Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3075 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3075 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 14/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MURATA] NOME, nato in Albania il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/07/2023 del GIP TRIBUNALE PESARO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 6 luglio 2023 il Tribunale di Pesaro, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza di NOME COGNOME di sospensione dell’esecuzione dell’ordine di esecuzione per mancata notifica dello stesso al condannato.
In particolare, il giudice dell’esecuzione ha rilevato che l’ordine di esecuzione con sospensione dell’esecuzione di cui all’art. 656, comma 5, cod. proc. pen. era stato ritualmente notificato con il rito degli irreperibili, in quanto il condannato non era stato rintracciato sul territorio nazionale. La circostanza che fosse noto all’autorità giudiziaria che lo stesso il 13 settembre 2012 era stato espulso dal territorio nazionale non comportava l’obbligo di cercarlo nello Stato di origine in quanto non era noto l’indirizzo all’estero del condannato.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi.
Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione perché il giudice dell’esecuzione ha omesso di considerare che tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Albania è possibile l’assistenza giudiziaria; in particolare, l’articolo 3 della legge 14 giugno 2011, n. 97, estende al rapporto tra i due Stati l’applicabilità della disciplina della Convenzione europea di assistenza giudiziaria, che prevede che, nell’ipotesi in cui non sia noto l’indirizzo del soggetto straniero destinatario di un atto giudiziario, lo stesso debba essere cercato attraverso rogatoria giudiziaria; prima di dichiarare l’irreperibilità del condannato e ritenere notificato l’ordine di esecuzione, pertanto l’autorità giudiziaria avrebbe dovuto cercarlo in Albania e soltanto all’esito delle vane ricerche dello stesso in Albania avrebbe potuto ritenere notificato l’ordine di esecuzione mediante consegna al difensore.
Con il secondo motivo deduce violazione di norma processuale, perché il giudice dell’esecuzione ha ritenuto validamente notificato l’ordine di esecuzione al difensore che aveva assistito il condannato nel giudizio di merito, e presso cui questi aveva eletto domicilio, ma, posto che nomina del difensore ed elezione di domicilio della fase del merito non si estendono al giudizio di esecuzione, la procedura dell’irreperibilità avrebbe dovuto passare per una nuova notifica al difensore una volta dichiarata l’irreperibilità.
Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, NOME COGNOME, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
Il primo motivo deduce che, prima di dichiarare la irreperibilità del condannato, l’autorità giudiziaria avrebbe dovuto effettuare ricerche in Albania, anche a mezzo di rogatoria internazionale.
Il ricorso sostiene, in particolare, che la Convenzione bilaterale di assistenza giudiziaria esistente tra l’Italia e l’Albania, ratificata con I. 97 del 2011, permett la notifica degli atti giudiziari all’estero tramite rogatoria internazionale, e che l strumento della rogatoria per la notifica dell’indagato residente all’estero di cui si ignori l’esatto recapito è previsto dall’art. 169, comma 4. cod. proc. pen.
Il motivo è infondato, perché la giurisprudenza di questa Corte ha affermato più volte che l’obbligo di effettuare nuove ricerche ai sensi dell’art. 159 cod. proc. pen., comma 1, ai fini della emissione del decreto di irreperibilità, è condizionato all’oggettiva praticabilità degli accertamenti, che è il limite logico di ogni garanzia processuale (Sez.2, n.9815 del 05/12/2001, COGNOME Q., Rv221521; sez.2, n.45896 del 17/11/2011, COGNOME, Rv.251359), e che più in particolare, ai fini del decreto di irreperibilità, non sussiste l’obbligo di disporre apposite ricerche all’estero dell’imputato ivi residente, del quale si ignori l’esatto recapito (Sez. 2, Sentenza n. 39329 del 31/05/2016, COGNOME, Rv. 268304; Sez. 6, n. 29147 del 03/06/2015 COGNOME, Rv.264104; Sez.1, n. 27552 del 23/06/2010, COGNOME e altro), che è la situazione in cui si trovava l’autorità giudiziaria nel caso in esame.
Ne consegue che la stessa non era tenuta ad estendere le ricerche in Albania prima di dichiarare l’irreperibilità del condannato, e che conseguentemente l’ordinanza resiste alla censura che le è stata rivolta. Il motivo è, pertanto, infondato.
E’ infondato anche il secondo motivo, che deduce che, per perfezionare la procedura ex art. 656 cod. proc. pen., sarebbe stata necessaria una nuova notifica al difensore per conto del condannato, una volta dichiarata l’irreperibilità dello stesso.
Il motivo è infondato, perché, dalla lettura degli atti, cui la Corte può accedere attesa la natura del vizio dedotto (Sez. U, Sentenza n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220093), emerge che tale notifica al difensore per conto del condannato vi è stata.
Infatti, l’esame del fascicolo trasmesso dal giudice dell’esecuzione consente di accertare che:
il 27 gennaio 2015 il pubblico ministero ha emesso ordine di esecuzione con sospensione dell’esecuzione;
il 28 gennaio 2015 l’ufficio del pubblico ministero ha notificato il decreto al difensore del condannato in proprio;
il 16 febbraio 2015 è stato redatto verbale di vane ricerche di COGNOME;
il 21 aprile 2016 il pubblico ministero ha emesso decreto di irreperibilità;
il 22 aprile 2016 alle ore 9.48 l’ufficio del pubblico ministero ha notificato il decreto di irreperibilità e l’ordine di esecuzione con sospensione dell’esecuzione al difensore per conto del condannato mediante sistema SNT. Che siano stati notificati sia il decreto di irreperibilità che l’ordine di esecuzione con sospensione dell’esecuzione risulta dalla lettera di trasmissione del 21 aprile 2016.
Ne consegue che la procedura di notifica si è regolarmente perfezionata, perché dopo l’emissione del decreto di irreperibilità l’autorità giudiziaria ha provveduto ad effettuare una nuova notifica al difensore per conto del condannato.
Nel ricorso si sostiene anche che il destinatario di questa notifica non avrebbe dovuto essere il difensore nominato per la fase di cognizione, perchè la nomina di questi non si estende alla fase dell’esecuzione, ma l’argomento non è corretto, perché in contrasto con la lettera della norma dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen., secondo cui “l’ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono notificati al condannato e al difensore nominato per la fase dell’esecuzione o, in difetto, al difensore che lo ha assistito nella fase di giudizio”.
La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, ricostruito il sistema nel senso che “la nomina del difensore di fiducia effettuata per il giudizio di cognizione non é efficace per la fase esecutiva, salvo che per la specifica ipotesi della sospensione dell’esecuzione con termine, per la presentazione di istanza finalizzata alla concessione di misure alternative alla detenzione, prevista dall’art. 656, comma 5, cod. proc. pen. (Sez. 1, Sentenza n. 22945 del 04/05/2017, Lucato, Rv. 270971).
In definitiva, il ricorso è infondato.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14 dicembre 2023
Il consigliere estensore
Il pre idente