Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3063 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3063 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME nato in Albania il 03/10/1972, avverso la sentenza della Corte di appello di Milano del 17/04/2024;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
letta la memoria depositata dal difensore dell’imputato, Avvocato NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano con sentenza del 17 aprile 2024 (motivazione depositata il successivo 24 aprile) ha confermato la condanna inflitta in primo grado ad NOME per il delitto di evasione dagli arresti donniciliari.
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Avverso la sentenza di appello l’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso nel quale deduce un unico motivo, relativo all’inosservanza delle norme processuali e al vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. c) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 156 e 420 ter cod. proc. pen. In particolare, si eccepisce la nullità della sentenza derivante dalla mancata comparizione dell’imputato all’udienza del 17 aprile 2024, per non avere proceduto la Corte territoriale a notificare l’atto di citazione presso il luogo di detenzione d Alikaj all’estero, essendosi proceduto al giudizio di appello ai sensi dell’art. 23 bis L. 176/2020 (con udienza in camera di consiglio), stante l’assenza di una manifestazione da parte dell’imputato della volontà di comparire.
Il ricorso è stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23 comma 8, dl. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del 2021, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’art.94 del d.lgs. 10 ottobre 2022, come modificato dall’art. 5-duodecies d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199, nonché entro il 30 giugno 2024 ai sensi dell’art. 11, comma 7, del d.l. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito in legge 23 febbraio 2024, n. 18.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Dall’esame degli atti del giudizio di appello – che questa Corte è legittimata a compulsare, essendo stata dedotta una nullità processuale: ex multis, Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017 – dep. 05/06/2018, F., Rv. 273525 – 01 – risulta che nell’atto di gravame avverso la condanna di primo grado e nella memoria depositata in vista dell’udienza, il difensore faceva presente che il suo assistito si trovava detenuto in Albania. In detta memoria si eccepiva la nullità della notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello in quanto l’atto di impulso processuale, pur essendo nota alla Corte la condizione di detenzione all’estero dell’imputato, era stato notificato presso il difensore nominato dall’COGNOME domiciliatario.
La Corte territoriale non ha esaminato il profilo, ma ha dato atto che, “in assenza di tempestiva richiesta di discussione orale ovvero di manifestazione da parte dell’imputato della volontà di comparire, si è proceduto in camera di consiglio
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senza l’intervento delle parti ai sensi dell’art. 23 bis I.n. 176 del 2020, previa acquisizione delle conclusioni scritte”.
Ciò premesso in fatto, rileva il Collegio che è vero, come dedotto dal ricorrente, che le Sezioni Unite hanno affermato il principio in base al quale «le notificazioni all’imputato detenuto vanno sempre eseguite, mediante consegna di copia alla persona, nel luogo di detenzione, anche in presenza di dichiarazione od elezione di domicilio. (In motivazione la Corte ha precisato che tale disciplina deve trovare applicazione anche nei confronti dell’imputato detenuto in luogo diverso da un istituto penitenziario e, qualora lo stato di detenzione risulti dagli atti, anche nei confronti del detenuto “per altra causa”)» (sent. n. 12778 del 27/02/2020, S., Rv. 278869 – 01).
3.1. Peraltro, tale arresto, che si fonda sulla previsione contenuta nell’art. 156 cod. proc. pen., non è riferibile all’imputato detenuto all’estero per il quale l’art 169, ultimo comma, cod. proc. pen. dispone applicarsi la specifica disciplina secondo cui la notifica va eseguita sulla base dell’elezione di domicilio effettuata, nella specie, presso il difensore. Tale disposizione, dettata espressamente per l’imputato detenuto all’estero, ha natura chiaramente derogatoria rispetto alla regola generale in base alla quale, ove l’imputato sia detenuto in Italia, il decreto di citazione a giudizio deve essere notificato a mani del predetto. Pertanto, nessuna nullità è ravvisabile nella situazione in esame.
Questione diversa è quella relativa all’impedimento a comparire dell’imputato detenuto. Sul punto, si è precisato che «la detenzione all’estero, anche per reato diverso da quello oggetto del giudizio, costituisce legittimo impedimento a comparire in dibattimento, purché risultante dagli atti» (da ultimo, Sez. 6, n. 14778 del 23/01/2020, Traina, Rv. 278760 – 01). Nella specie tale condizione era nota alla Corte di appello, ma l’udienza si è svolta in forma cartolare, in quanto la difesa dell’imputato non ha formulato richiesta di trattazione orale e partecipata (nella memoria in vista dell’udienza si è solo eccepita la nullità del decreto di citazione).
4.1. Risulta, dunque, applicabile il principio, già affermato in relazione al giudizio camerale di appello, secondo cui la mancata traduzione del soggetto, che si trovi detenuto o soggetto a misure limitative della libertà personale, all’udienza camerale che lo riguardi, perchè non disposta o non eseguita, integra ipotesi di nullità assoluta e insanabile del giudizio camerale e della relativa sentenza, ma ciò solo nel caso in cui l’interessato abbia tempestivamente manifestato in qualsiasi modo la volontà di comparire (Sez. U, n. 35399 del 24/06/2010, F., Rv. 247836 01); il che nella specie, come già indicato, non è avvenuto.
Al rigetto del ricorso segue, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2024
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