Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 45566 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 45566 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a AVELLINO il 16/04/1989
avverso l’ordinanza del 12/06/2024 del TRIBUNALE di AVELLINO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 12 giugno 2024 il Tribunale di Avellino, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza con cui NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi la temporanea inefficacia dell’ordine di esecuzione della pena emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Avellino in data 07 maggio 2024, relativo alla condanna emessa dal Tribunale di Avellino in data 20 marzo 2023 e divenuta irrevocabile in data 05 luglio 2023.
Il Tribunale ha ritenuto infondata l’affermazione della omessa notifica dell’ordine di esecuzione con contestuale sospensione, emesso dal pubblico ministero in data 24 novembre 2023, risultando tale atto notificato unitamente ad un decreto di computo della custodia cautelare e delle pene espiate relativo ad altra condanna, e ha ritenuto irrilevante l’omessa nomina di un difensore cli ufficio per la fase esecutiva, essendo stato l’atto comunque notificato al difensore nominato di ufficio per la fase della cognizione.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME articolando un unico motivo, con il quale deduce la violazione di legge e la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, nonché la sua totale assenza in merito alla richiesta di restituzione in termini.
L’ordinanza ha desunto l’avvenuta notifica al condannato dell’ordine di esecuzione con contestuale sospensione, emesso ai sensi dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen., da una nota della Stazione Carabinieri di Avellino, ma il ricorrente ha sempre affermato la sua omissione, e la sua dichiarazione è confermata dal fatto che la relata che attesta la notifica da costoro effettuata in data 24 novembre 2023 è apposta sul retro del solo decreto di computo della custodia sofferta per altro reato, mentre la giustificazione offerta dal Tribunale, secondo cui l’indicazione della contestuale notifica anche di un secondo atto sarebbe stata omessa per mancanza di spazio, costituisce una motivazione illogica e apodittica. Il Tribunale non ha indicato alcun elemento che dimostri l’avvenuta conoscenza, da parte del ricorrente, dell’ordine di esecuzione della pena con contestuale sospensione, dal momento che egli, proprio per l’omissione della sua notifica, non ha nominato un difensore di fiducia e non ha presentato una richiesta di misura alternativa.
Inoltre il Tribunale non si è pronunciato sulle richieste di restituzione nel termine e di declaratoria di non esecutività del titolo esecutivo, avanzate sul presupposto della omessa impugnazione della sentenza emessa in data 20 marzo
2023, di cui il ricorrente sarebbe venuto a conoscenza solo con la notifica dell’ordine di esecuzione emesso in data 07 maggio 2024, in quanto mai presente al processo e assistito da un difensore di ufficio con cui non ha instaurato alcun rapporto.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso, essendo provata dall’annotazione della polizia giudiziaria l’avvenuta notifica dell’atto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, nel complesso, non è accoglibile, e deve essere rigettato.
Questa Corte ha stabilito, con pronunce risalenti nel tempo, ma mai contrastate da decisioni difformi, che «In tema di notificazione, la relazione di avvenuta notifica va scritta in calce allatto da notificare e alla copia notificata, ma può anche essere redatta in un foglio separato, sempre che non sussistano dubbi sul documento cui essa si riferisce. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto la regolarità della relazione di notifica contenuta nel rapporto dei carabinieri in cui si assicurava l’adempimento di quanto richiesto dal giudice).» (Sez. 6, n. 6791 del 10/04/2000, Rv. 216710; Sez. 3, n. 197 del 06/11/2012, dep. 2013, Rv. 254151).
Il principio dettato da queste sentenze deve essere ribadito e confermato, in quanto attribuisce valore alla effettività dell’atto compiuto, in un caso in cui non è stabilita una specifica forma o modalità esecutiva, a pena di inammissibilità o illegittimità dell’atto stesso.
Dall’esame degli atti presenti nel fascicolo, consentito al giudice di legittimità quando, come in questo caso, il ricorso ha ad oggetto questioni di natura procedurale (vedi, tra le molte, Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Rv. 255304; Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092), l’ordine di esecuzione della pena con contestuale sospensione e il decreto di computo della custodia cautelare e delle pene espiate per altro reato sono stati emessi nella medesima data del 24 novembre 2023, mediante due atti separati. Essi risultano notificati, nella stessa data, al difensore già nominato di ufficio per il giudizio di cognizione. Quanto alla loro notifica al condannato, essa risulta effettuata a lui personalmente da parte dei Carabinieri di Avellino in data 15 gennaio 2024; è vero che, come afferma il ricorrente, la relata risulta apposta solo sul secondo atto, che viene esplicitamente descritto, ma nella medesima data i carabinieri
hanno restituito al pubblico ministero entrambi gli atti con l’annotazione: “il tutto notificato a COGNOME NOME“. L’avvenuta notifica al condannato anche dell’ordine di esecuzione della pena con contestuale sospensione risulta, quindi, attestata dall’apposita annotazione della polizia giudiziaria, della cui veridicità non vi è motivo di dubitare e che lo stesso ricorrente, peraltro, non ha contestato come falsa. Essa costituisce l’«atto separato» su cui, secondo la giurisprudenza di legittimità, può essere apposta la relazione di notifica, e dimostra con certezza l’avvenuta consegna anche dell’atto in questione al suo destinatario.
Il ricorso è quindi infondato nella parte in cui deduce l’illegittimità della motivazione dell’ordinanza impugnata in relazione all’esistenza della prova dell’avvenuta notifica, perché tale motivazione è logica e conforme al principio della giurisprudenza di legittimità sopra citato. Esso deve, perciò, essere rigettato sul punto.
Il motivo di ricorso è inammissibile nella parte in cui deduce la carenza motivazionale dell’ordinanza impugnata, quanto all’avanzata richiesta di restituzione in termini del ricorrente per impugnare la sentenza emessa in data 20 marzo 2023, asserendo che essa sarebbe stata pronunciata all’insaputa dell’imputato, in quanto non presente al processo e assistito da un difensore di ufficio con cui egli non avrebbe instaurato alcun rapporto. La doglianza proposta al giudice dell’esecuzione, infatti, risulta del tutto generica, non comprendendosi per quale specifico motivo è stata sostenuta la nullità della sentenza o dell’intero procedimento, ed è peraltro inammissibile.
Dalla sentenza in questione risulta che il ricorrente è stato dichiarato «assente», per cui la conoscenza della pendenza del procedimento a suo carico è stata ritenuta certa dal giudice della cognizione, trattandosi del presupposto necessario per la dichiarazione di assenza, ai sensi dell’art. 420-bis cod. proc. pen. Ogni questione in merito alla effettiva conoscenza, da parte dell’imputato, del processo e della sentenza emessa a suo carico attiene, pertanto, alla correttezza e legittimità della dichiarazione di assenza, e deve essere proposta mediante l’istituto della rescissione del giudicato di cui all’art. 629-bis cod. proc. pen., e non mediante l’istituto della restituzione in termini previsto dall’art. 175, comma 2, cod. proc. pen., ritenuto oggi applicabile solo nel caso dell’imputato condannato con decreto penale o in contumacia (Sez. 5, n. 10433 del 31/01/2019, Rv. 277240; Sez. U, n. 36848 del 17/07/2014, Burba, Rv. 259992).
La richiesta di restituzione in termini proposta al giudice dell’esecuzione, pertanto, è inammissibile, perché presentata fuori dai casi previsti dalla legge e ad un giudice, in realtà, incompetente (si veda, per la non convertibilità
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dell’istanza in quella di rescissione del giudicato, Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, Lovric, Rv. 280931 – 02). L’omessa pronuncia sulla questione, pertanto, non costituisce un vizio motivazionale prospettabile con il ricorso in cassazione, in quanto questa Corte ha stabilito che «è inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile ab origine per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio» (Sez. 2, n. 35949 del 20/06/2019, Rv.276745, tra le molte)
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere rigettato, nel suo complesso, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
COsì deciso il 09 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente