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Notifica all’imputato: valida anche al difensore?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per abusi edilizi, il quale lamentava una nullità per difetto di notifica dell’atto di citazione in appello. La Corte ha stabilito che la notifica all’imputato effettuata al difensore è valida e che una mera irregolarità procedurale non comporta la nullità della sentenza se non viene dimostrato un concreto pregiudizio al diritto di difesa, superando così un approccio puramente formalistico.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Notifica all’imputato: quando è valida se fatta al difensore?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 24987/2025, affronta un tema cruciale della procedura penale: la validità della notifica all’imputato quando questa viene eseguita presso il difensore. Il caso in esame, relativo a una condanna per abusi edilizi, ha offerto alla Suprema Corte l’opportunità di ribadire un principio fondamentale: non basta un vizio formale per annullare un atto, ma occorre dimostrare un effettivo pregiudizio al diritto di difesa. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I fatti del caso

Un cittadino veniva condannato in primo grado dal Tribunale di Salerno per la realizzazione di opere edilizie abusive. La pena inflitta consisteva in due mesi di arresto e 25.000 euro di ammenda, oltre all’ordine di demolizione. La Corte di Appello di Salerno confermava integralmente la sentenza.

L’imputato, tramite il suo avvocato, proponeva ricorso in Cassazione, sollevando un unico motivo: la violazione della legge processuale per omessa notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello. In pratica, la difesa sosteneva che l’imputato non era stato correttamente informato della data dell’udienza di appello, il che avrebbe dovuto comportare la nullità assoluta e insanabile della sentenza impugnata.

Nello specifico, la notifica era stata inviata via PEC ai difensori il 17 dicembre 2024. Contemporaneamente, era stata disposta la notifica all’imputato presso il suo domicilio dichiarato. Tuttavia, il 7 gennaio 2025, l’ufficiale giudiziario non era riuscito a completare la notifica, poiché l’imputato risultava essersi trasferito. Secondo la tesi difensiva, questa mancata notifica personale integrava una nullità assoluta.

La notifica all’imputato e il principio di offensività

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo inammissibile. La sua analisi si è concentrata su due aspetti principali. In primo luogo, ha verificato che la notifica via PEC al difensore, avvenuta il 17 dicembre 2024, era stata eseguita correttamente ai sensi dell’art. 161, comma 4, del codice di procedura penale. Questa norma prevede che, in caso di difficoltà a notificare all’imputato presso il domicilio dichiarato, la notifica si esegua presso il difensore. La Corte ha osservato che, sebbene questa notifica sia avvenuta prima dell’accertamento formale del trasferimento dell’imputato, essa era comunque conforme allo schema legale.

In secondo luogo, e in modo ancora più significativo, la Corte ha ribadito il suo orientamento, consolidato a partire dalla celebre sentenza delle Sezioni Unite ‘Palumbo’ del 2005, che abbandona un criterio di valutazione meramente formalistico in tema di notifiche. La Suprema Corte ha abbracciato il cosiddetto ‘criterio del pregiudizio effettivo’ o ‘principio di offensività processuale’.

La prevalenza della sostanza sulla forma

Secondo questo principio, per dichiarare la nullità di un atto non è sufficiente che esso sia stato compiuto in modo non conforme alle regole, ma è necessario dimostrare che tale violazione abbia concretamente compromesso le garanzie difensive. Chi eccepisce la nullità non può limitarsi a denunciare l’errore procedurale, ma deve allegare elementi specifici che dimostrino come quell’errore gli abbia impedito di esercitare il proprio diritto di difesa.

Nel caso di specie, il ricorrente non ha fornito alcuna spiegazione su come la notifica al difensore, avvenuta prima del tentativo fallito di notifica personale, avesse leso le sue garanzie. Inoltre, la Corte ha sottolineato che l’udienza d’appello si era svolta con il ‘rito cartolare’ (cioè basato solo su atti scritti) e la difesa non aveva depositato alcuna memoria, un’inerzia che ha contribuito a indebolire la tesi del mancato esercizio del diritto di difesa.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione di inammissibilità basandosi su un’interpretazione sostanziale delle norme processuali. Ha stabilito che l’eventuale irregolarità nella sequenza delle notifiche costituiva, al più, una nullità a regime intermedio e non una nullità assoluta. Tale tipo di nullità deve essere eccepita prima della deliberazione della sentenza di appello. Non avendolo fatto, la difesa ha causato la ‘sanatoria’ del vizio, precludendosi la possibilità di farlo valere in Cassazione.

La sentenza ribadisce che le forme processuali non sono un fine, ma uno strumento per garantire un giusto processo. Una nullità fine a se stessa, che non incide sull’effettivo esercizio del diritto di difesa, non può portare all’annullamento di una decisione giudiziaria. La notifica al difensore, in questo contesto, è stata ritenuta idonea a portare l’atto a conoscenza dell’imputato, in assenza di prove concrete del contrario.

Le conclusioni

Questa pronuncia conferma un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato che valorizza l’effettività del diritto di difesa rispetto al mero formalismo procedurale. Per gli operatori del diritto, il messaggio è chiaro: per contestare la validità di una notifica non basta invocare una norma, ma è indispensabile dimostrare con argomenti concreti come l’errore abbia impedito all’imputato di difendersi. La decisione sottolinea l’onere della parte che lamenta la nullità di fornire una prova del pregiudizio subito, pena l’inammissibilità del ricorso. In definitiva, la giustizia processuale si misura sulla sostanza delle garanzie offerte, non sulla pedissequa osservanza di una sequenza di atti.

Quando è considerata valida la notifica all’imputato se effettuata al suo difensore?
Secondo la sentenza, la notifica al difensore è valida ai sensi dell’art. 161, comma 4, c.p.p. quando il domicilio dichiarato dall’imputato risulta inidoneo. La Corte specifica che tale notifica è legittima anche se eseguita prima dell’accertamento formale dell’inidoneità del domicilio, purché non venga dimostrato un concreto pregiudizio al diritto di difesa.

È sufficiente un errore nella procedura di notifica per ottenere l’annullamento di una sentenza?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che non è sufficiente dimostrare un’irregolarità formale. In base al ‘principio di offensività processuale’, chi lamenta la nullità deve provare che l’errore ha concretamente compromesso il suo diritto di difesa, indicando gli specifici elementi a sostegno di tale pregiudizio.

Cosa succede se un’eventuale nullità della notifica non viene contestata durante il giudizio di appello?
Se la nullità non è di tipo ‘assoluto’, ma a ‘regime intermedio’ (come nel caso di specie), deve essere eccepita prima della deliberazione della sentenza di appello. La mancata contestazione nei termini previsti comporta la ‘sanatoria’ del vizio, impedendo alla difesa di farla valere successivamente con il ricorso in Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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