Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6848 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 6848 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME, nato in Albania il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 24/7/2023 del Tribunale del riesame di Bologna; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 24/7/2023, il Tribunale del riesame di Bologna rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa il 19/6/2023 dal Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale, che aveva rigettato l’istanza di declaratoria di perdita di efficacia della misura cautelare della custodia in carcere disposta con riguardo a reati in materia di stupefacenti.
Propone ricorso per cassazione il COGNOME, deducendo i seguenti motivi:
erronea applicazione degli artt. 27, 296, comma 2, cod. proc. pen.; manifesta contraddittorietà della motivazione. Il Tribunale del riesame non
avrebbe applicato correttamente la norma da ultima richiamata, in forza della quale deve essere notificato al difensore l’avviso di deposito in cancelleria di copia dell’ordinanza cautelare che ha disposto la misura rimasta ineseguita per latitanza del destinatario; questa disposizione opererebbe anche nel caso di misura applicata ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen., come nel caso di specie, non ravvisandosi alcuna previsione derogatoria, né riscontrandosi ragioni per superare il principio secondo cui tutte le notifiche debbono esser fatte al difensore. Diversamente, del resto, potrebbe verificarsi quanto riscontrato a danno del ricorrente, che – in assenza della notifica al difensore ex art. 296, comma 2, cod. proc. pen. – si sarebbe visto precludere la possibilità di proporre istanza di riesame, subendo direttamente l’emissione di un mandato di arresto europeo. La motivazione stesa dal Tribunale, peraltro, risulterebbe contraddittoria, in quanto il combinato disposto degli artt. 165, 309, comma 2, cod. proc. pen., farebbe decorrere il termine per il riesame – quanto all’imputato latitante – proprio dalla notifica dell’avviso al difensore, cosicché, in mancanza, non sarebbe possibile adire il tribunale della libertà;
ribadendo la medesima questione, si afferma che la lettura dell’art. 296, comma 2, citato offerta dall’ordinanza impugnata contrasterebbe con gli artt. 3, 24 e 111 Cost., in tema di uguaglianza, diritto di difesa e giusto processo; in subordine all’annullamento del provvedimento, pertanto, si chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale della norma con riferimento ai parametri indicati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta infondato; entrambi i motivi, peraltro, possono essere trattati in modo congiunto, concernendo la medesima questione.
Il Collegio ritiene opportuno, in primo luogo, ribadire i termini della vicenda cautelare, peraltro pacifici:
il 30/11/2021 ed il 30/5/2022 il G.i.p. del Tribunale di Napoli emetteva nei confronti del COGNOME un’ordinanza applicativa della custodia in carcere, con riguardo a vari reati (capi da A a D) in materia di stupefacenti;
il 14/6/2022, erano notificati al difensore un decreto di latitanza e l’avviso di deposito della seconda ordinanza cautelare, rimasta ineseguita come la prima (seguita da mandato di arresto europeo del 5/1/2022);
con sentenza del 29/12/2022, il Tribunale di Napoli dichiarava la propria incompetenza per territorio in favore dell’Autorità giudiziaria di Bologna; il G.i.p. competente, dunque, provvedeva ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen., emettendo nuova ordinanza cautelare – il 13/1/2013 – con riguardo a tutti i capi citati;
anche questa ordinanza rimaneva ineseguita, come da verbale di vane ricerche del 17/1/2023; il Pubblico ministero presso il Tribunale di Bologna, pertanto, emetteva mandato di arresto europeo;
in sede di udienza preliminare, celebrata il 9/6/2023, la difesa chiedeva dichiararsi la perdita di efficacia della misura per difetto di notifica dell’avviso d deposito dell’ordinanza emessa ex art. 27 cod. proc. pen.; in subordine, chiedeva sollevarsi questione di legittimità costituzionale. Il G.i.p. rigettava la richiesta, co provvedimento poi confermato dal Tribunale del riesame con l’ordinanza qui impugnata.
Tanto premesso, la difesa ribadisce in questa sede le medesime questioni già poste al G.i.p. e al Tribunale, lamentando che il difensore non avrebbe ricevuto notifica dell’avviso di deposito di cui all’art. 296, comma 2, cod. proc. pen., previsto anche nel caso in cui la misura cautelare sia stata disposta ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen., non ravvisandosi alcuna previsione – né alcuna ragione derogatoria rispetto alla norma generale; la violazione di questa, peraltro, avrebbe impedito al ricorrente di presentare istanza di riesame, con evidente violazione dei precetti costituzionali sopra richiamati.
Questa affermazione risulta infondata nelle premesse e nelle conclusioni.
In primo luogo, la costante giurisprudenza di questa Corte – qui da ribadire – afferma da molti anni che l’inosservanza della norma di cui all’art. 296, comma 2, cod. proc. pen., non determina alcuna sanzione processuale, avendo l’avviso rilevanza solo ai fini della decorrenza del termine per presentare richiesta di riesame (Sez. 1, n. 23545 del 9/4/2008, Disha, Rv. 240195; successivamente, tra le non massimate, Sez. 6, n. 27756 del 16/9/2020, COGNOME; Sez. 5, n. 34824 del 21/6/2019, COGNOME; Sez. 3, n. 41539 del 16/9/2015, Pisa). Questa previsione, peraltro, si lega coerentemente con l’art. 309, comma 2, cod. proc. pen., in forza del quale per l’imputato latitante il termine per il riesame decorre dalla data di notificazione eseguita a norma dell’articolo 165, mediante consegna di copia dell’atto al difensore; o dal momento dell’esecuzione della misura, se sopravvenuta.
7.1. Come correttamente affermato nell’ordinanza impugnata, dunque, il ricorrente non ha patito alcuna limitazione delle proprie prerogative difensive, in quanto – in assenza di notifica al difensore dell’avviso di deposito di cui all’art. 296, comma 2, citato – non è decorso il termine per proporre richiesta di riesame, né lo stesso COGNOME ha patito alcuna illegittima limitazione della libertà personale, trovandosi libero (perché latitante). Non può essere accolta, dunque, la tesi del ricorso secondo cui al difensore dovrebbe essere garantita comunque, “senza ritardo”, la notifica del deposito dell’ordinanza cautelare, anche qualora emessa ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen., al fine di poter adire il Tribunale del riesame;
questo principio, infatti, merita di essere condiviso per il caso in cui l’ordinanza applicativa della misura abbia avuto esecuzione, mentre, in caso contrario, nessuna urgenza può essere riscontrata, in quanto – si ribadisce – il termine per proporre l’eventuale richiesta di riesame decorrerà esclusivamente dall’esecuzione della notifica stessa, senza che, nelle more, l’indagato possa subire alcun effetto pregiudizievole sulla propria libertà personale.
Alla luce di queste premesse, risulta dunque manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale che il ricorrente chiede di sollevare, ai sensi degli artt. 3, 24 e 111 Cost. La struttura normativa prevista dal codice di rito, infatti, non determina alcun vulnus in tema di diritto di difesa, né viola il principio di uguaglianza: tutti i destinatari di un’ordinanza cautelare personale, infatti, sono legittimati a proporre richiesta di riesame, ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., entro un termine – 10 giorni – che decorre dalla esecuzione o dalla notificazione del provvedimento genetico, con l’effetto che, nel primo caso, l’imputato vede attivato assai velocemente il procedimento di gravame (da definire in termini altrettanto rapidi, oltre che perentori), e, nel secondo caso, può attendere – senza vincoli – che la notifica stessa sia eseguita, senza alcuna ripercussione sulle proprie prerogative.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2023
igliere estensore
Il Presidente