Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 2757 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 2757 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 01/01/1995
avverso la sentenza del 27/02/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sulle conclusioni del Pubblico Ministero
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Milano il 27 febbraio 2024 ha integralmente confermato la sentenza, appellata dall’imputato, con la quale il Tribunale di Monza il 18 ottobre 2022, all’esito del dibattimento, ha riconosciuto NOME responsabile del reato di tentativo di furto di beni di consumo dagli scaffali di un supermercato, fatto contestato come commesso il 17 ottobre 2019, e, con le circostanze attenuanti generiche stimate equivalenti alla riconosciuta recidiva, lo ha condannato alla pena di giustizia.
L’imputato ricorre, tramite Difensore di fiducia, per la cassazione della sentenza, affidandosi a due motivi con i quali lamenta violazione di legge. 2.1. Con il primo motivo censura la violazione dell’art. 420-bis cod. proc. pen.: la sentenza impugnata avrebbe illegittimamente disatteso la richiesta di dichiarare nulla la sentenza di primo grado in ragione della mancata conoscenza del procedimento da parte dell’imputato, erroneamente dichiarato assente benchè detenuto e benchè le notifiche siano state tutte effettuate al Difensore di ufficio ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. e non già alla persona fisica del destinatario ristretto, in palese violazione dei principi di dirit puntualizzati da Sez. U, n. 12778 del 27/02/2020, S, Rv. 278869-01 e Rv. 278869-02 («Le notificazioni all’imputato detenuto vanno sempre eseguite, mediante consegna di copia alla persona, nel luogo di detenzione, anche in presenza di dichiarazione od elezione di domicilio. (In motivazione la Corte ha precisato che tale disciplina deve trovare applicazione anche nei confronti dell’imputato detenuto in luogo diverso da un istituto penitenziario e, qualora lo stato di detenzione risulti dagli atti, anche nei confronti del detenuto “per altra causa”)»; e «Le notificazioni effettuate, nei confronti dell’imputato detenuto, presso il domicilio dichiarato od eletto e non nel luogo di detenzione, danno luogo a nullità a regime intermedio, soggetta alla sanatoria prevista dall’art. 184 cod. proc. pen.»). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Sarebbe quindi erronea, siccome in contrasto con i riferiti principi, la motivazione al riguardo svolta dalla Corte di appello, incentrata sulla sussistenza di un obbligo di comunicazione del mutato domicilio in caso di sopravvenuta carcerazione.
2.2. Con il secondo motivo denuncia ulteriore violazione dell’art. 420-bis cod. proc. pen., avendo la Corte territoriale frainteso e, anzi, travisato le conclusioni scritte in data 11 febbraio 2024 del Procuratore Generale, il quale si era associato, come documentato in allegato all’impugnazione, alla richiesta della Difesa di declaratoria di nullità della sentenza di primo grado, leggendosi alla p.
3 della sentenza impugnata che il P.G. avrebbe chiesto la conferma della sentenza impugnata – ciò che non è – e, soprattutto, avendo la Corte di appello ritenuto che il Tribunale di Monza non avrebbe potuto/dovuto disporre la traduzione in quanto non a conoscenza della detenzione dell’imputato: non si tratterebbe, però, di impossibilità di conoscenza della situazione detentiva quanto di chiara inosservanza, come illustrato nel motivo che precede, dell’art. 420-bis cod. proc. pen. L’imputato, infatti, benchè indicato nella sentenza del Tribunale, alla p. 1, come “libero – assente”, invece era detenuto e non rinunziante a comparire, con la conseguenza della nullità assoluta della sentenza di primo grado, come affermato anche da Sez. 1, n. 42657 dell’11/10/2023, NOME COGNOME non mass.
Si chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
3. Il P.G. della Corte di cassazione nella requisitoria scritta del 3 novembre 2024 ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Premesso che la prescrizione maturerà non prima del 17 aprile 2027, il ricorso è infondato e deve essere rigettato, per le seguenti ragioni.
2. I due motivi vanno trattati congiuntamente.
Si lamenta, come si è visto, la violazione dell’art. 420-bis cod. proc. pen., avendo il Tribunale considerato “libero assente” un imputato che, invece, era detenuto per altra causa, con notificazioni effettuate presso il Difensore di ufficio, anziché direttamente alla persona fisica nel luogo di detenzione, e non avendo la Corte di appello, benchè sollecitata sul punto non solo dal Difensore dell’imputato ma anche dal P.G., accolto l’eccezione.
Ebbene, nell’atto di appello (primo motivo, pp. 2-4) si legge avere la Difesa scoperto soltanto dopo la sentenza di primo grado che l’imputato era detenuto sin dal 1° dicembre 2021 e si eccepisce la nullità della citazione a giudizio e di tutti gli atti successivi.
La Corte di appello, in sostanza (pp. 3-4 della sentenza impugnata), risponde che l’A.G. per poter provvedere alla traduzione deve essere a conoscenza dello stato di detenzione, cosa che nel caso di specie non è accaduto, anche perché nessuno ha informato l’A.G. e richiama al riguardo il precedente di Sez. 6, n. 36502 del 16/10/2020, NOME COGNOME non mass., stimato pertinente.
La riferita affermazione della Corte di merito è corretta, non essendo esigibile l’adempimento della traduzione dell’imputato, ove il giudice non sia
informato dello stato di detenzione. Può al riguardo utilmente richiamarsi l’insegnamento di Sez. U, n. 7653 del 30/09/2022, NOME COGNOME, Rv. 282806 (massima ufficiale: «La restrizione dell’imputato agli arresti domiciliari per altra causa, documentata o, comunque, comunicata al giudice procedente, in qualunque tempo, integra un impedimento legittimo a comparire che impone il rinvio del procedimento ad una nuova udienza e la traduzione dell’imputato stesso»), che in motivazione (alle pp. 17-18, sub n. 11, 11.1 e 12 del “considerato in diritto”) spiega che, ove non risulti dagli atti o in qualsiasi modo lo stato di detenzione, non può che farsi carico all’imputato o al suo Difensore di comunicare la condizione di impedimento.
Consegue, in applicazione del richiamato principio, la reiezione del ricorso e la condanna del ricorrente, per legge (art. 616 cod. proc. pen.), al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 20/11/2024.