Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 502 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 22/11/2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 502 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Bari il 07/06/1942
avverso la sentenza del 19/10/2023 della Corte d’appello di Bari
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 19/10/2023 la Corte di appello di Bari confermava la sentenza del Tribunale di Bari del 15/09/2020, che aveva condannato NOME COGNOME assente nel giudizio, alla pena di mesi 8 di reclusione in ordine al reato di cui all’articolo 5 d. lgs. 74/2000.
Avverso tale sentenza l’imputato propone ricorso per cassazione, lamentando violazione di norme processuali previste a pena di nullità (art. 465 c.p.p.), già in primo grado, doglianze eccepita con i motivi di appello.
Evidenzia il ricorrente che a seguito della inagibilità del palazzo di giustizia di Bari il dibattimento, iniziato all’udienza del 7/11/2017 e rinviato al 25/09/2018, era stato rifissato per il prosieguo (presso il nuovo palazzo di giustizia) al 12/02/2019 con provvedimento fuori udienza, che tuttavia non era stato notificato all’imputato ma solo al suo difensore.
Il ricorso Ł inammissibile.
Questa Corte ritiene che il provvedimento di anticipazione dell’udienza «non deve essere notificato personalmente all’imputato, dichiarato contumace o assente, essendo sufficiente la notifica
al difensore che lo rappresenta», poichØ il legislatore, laddove ha voluto che l’imputato, benchØ dichiarato contumace o assente, sia destinatario diretto di determinati atti compiuti nel corso del dibattimento, lo ha previsto espressamente (Sez. 1, n. 18328 del 15/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284699 – 01; Sez. 2, n. 8729 del 12/11/2019, dep. 2020, Libri, Rv. 278426; Sez. 3, n. 52507 del 16/10/2014, COGNOME, Rv. 261514 – 01).
L’ultima pronuncia (oltre a ritenere che l’art. 520 cod. proc. pen. risulta inapplicabile al caso in esame) ha chiarito in dettaglio che Ł indiscutibile che il difensore rappresenti l’imputato (contumace o) assente non solo nel corso delle udienze dibattimentali, ma anche quando il dibattimento Ł sospeso. Pertanto, se Ł assolutamente pacifico che del rinvio del dibattimento disposto in udienza venga dato avviso orale a verbale e che quindi il difensore ne prenda atto anche in rappresentanza dell’imputato contumace, sarebbe, del tutto irragionevole ritenere che del rinvio del dibattimento disposto fuori udienza debba essere dato avviso all’imputato contumace o assente personalmente e non al difensore che lo rappresenta.
Siffatta distinzione non troverebbe alcuna giustificazione e si porrebbe in aperta antitesi e senza alcuna previsione espressa con il principio della rappresentanza dell’imputato contumace o assente (il quale Ł parte che Ł o dovrebbe essere presente).
La correttezza di tale interpretazione Ł confermata dal fatto che laddove il legislatore ha voluto che l’imputato, benchØ contumace, sia destinatario diretto di determinati atti compiuti nel corso del dibattimento, lo ha previsto espressamente (si pensi alle nuove contestazioni).
Inoltre, la differenziazione, operata dal ricorrente, tra ‘sospensione’ del dibattimento (che consentirebbe la notifica al solo difensore, in quanto tale e in quanto rappresentante del proprio assistito) e ‘interruzione’ dello stesso (che invece renderebbe necessario una nuova notificazione all’imputato dell’atto introduttivo), non appare ancorata ad alcun dato normativo ed Ł quindi manifestamente infondata.
5. Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 22/11/2024
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME