Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 55 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 55 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il 27/05/1972
avverso l’ordinanza del 06/05/2024 del TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA VETERE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con ordinanza resa in data 6.5.2024, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile l’istanza presentata nell’interesse di COGNOME con la quale si chiedeva di dichiarare la non esecutività della sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in data 19.6.2013 (rif. Corte d’Appello di Napoli in data 16.2.2018, irrevocabile in data 29.11.2018);
Avverso la predetta sentenza, il difensore di COGNOME ha proposto ricorso, articolandolo in due motivi.
Con il primo motivo, lamenta l’erronea applicazione della legge con riferimento al decreto di latitanza emesso nella fase di cognizione e posto alla base della notifica al difensore dell’estratto contumaciale della sentenza, in quanto affetto da nullità, essendo stato ritenuto che l’imputato avesse avuto conoscenza del procedimento per effetto della nomina dell’avv. NOME priva tuttavia di qualsiasi specifico riferimento al numero di procedimento ed all’autorità giudiziaria interessata.
Con il secondo motivo, lamenta l’erronea applicazione della legge con riferimento alla valutazione di irrilevanza della insufficienza della notifica dell’estratto contumaciale della sentenza di appello – insufficienza ammessa dallo stesso giudice dell’esecuzione – sulla formazione del titolo esecutivo.
3. I motivi di ricorso sono inammissibili.
3.1 Quanto al primo motivo, il giudice dell’esecuzione ha dichiarato l’inammissibilità della questione attinente alla validità del decreto di latitanza, perché in fase esecutiva essa può essere posta solo per contestare la validità della notifica dell’estratto contumaciale (che, nel caso di specie, viene in questione, trattandosi di processi conclusosi prima dell’entrata in vigore della L. n. 67 del 2014), che tuttavia non era stata fatta oggetto di una specifica richiesta in sede di incidente di esecuzione.
In ogni caso, il tribunale ha ritenuto che la nomina del difensore di fiducia fosse idonea a garantire la conoscenza del processo da parte di COGNOME anche tenuto conto della successiva revoca della nomina medesima, che comproverebbe l’esistenza di una precedente formale investitura dello stesso difensore.
In proposito, è stata citata la prevalente e più recente giurisprudenza di legittimità (condivisa dal collegio), secondo cui, ai fini della validità dell’atto nomina del difensore di fiducia, non è necessaria l’indicazione specifica del procedimento a cui si riferisce, quando la procura è ritualmente depositata agli atti di un procedimento precedentemente individuato, in quanto il conferente è libero
di disporre per più procedimenti, salvo che non ritenga di circoscrivere espressamente il mandato con un’indicazione puntuale in tal senso (Sez. 1, n. 34868 del 12/5/2021, Rv. 281894 – 01; Sez. 6, n. 49291 del 28/10/2015, Rv. 265743 – 01; Sez. 5, n. 17061 del 27/3/2014, Rv. 262876 – 01).
3.2 Quanto al secondo motivo, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto che il difetto di notifica dell’estratto contumaciale della sentenza di secondo grado non abbia prodotto effetti sul successivo ricorso per cassazione, che è stato comunque ritualmente proposto dal difensore di fiducia dell’imputato.
Si tratta di affermazione del tutto condivisibile, in quanto l’omessa notifica all’imputato dell’estratto contumaciale della sentenza di appello non produce effetti sul ricorso per cassazione ritualmente proposto dal suo difensore di fiducia, dovendosi presumere che, in forza del rapporto tra patrocinatore e patrocinato, la sentenza impugnata sia stata dal primo portata a conoscenza di quest’ultimo e che l’esercizio del potere d’impugnazione sia stato tra i medesimi condiviso (Sez. 7, n. 30042 del 6/6/2023, Rv. 285097 – 01; Sez. 1, n. 22337 del 23/3/2021, Rv. 281391 – 02).
Per quanto fin qui osservato, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perché proposto per motivi non consentiti dalla legge, in quanto riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici nel provvedimento impugnato.
Segue, altresì, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, non anche quella al versamento di una somma alla Cassa delle ammende (v. C. cost. n. 186 del 2000), tenuto conto che la parte privata ha proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità in considerazione di un certo contrasto giurisprudenziale esistente sull’oggetto quantomeno del primo motivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 26.9.2024