Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5683 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5683 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 01/01/1964
avverso l’ordinanza del 09/07/2024 del Tribunale di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere, NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ ordinanza impugnata il Tribunale di Torino, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di inefficacia dell’ordine di carcerazione, emesso nei confronti di NOME COGNOME in relazione all ‘ esecuzione della pena di anni due, mesi dieci di reclusione di cui alla sentenza del Tribunale di Torino, del 31 maggio 2017, divenuta definitiva il 16 ottobre 2019.
Avverso l’indicato provvedimento ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il condannato, per il tramite del difensore, avvocato NOME COGNOME affidandosi a due motivi, di seguito riassunti, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo si denuncia erronea applicazione degli artt. 148 e 157 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 171 e 179 cod. proc. pen.
L’ordine di esecuzione, relativo alla pena in questione, è stato emesso in data 14 giugno 2023, con contestuale decreto di sospensione.
In data 28 agosto 2023, la polizia giudiziaria incaricata della notifica ha redatto un verbale di vane ricerche con il quale si accertava che, al momento, non era stato possibile individuare un luogo di dimora, di lavoro, di frequenza del soggetto, il quale risultava irreperibile e non titolare di permesso di soggiorno.
Quindi, la Procura della Repubblica, in data 12 settembre 2023, ha emesso decreto di irreperibilità, con contestuale richiesta di restituzione del primo ordine di esecuzione e, in data 8 novembre 2023, ha emesso nuovo ordine di carcerazione, non sospeso, avverso il quale la difesa ha proposto istanza ai sensi dell’art 670 cod. proc. pen. volta a dichiararne l’inefficacia, ritenendo la notifica non perfezionata e, anzi, nulla.
Il Tribunale ha respinto l’istanza osservando che, al mese di aprile 2015, il condannato risultava risiedere in Torino alla INDIRIZZO ma che, già nel processo di cognizione, in quel luogo era stato inutilmente cercato e non era più reperibile.
Pertanto, come emerso dal verbale di vane ricerche svolte dalla Questura di Torino del 28 agosto 2023 queste erano state espletate senza che fosse stato possibile individuare, oltre alla formale residenza, di fatto risultata inesistente, neppure un luogo di dimora.
Si deduce che l’art. 160, comma 3, cod. proc. pen. prevede che il decreto di irreperibilità, emesso dal giudice di secondo grado e da quello del rinvio, cessa di avere efficacia con la pronuncia della sentenza.
Ciò comporta che, nella fase dell’esecuzione, per la notifica degli atti inizia una nuova fase del procedimento, cui si applicano le norme di cui agli artt. 157 e ss. cod. proc. pen., con conseguente rinnovo delle ricerche di cui all’art. 159 cod. proc. pen.
Con riferimento all’ordine di carcerazione e al relativo decreto di sospensione, si osserva che questi devono essere notificati, personalmente o presso la casa di abitazione o nel luogo ove il condannato esercita l’attività lavorativa, anche a persona diversa la cui qualità deve essere attestata dalla relata di notifica.
In essa occorre indicare l ‘autorità o la parte privata richiedente, le ricerche effettuate, le generalità della persona cui l’atto viene consegnato e la relazione con il destinatario, con adempimenti di cui all’art. 157 cod. proc. pen. da espletarsi in via cumulativa, pena la nullità assoluta della notifica ex art. 171 lett. d) cod. proc. pen.
Se non è possibile la consegna nei modi previsti dall’art. 157 , commi da 1 a 7, codice di rito, la notifica segue le formalità di cui all’art. 157 , comma 8, cod. proc. pen.
Nel caso al vaglio, si deduce che l’ordine di esecuzione è stato notificato non ai sensi dell’art 157 cod. proc. pen.; invero, il verbale di vane ricerche del 28 agosto 2023 attesta che, al momento, non era stato possibile individuare un luogo di dimora, di lavoro, di frequenza del soggetto che era risultato irreperibile.
Tale verbale, però, a parere del ricorrente, non dimostra se e quale attività sia stata compiuta per la notifica. In particolare, non risulta se siano state eseguite le ricerche presso la sua residenza anagrafica, sita in INDIRIZZO Torino.
Il Giudice dell’esecuzione ha ritenuto che la notificazione dell’ordine di esecuzione fosse corretta fondando tale conclusione sul fatto che, già nei gradi di merito , l’imputato era stato dichiarato irreperibile e non risultato reperibile presso luogo di residenza, in quanto raggiunto da sfratto esecutivo affisso sulla porta dell’abitazione .
Tuttavia, il ricorrente assume che la declaratoria di irreperibilità, accertata nel giudizio di cognizione, ha cessato di avere efficacia giusta il disposto di cui all’art 160 cod. proc. pen.
Inoltre, anche a voler ammettere che le ricerche sono state correttamente svolte, la mancata applicazione della procedura di notifica, attraverso il deposito dell’atto nella casa comunale accompagnato dagli ulteriori adempimenti previsti dall’art 157, comma 8, cod. proc. pen., ha determinato la nullità della notifica ai sensi dell’art 171 lett. f) cod. proc. pen.
Invero, il fascicolo dell’esecuzione non contiene indicazioni sugli adempimenti eventualmente svolti attraverso il deposito dell’atto alla casa comunale.
Inoltre, l’ordinanza fonda su un ulteriore errore nella parte in cui sostiene che il concetto di dimora, usato nel verbale, comprenda quello più ampio di formale residenza; tuttavia, i concetti sono distinti dal punto di vista giuridico, come dimostra la dizione letterale di cui all’art. 157, comma 8, cit.
2.2. Con il secondo motivo si deduce erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 159 cod. proc. pen. e 61 disp. att. cod. proc. pen.
L’ordinanza è viziata per erronea applicazione degli articoli 171 e 179 del codice di rito in tema di decreto di irreperibilità.
Qualora non sia possibile eseguire la notifica nei modi previsti dall’art. 157 cod. proc. pen., l’Autorità giudiziaria dispone nuove ricerche, eseguite dalla polizia giudiziaria, nel luogo di nascita, dell’ultima residenza anagrafica o di
dimora, anche meramente temporanea od occasionale, documentando l’attività svolta con dettagliata relazione.
Si tratta di ricerche che devono essere eseguite cumulativamente, in tutti i luoghi indicati dall’art. 159 del codice di rito, derivando diversamente la nullità assoluta del decreto di irreperibilità e delle conseguenti notificazioni.
Nel caso in esame, non risulta svolta alcuna ricerca nei luoghi indicati dall’art. 159, con conseguente nullità del decreto di irreperibilità e della notifica del secondo ordine di carcerazione, emesso in data 8 novembre 2023.
Infatti, non sono state svolte nuove ricerche nel luogo di nascita, dell’ultima residenza anagrafica e dell’ultima dimora, come risulta dal fatto che, dopo il verbale del mese di agosto 2023, non vi è altro verbale attestante l’espletamento di nuove ricerche di cui all’art. 159 cod. proc. pen.
3.Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso con requisitoria scritta chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Va premesso che non si può che ribadire la giurisprudenza di legittimità consolidata, secondo cui le ricerche necessarie ai fini dell’emissione del decreto di irreperibilità devono essere eseguite cumulativamente, e non alternativamente, in tutti i luoghi indicati dall’art. 159 cod. proc. pen., derivando, diversamente, la nullità assoluta del decreto di irreperibilità e delle conseguenti notificazioni, se attinenti alla citazione dell’imputato (Sez. 5, n. 44374 del 20/06/2014, COGNOME, Rv. 262112 – 01; si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 1, n. 11341 del 27/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280976 – 01; Sez. 2, n. 15674 del 02/03/2016, Drago, Rv. 266442 – 01).
Deve essere, comunque, specificato che la giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 5, n. 5127 del 31/03/2000, COGNOME, Rv. 216060 -01) in tema di notificazione all’imputato, ha affermato il principio secondo il quale, in caso di irreperibilità, nessuna omissione può addebitarsi all’Autorità giudiziaria e agli organi di polizia dei quali essa si serva, ove -svolte regolari ricerche nei luoghi di nascita, di ultima residenza e di abituale attività lavorativa -non venga rinvenuta traccia di diversa residenza o dimora.
La circostanza che l’interessato abbia dedotto il trasferimento della residenza non può assumere, per tale indirizzo, alcuna rilevanza se nessuna indicazione di una nuova residenza emerga dagli atti e dalle informazioni assunte.
Deve escludersi, infatti, che le ricerche possano essere eseguite, indistintamente, in tutti i Comuni della zona in cui l’imputato aveva abitato in passato.
Tanto premesso, si osserva che, nel caso al vaglio, l’esame degli atti (necessitato dalla natura della eccezione formulata) evidenzia che, nell’ultima residenza , all’esito di ricerche ivi espletate, l’imputato non era stato trovato e che, anzi, da questa era risultato essere stato sfrattato.
Dal verbale di vane ricerche, del 28 agosto 2023, si trae, inoltre, che non è stato possibile individuare un luogo di dimora, di lavoro o di frequenza del soggetto, risultato, anzi, non reperibile anche presso il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, e privo del permesso di soggiorno.
Dal verbale di vane ricerche del 14 febbraio 2017, svolte in sede di cognizione, risultava, poi, che da accertamenti espletati presso il luogo di residenza, l’imputato non era stato rintracciato, che non vi era la cassetta postale a lui, o al coniuge, intestata. Presso l’Ufficio anagrafe del Comune emergeva, anzi, l’irreperibilità a carico del datore di lavoro, dal 20 ottobre 2016.
Quest’ultimo, poi, espressamente rintracciato, aveva dedotto di non conoscere alcuno col nome di NOME COGNOME.
Il successivo verbale di vane ricerche, del 5 agosto 2019, attestava che il ricorrente era stato ricercato presso il luogo di residenza anagrafica, ove non era stato rintracciato, e che non erano emersi dalla consultazione della banca dati dei Carabinieri di Torino, INDIRIZZO, elementi utili concludendo che, a quella data, egli era irreperibile.
La difesa assume che, dopo il tentativo di notifica, personale o a una delle persone e nei luoghi indicati dall’art. 157 commi da 1 a 7 c od. proc. pen., deve, necessariamente procedersi a notifica, ai sensi del comma 8 dell’art. 157 cod. proc. pen., e solo dopo tale adempimento, è consentito procedere alle ricerche finalizzate ad accertare l ‘ irreperibilità.
Il Collegio osserva che, secondo il tenore letterale della norma richiamata, è previsto che ‘ se neppure in tal modo è possibile eseguire la notificazione, l’atto è depositato nella casa del comune dove l’imputato ha l’ abitazione o, in mancanza di questa, del comune dove egli esercita abitualmente la sua attività lavorativa. Avviso del deposito stesso è affisso alla porta della casa di abitazione dell’imputato ovvero alla porta del luogo dove egli abitualmente esercita la sua attività lavorativa. L’ufficiale giudiziario inoltre, invia copia dell’atto, provvedendo alla relativa annotazione sull’originale e sulla copia, tramite lettera raccomandata con avviso di ricevimento nel luogo di residenza anagrafica o di dimora dell’imputato ‘ .
Nel caso di specie, alla stregua delle risultanze acquisite, è risultato sconosciuto sia il luogo di residenza diverso da quella indicata, sia il luogo di
dimora abituale. Dunque, anche tale formalità per le notificazioni non risultava esperibile.
Sicché, in modo ineccepibile, è stato attivato l’ iter di cui all’art 159 cod. proc. pen. , in conformità all’indirizzo interpretativo di questa Corte secondo il quale, in tema di notificazioni di atti all’imputato, l’obbligo di effettuare nuove ricerche nei luoghi indicati dall’art. 159, comma 1, cod. proc. pen., prima dell’eventuale emissione del decreto di irreperibilità è condizionato alla sua oggettiva praticabilità, che rappresenta il limite logico di ogni garanzia processuale (Sez. 2, n. 9815 del 5/12/2001, dep. 2002, Rv. 221521 -01, secondo cui in applicazione di tale principio, questa Corte ha ritenuto che, trattandosi di cittadino straniero, privo di permesso di soggiorno all’epoca dei fatti, non dedito ad attività lavorativa rilevabile dagli atti e nato in paese con il quale non vi era alcuna convenzione di assistenza giudiziaria, legittimamente il giudice dell’esecuzione avesse emesso il decreto di irreperibilità sulla sola base delle informazioni di polizia, attestanti l’assenza di notizie circa l’attuale luogo di residenza dell’interessato, dopo il suo trasferimento dal luogo in cui era vissuto durante il giudizio; conf. Sez. 4, n. 35867 del 21/09/2021, COGNOME, Rv. 281977 -01; Sez. 4, n. 40928 del 07/06/2018, Camero Miguel Angel, n. m.; Sez. 1, n. 18162 del 21/11/2017, dep. 2018, COGNOME, n. m.; Sez. 2, n. 39329 del 31/05/2016, COGNOME, Rv. 268304 -01).
2.2. Il secondo motivo è infondato.
Invero, risultano espletate ricerche successive a quelle svolte nella fase della cognizione, come attesta il verbale di vane ricerche del mese di agosto del 2023.
La Corte reputa che, nel procedimento esecutivo penale, devono considerarsi estese al soggetto interessato tutte le garanzie previste dall’ordinamento per l’imputato nel procedimento di cognizione, in quanto praticabili. Sicché, anche il procedimento di notificazione, nell’ambito dell’esecuzione, deve compiersi con l’osservanza di tutte le disposizioni dettate con riguardo all’imputato (Sez. 5, n. 273 del 19/01/1994, COGNOME, Rv. 196570 -01 ha reputato nulla la notificazione dell’avviso prescritto dall’art. 666, comma 3, cod. proc. pen., effettuata al difensore nominato d’ufficio dopo che si era constatata l’impossibilità di notificazione personale ma senza che fossero state effettuate le ricerche ed emesso il decreto di irreperibilità previsto dall’art. 159 cod. proc. pen.).
Né si può sostenere, come fa il ricorrente, che il Giudice dell’esecuzione abbia attribuito validità a precedenti accertamenti o decreti di irreperibilità emessi, sulla base di precedenti ricerche, nella fase di cognizione.
Invero, risulta l’ espletamento di ricerche anche per la specifica notifica del rinnovato ordine di esecuzione, in data 28 agosto 2023. È evidente, poi, che, all’interno di tale verbale si utilizza il termine ‘ dimora ‘ non nella sua accezione
tecnica ma in quella di luogo ove, di fatto, il soggetto può essere reperito perché abitualmente ivi presente. In ogni caso, da tale verbale risulta, come detto, l’impossibilità di i ndividuare un luogo di dimora, di lavoro o di frequenza del soggetto, non reperibile anche presso il DAP e privo del permesso di soggiorno.
Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ex art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 5 novembre 2024