Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 43858 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 43858 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a Bologna il 13/07/1986
avverso l’ordinanza del 7/03/2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato, de plano, la richiesta di revoca del decreto penale di condanna n. 845/2023, emesso nei confronti di NOME COGNOME in data 11 agosto 2023 o, in via gradata, di rimessione nel termine per proporre opposizione.
Propone tempestivo ricorso per cassazione il condannato, per il tramite del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME denunciando tre vizi, con i motivi di seguito riassunti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo denuncia inosservanza di norme processuali in relazione agli artt. 127, 666 cod. proc. pen., con nullità assoluta ex art 178 lett. c) cod. proc. pen. del provvedimento oggetto di impugnazione.
L’ordinanza di rigetto dell’istanza finalizzata ad ottenere, in via principale, la revoca del decreto penale di condanna, emesso in data 11 agosto 2023 e, in via subordinata, la restituzione nel termine per proporre opposizione, veniva pronunciata de plano, senza la fissazione della camera di consiglio al di fuori delle ipotesi previste dall’ad 666, comma 2, cod. proc. pen.
Tale norma consente di procedere in assenza di contraddittorio solo quando l’istanza manchi dei requisiti previsti dalla legge e la presa d’atto di tale carenza non richieda accertamenti di tipo cognitivo, né valutazioni discrezionali a differenza di quanto avvenuto nel caso in esame.
Invero, con il provvedimento impugnato, il giudice dell’esecuzione quanto alla richiesta di revoca del decreto penale, ha verificato la dedotta impossibilità di notificazione dello stesso decreto presso il domicilio dichiarato dall’imputato, circostanza che ne avrebbe dovuto comportare la revoca, secondo l’istante, ai sensi dell’art. 460, comma 4, cod. proc. pen.
Dunque, il giudice dell’esecuzione non si è limitato a rilevare la manifesta infondatezza dell’istanza ma l’ha rigettata nel merito, a seguito di accertamenti di tipo cognitivo in ordine ai presupposti di fatto della fattispecie processuale sottoposta al suo vaglio.
Si è, infatti, valutata l’incongruità della intervenuta modifica dell’indirizzo per le notificazioni, con attivazione del servizio “seguimi” di Poste Italiane, reputato finalizzato a far pervenire solo la corrispondenza diversa dagli atti giudiziari, dunque considerando tale indicazione non rilevante ai fini della validità della notificazione al luogo di residenza del decreto penale di condanna, ponendo in essere attività cognitiva quanto agli atti e al merito della proposta richiesta di revoca.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 161, 171 e 460 cod. proc. pen. con vizio di motivazione.
Il Giudice dell’esecuzione ha respinto le richieste senza occuparsi del fatto che l’imputato aveva cambiato residenza da mesi, che la notificazione, eseguita a mezzo del servizio postale, è avvenuta per compiuta giacenza, a seguito della riscontrata temporanea assenza del destinatario, errando, peraltro, nell’interpretazione applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 161 e 460, comma 1 e 4, cod. proc. pen., giacché l’impossibilità della notificazione al domicilio dichiarato o eletto è integrata anche dalla temporanea assenza dell’imputato al momento dell’accesso dell’Ufficiale giudiziario.
Il Giudice, quindi, avrebbe dovuto disporre la revoca del decreto penale di condanna, in considerazione della probabilità che l’imputato non abbia avuto effettiva conoscenza del decreto ai sensi dell’art. 460, comma 4, cod. proc. pen. come integrato dalla Corte costituzionale con sent. n. 504 del 2000.
La temp9ranea assenza del destinatario come l’irreperibilità doveva condurre a una notificazione del decreto al domicilio dichiarato, reputata impossibile e per l’effetto si sarebbe dovuto procedere ai sensi dell’art. 460, comma 4, cod. proc. pen., in base al quale se non è possibile la notifica del decreto penale di condanna presso il domicilio dichiarato, a norma dell’art. 161 cod. proc. pen., ne va disposta la revoca.
Più in generale, il ricorrente deduce che il Giudice dell’esecuzione avrebbe errato nell’applicazione delle norme sull’irreperibilità a cui allude l’art. 460, comma 4, cit. che, in realtà, è norma che tende alla conoscenza effettiva del decreto penale di condanna in modo che il destinatario dell’atto sia posto in condizioni di esercitare, concretamente, la scelta tra quiescenza o opposizione.
Si richiama la giurisprudenza di legittimità secondo la quale l’irreperibilità di cui alla citata norma non presuppone l’adozione della formale procedura dichiarativa di cui all’art. 159 cod. proc. pen., ma va intesa nel senso più generale, di non rintracciabilità destinatario, situazione tale da impedire comunque la notificazione del provvedimento (si richiamano Rv. 263551 e 251983).
Il certificato di residenza storico dell’imputato allegato all’istanza di revoca, in uno al contratto di locazione e alle bollette relative alle utenze ivi installate, sono documenti che militano, secondo il ricorrente, inequivocabilmente, per la irreperibilità intesa nel senso di cui all’art. 460, comma 4, cod. proc. pen., documentazione trascurata dal giudice dell’esecuzione.
Si deduce, infine, la mancanza di motivazione risultando l’affermazione che la notifica è stata effettuata non in maniera invalida, né nulla, né incolpevole, mera enunciazione apodittica.
Nella motivazione, infatti, il Giudice fa esclusivo riferimento al servizio “seguimi”, ma omette di valutare gli altri presupposti di fatto e di diritto posti a fondamento dell’istanza di revoca del decreto penale di condanna. In particolare, l’ordinanza non si confronta con l’argomentazione del documentato cambio di residenza, in relazione al valore da attribuirsi alla temporanea assenza dell’imputato al momento dell’accesso dell’Ufficiale notificatore e con l’argomentazione della inidoneità del domicilio dichiarato, in caso di temporanea assenza ai sensi dell’art. 460, comma 4, cod. proc. pen.
2.3. Con il terzo motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 175, comma 2, cod. proc. pen. e vizio di motivazione.
L’imputato condannato che non ha avuto tempestivamente effettiva conoscenza del provvedimento ai sensi dell’art. 175, comma 2, cod. proc. pen., è restituito a sua richiesta nel termine per proporre opposizione, salvo che vi abbia volontariamente rinunciato.
Presupposti per la restituzione del termine di opposizione al decreto penale di condanna sono diversi da quelli della riconducibilità del mancato rispetto di detto termine nel caso fortuito alla forza maggiore (Sez. 1, n. 9999 del 16/02/2021).
Nel caso di specie, l’imputato, nell’ottobre del 2022, aveva dichiarato il domicilio presso la sua residenza anagrafica.
Tale residenza è cambiata nell’agosto del 2023 ed è stato attivato il servizio “seguimi” di Poste Italiane.
Il Giudice dell’esecuzione ha omesso di verificare l’effettiva conoscenza del decreto penale da parte del destinatario e di esaminare le ragioni che l’avevano in concreto impedita, pur a fronte della documentazione prodotta in sede di incidente di esecuzione, limitandosi a valutare irrilevante l’attivazione del servizio “seguimi”, senza però considerare la validità della procedura di notificazione dell’atto giudiziario, a prescindere da tale attivazione. Tanto in violazione dell’art. 175 comma 2, cod. proc. pen.
La motivazione, peraltro, è manifestamente illogica, posto che non è basata sull’accertamento della conoscenza effettiva o meno del decreto penale di condanna da parte del destinatario, ma sul fatto che l’agire dell’addetto al servizio postale sarebbe immune da colpa, a fronte dell’ignoranza mostrata dall’odierno ricorrente implicitamente valutata dal giudicante come colpevole.
3.11 Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.
1.1. Il primo motivo di ricorso è fondato.
La difesa formula, in via principale, istanza, ai sensi degli artt. 460, comma 4 e 670 cod. proc. pen., di revoca del decreto penale di condanna descritto in premessa, per violazione dell’art. 460, comma 4, cod. proc. pen., quanto alla ritenuta validità della notificazione svolta presso il luogo di residenza del condannato, originariamente indicata come domicilio per le notificazioni.
In via gradata, l’imputato chiede di essere rimesso in termini, ai sensi dell’art. 175, comma 2, cod. proc. pen., per opporre il decreto penale.
Si tratta di notifica tentata a mezzo del servizio postale, in relazione alla quale, dall’avviso di ricevimento della raccomandata spedita all’imputato, emerge la “temporanea assenza” del destinatario.
COGNOME infatti, secondo la prospettazione del ricorrente, medio tempore, aveva cambiato luogo di residenza e attivato il servizio “seguimi” di Poste Italiane, mentre la notifica del decreto penale di condanna era stata tentata all’indirizzo corrispondente alla prima residenza dichiarata.
Ciò premesso, si osserva che il Giudice dell’esecuzione ha deciso sull’istanza principale, con provvedimento de plano, ma comunque svolgendo l’esame degli atti e giungendo al rigetto delle richieste nel merito, senza, peraltro, valutare espressamente, la richiesta, formulata in via subordinata, di rimessione in termini.
1.2.Ciò premesso, osserva il Collegio che il provvedimento è nullo perché et.v. assunto senza If -Tgg – il contraddittorio, ex art. 666, comma 2, cod. proc. pen. (cfr. nel senso che il provvedimento assunto dal giudice dell’esecuzione de plano, senza fissazione dell’udienza in camera di consiglio, fuori dei casi espressamente stabiliti dalla legge, è affetto da nullità di ordine generale e a carattere assoluto, rilevabile d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento, Sez. 1, n. n. 22282 del 23/06/2020, D., Rv. 279452 – 01; Sez. 1, n. 41754 del 16/09/2014, COGNOME, Rv. 260524; Sez. 1, n. 12304 del 26/02/2014, COGNOME, Rv. 259475).
Invero, non ricorre, nella specie, un caso di inammissibilità della richiesta, da decidere de plano.
Il modello delineato dall’art. 666 cod. proc. pen. per il procedimento di esecuzione è costituito dalle forme dell’udienza in camera di consiglio, con la partecipazione delle parti, cui viene dato di interloquire innanzi al giudice.
Tuttavia, l’art. 666, comma 2, cod. proc. pen. contempla, in deroga alla regola generale, la possibilità di un epilogo decisorio anticipato della richiesta, in termini d’inammissibilità mediante pronuncia di decreto reso con procedura de plano e in assenza di contraddittorio, quando l’istanza sia stata già rigettata perché basata sui medesimi .elementi, ovvero sia «manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge».
La manifesta infondatezza, nella ratio della disposizione e nella lettura operata dall’elaborazione giurisprudenziale maggioritaria, riguarda il difetto delle condizioni di legge, intese in senso restrittivo come requisiti non implicanti una valutazione discrezionale, perché imposti direttamente dalla norma (Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, COGNOME, Rv. 260971; Sez. 5, n. 34960 del 14/06/2007, Stara, Rv. 237712; Sez. 5, n. 2793 del 05/05/1998, Prato, Rv. 210936).
Il provvedimento senza contraddittorio reso in executivis si adatta, dunque, alle ipotesi della rilevabilità ictu ocu/i di ragioni che, sulla base della semplice
prospettazione e senza la necessità di uno specifico approfondimento discrezionale, evidenzino la mancanza di fondamento dell’istanza.
In buona sostanza, deve essere data all’istante la possibilità dell’instaurazione del contraddittorio con il procedimento camerale previsto – sul modello di quello tipico previsto ex art. 127 c.p.p. – dall’art. 666 c.p.p., commi 3 e 9, allorquando si pongano questioni che involgano l’esercizio di discrezionalità valutativa per manifesta infondatezza.
Invero, la giurisprudenza di legittimità è costante nel censurare (cfr. Sez. 1, n. 23726 del 08/07/2020, COGNOME Rv. 279524 – 01) il provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione dichiari inammissibile de plano, ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., l’istanza di un condannato ove difetti il requisito della manifesta infondatezza e sia necessario, comunque, onde decidere in tal senso, svolgere un accertamento attraverso la specifica verifica di dati storici (nel caso al vaglio l’istanza era rivolta, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019, alla rideterminazione della pena irrevocabilmente inflitta al condannato per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in ragione della già avvenuta espiazione della pena, istanza ritenuta non manifestamente infondata, in quanto necessitava l’accertamento dell’avvenuto esaurimento del rapporto esecutivo, in base a interpretazioni non univoche, la cui verifica, comunque, richiedeva lo specifico esame dei dati storici relativi alla posizione giuridica del condannato).
1.3. Orbene, nel caso al vaglio, non ricorreva un’ipotesi di manifesta infondatezza dell’istanza del 4 marzo 2024, nei limiti sin qui delineati, tanto che il Giudice ha dovuto esaminare gli atti onde verificare l’iter della notificazione, nonché ha svolto una valutazione discrezionale, di merito, quanto alla ritenuta validità della notificazione del decreto penale di condanna effettuata presso il luogo di residenza anagrafica dell’imputato. Tanto, a maggior ragione in un’ipotesi come quella in esame, in cui l’istante aveva rappresentato che l’irreperibilità cui si riferisce l’art. 460, comma 4, cod. proc. pen. non è corrispondente a quella di cui all’art. 159 cod. proc. pen. e che il concetto di conoscenza del decreto penale di condanna doveva intendersi come effettiva da parte dell’imputato.
1.4. In ogni caso, non risulta esaminata, con motivazione espressa, la richiesta di restituzione nel termine.
Sul punto, invero, il Collegio aderisce al consolidato orientamento di legittimità secondo il quale (Sez. 1, n. 36357 del 20/05/2016, COGNOME, Rv. 268251 – 01; Sez. 1, n. 16523 del 16/03/2011, COGNOME, Rv. 250438 – 01) il Giudice dell’esecuzione dinanzi al quale sia stata eccepita la nullità del titolo esecutivo e contestualmente avanzata istanza di restituzione nel termine per impugnare, in ragione di difetto di effettiva conoscenza dello stesso, deve pregiudizialmente
verificare la validità del suddetto titolo e, qualora abbia accertato l’esecutività di questo, è tenuto, altresì, ad esaminare autonomamente la menzionata istanza presentata ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen.
Si impone, quindi, in accoglimento del primo e del terzo motivo (statuizione che assorbe il secondo motivo di ricorso) l’annullamento dell’impugnata ordinanza senza rinvio (cfr. Sez. 1, n. 22282 del 23/06/2020, D., Rv. cit.), con trasmissione degli atti al Tribunale di Rimini, Ufficio Giudice per le indagini preliminari, per il giudizio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Rimini – Ufficio GIP.
Così deciso, il 18 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente