale di identificazione, elezione di domicilio e nomina del difensore aveva indicato il domicilio presso la Caritas di Firenze, INDIRIZZO/E.
In quel luogo era stata tentata la notifica del decreto di citazione a giudizio che, tuttavia, non era andata a buon fine.
Pertanto, a norma dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., l’adempimento era stato eseguito presso il difensore d’ufficio presente, peraltro, alla prima udienza del 18 gennaio 2016.
Non avrebbe potuto, dunque, essere tratta la conclusione che il soggetto, il quale comprendeva la lingua italiana, non conoscesse il procedimento a proprio carico, con conseguente infondatezza dell’istanza proposta.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per mezzo dei propri difensori, articolando un motivo con il quale ha eccepito violazione di legge a norma degli artt. 161, comma 4, 420 bis e 420 quater, cod. proc. pen., 179, comma 1, cod. proc. pen. e 604, comma 5 bis, cod. proc. pen., nonché motivazione carente e manifestamente illogica con riferimento agli artt. 161, comma 4, 420 bis, cod. proc. pen. 420 quater e 629 bis cod. proc. pen.
La dichiarazione di assenza dell’imputato sarebbe stata pronunciata senza che lo stesso avesse mai avuto effettiva conoscenza della vocatio in iudicium, non essendo, a tale scopo, idonea l’elezione di domicilio presso la Caritas di INDIRIZZO a Firenze.
Il ricorrente, all’epoca di quella elezione, non era residente in Italia, né era titolare di permesso di soggiorno.
Egli si è visto nominare un difensore d’ufficio, non è stato mai destinatario di alcun atto del procedimento, ma solo di un verbale di identificazione ex art. 161 cod. proc. pen.
Il successivo decreto di citazione a giudizio non è mai stato notificato all’imputato e si è proceduto in assenza, senza effettuare ulteriori ricerche dopo il tentativo di notificazione presso il domicilio eletto.
Avrebbe, quindi, errato la Corte di appello nel ritenere sufficiente, ai fini della rituale dichiarazione di assenza, l’affermazione di COGNOME circa la propria residenza e l’elezione di domicilio presso la Caritas, senza verificare l’effettività e l’idoneità dell’indicazione, vertendosi, nella specie, proprio in tem di domicilio, di per sé, precario.
Il provvedimento, pertanto, sarebbe erroneo in quanto assunto sul presupposto della effettiva e reale conoscenza del procedimento in spregio ai più recenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità.
Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento con rinvio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso merita accoglimento.
Allo scopo di ritenere dimostrata la conoscenza del procedimento, la Corte di appello di Firenze ha richiamato l’elezione di domicilio e la nomina del difensore nell’ambito del procedimento.
Tali adempimenti sono stati eseguiti nel verbale di identificazione del 5 marzo 2013, ossia in atto compiuto nell’ambito del procedimento e prima della formulazione di una ipotesi accusatoria nei confronti dell’indagato.
A proposito dei presupposti per la legittima dichiarazione di assenza dell’imputato che abbia eletto domicilio, va richiamato il principio generale affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte che, nella prospettiva della valorizzazione della effettività della conoscenza del procedimento, hanno avuto modo di precisare che «ai fini della dichiarazione di assenza non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, da parte dell’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapport professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa. (Principio affermato in relazione a fattispecie precedente all’introduzione dell’art. 162, comma 4-bis, cod. proc. peri. ad opera della legge 23 giugno 2017, n. 103)». (Sez. U, n. 23948 de/ 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, Rv. 279420).
Con riferimento più specifico alla fattispecie di interesse nella presente sede, ossia alla rilevanza dell’elezione di domicilio ai fini della dimostrazione della conoscenza del procedimento, rileva l’ulteriore principio secondo il quale «In tema di rescissione del giudicato, l’effettiva conoscenza del procedimento deve
essere riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di “vocatio in iudiciurn”, sicché non può desumersi dalla mera dichiarazione o elezione di domicilio operata nella fase delle indagini preliminari, quando ad essa non sia seguita la notifica dell’atto introduttivo del giudizio in detto luogo, ancorchè a mano di soggetto diverso dal destinatario, ma comunque legittimato a ricevere l’atto. (In motivazione la Corte ha precisato che, nel caso di sopravvenuta impossibilità di notifica al domicilio eletto o dichiarato, la notifica della “vocatio iudicium”, effettuata ai sensi dell’art.161, comma 4, cod.proc.pen., in quanto eseguita in luogo diverso dal domicilio indicato, non consente di ritenere la sicura conoscenza del procedimento da parte dell’imputato)» (Sez. 6, n. 21997 del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279680).
Il percorso motivazionale seguito da questa Corte nell’arresto ora menzionato viene qui condiviso e fatto proprio.
E’ stato, infatti precisato che «l’art. 629 bis, comma 1, cod. proc. pen., al pari del precedente art. 420 bis, comma 4, assegna rilievo alla mancata conoscenza del «processo», con ciò presupponendo la formalizzazione di un’accusa ed il deferimento a giudizio dell’interessato».
La mancata conoscenza del processo, infatti, rileva nel solo caso in cui l’imputato vi si sia volontariamente sottratto e solo in tal caso la mancata conoscenza può essere definita «colpevole», con conseguente rilevanza ai fini della rescissione del giudicato.
In tal senso, vengono sono state richiamate le fonti sovranazionali per come interpretate dalla Corte EDU competenti (sentenza 18/05/2004, RAGIONE_SOCIALE; sentenza 10/11/2004, Sejdovic c. Italia) e recepite nell’ordinamento interno (art. 19 lege 27 maggio 2015, n. 69).
Con argomentazione qui condivisa è stato affermato che la presunzione relativa di conoscenza operante in conseguenza dell’elezione di domicilio opera solo nel caso in cui la notificazione della vocatio in iudicium sia avvenuta presso il domicilio indicato, anche se non mani del destinatario, ma di altro soggetto legittimato a ricevere l’atto (familiare convivente, portiere dello stabile collaboratore domestico, dipendente e così via).
Solo in questa ipotesi, infatti, «in ragione della stretta relazione intercorrente tra l’imputato e colui che, per esso, ha ricevuto l’atto, è ragionevole presumere che il primo ne sia venuto a conoscenza, sì da ritenere giustificato l’onere, a suo carico, di dimostrare il contrario».
Analoga presunzione non opera nel caso in cui, a causa dell’impossibilità di notificazione di tale atto nel domicilio eletto o dichiarato, la stessa venga effettuata presso il difensore, di fiducia o d’ufficio ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., atteso che in questa ipotesi la notificazione avviene in luogo
diverso dal domicilio.
Da ciò discende che, tenuto conto della funzione essenziale della vocatio in iudicium «ai fini dell’esercizio del potere giurisdizionale e punitivo dello Stato nei confronti del cittadino», la notificazione della stessa ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., «quantunque formalmente regolare, non può dirsi satisfattiva dell’ineludibile esigenza di certezza della compiuta conoscenza del processo da parte dell’accusato».
Esattamente in termini la decisione di questa stessa Sezione Sez. 1, n. 36543 del 12/06/2024, COGNOME n.m.
Il ricorso, pertanto, anche in linea con le conclusioni del Procuratore generale deve trovare accoglimento.
Da quanto esposto, discende l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Firenze che si atterrà, nel valutare l’istanza di rescissione del giudicato, ai principi sin qui richiamati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Firenze.
Così deciso il 12/11/2024