Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11751 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11751 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME NOME NOME DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/04/2023 della Corte d’appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria depositata dall’AVV_NOTAIO in data 11 gennaio 2024 che ha insistito per l’ammissibilità del ricorso chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugNOME in questa sede la Corte d’appello di Roma ha confermato la condanna alle pene di giustizia pronunciata dal Tribunale di Roma in data 27 aprile 2015 nei confronti di NOME per il reato di ricettazione.
Ha proposto ricorso la difesa dell’imputato deducendo con il primo motivo violazione di norme processuali previste a pena di nullità, in relazione agli artt. 156, 179, comma 1 e 601 cod. proc. pen. per l’omessa notifica presso il luogo di detenzione, ove era ristretto l’imputato, della citazione in grado di appello.
2.1. Con il secondo motivo si deduce violazione di norme processuali previste a pena di nullità, in relazione agli artt. 161, 179, comma 1 e 601 cod. proc. pen. poiché il decreto di citazione non era notificato neppure presso il domicilio eletto dell’imputato, risultando esclusivamente la notifica al difensore di fiducia senza la specificazione che la notifica avveniva anche quale domiciliatario.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
1.1. Se è vero che le notificazioni all’imputato detenuto vanno sempre eseguite, mediante consegna di copia alla persona, nel luogo di detenzione, anche in presenza di dichiarazione od elezione di domicilio (Sez. Unite, n. 12778 del 27/02/2020, S., Rv. 278869 – 01) e che la notificazione eseguita, in luogo della consegna presso il luogo di detenzione, al difensore presso cui è stato in precedenza eletto domicilio è affetta da a nullità a regime intermedio, soggetta alla saNOMEria prevista dall’art. 184 cod. proc. pen. (Sez. Unite, n. 12778 del 27/02/2020, S., Rv. 278869 – 02), tali regole operano quando lo stato di detenzione riguardi il medesimo processo in cui debba esser eseguita la notifica; mentre se lo stato di detenzione sia relativo ad un diverso procedimento, opera la condizione indicata dall’art. 156, comma 4, cod. proc. pen. (Sez. unite, cit., nella motivazione, pagg. 14-15).
Nel caso in esame, dalla stessa documentazione allegata dal ricorrente risulta che lo stato di detenzione del NOME riguardava l’esecuzione di pene relative a condanne definitive, evidentemente emesse in altri procedimenti; né dagli atti risulta che alla Corte d’appello fosse stato comunicato lo stato di detenzione dell’imputato, prima dell’emissione del decreto di citazione in grado di appello.
Di qui, la manifesta infondatezza del motivo di ricorso.
1.2. Anche la censura formulata con il secondo motivo è manifestamente infondata; è stato affermato nella giurisprudenza di legittimità che la notificazione ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. mediante consegna al difensore di un’unica copia dell’atto da notificare dà luogo ad una mera irregolarità, non produttiva di nullità, qualora risulti esplicitato, o sia comunque desumibile dall’atto, che la notificazione stessa è stata eseguita al difensore sia in proprio che
nella veste di consegnatario (Sez. 2, n. 19277 del 13/04/2017, COGNOME Marra, Rv. 269916 – 01).
Dall’esame della relata di notifica della citazione in appello, risulta che al difensore domiciliatario sono stati trasmessi a mezzo posta elettronica certificata, come da disposizione del Presidente del Collegio, sia la copia della citazione a giudizio dell’imputato, sia l’avviso destiNOME al difensore di fiducia; e del resto lo stesso difensore, nella memoria depositata prima della celebrazione dell’udienza in appello, aveva dato atto che l’ufficio aveva notificato (in luogo dell’invocata notifica presso il luogo di detenzione) “l’avviso per l’udienza all’imputato e al suo difensore”, così dando atto della ricezione di atti che avevano posto in condizione sia l’imputato che il suo difensore di conoscere la data di celebrazione dell’udienza.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 24/1/2024