Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23622 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23622 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 21/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Corigliano Calabro il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/06/2023 della Corte di appello di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la condanna emessa nei confronti di NOME COGNOME, per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, previo rigetto dell’eccezione preliminare relativa all’omessa notifica del decreto di citazione a giudizio all’imputato.
2.Avverso detta pronuncia ha presentato ricorso NOME COGNOME, con atto sottoscritto dal suo difensore, deducendo, con un unico motivo, la violazione dell’art. 179 cod. proc. pen., in quanto il decreto di citazione dinnanzi alla Corte di appello, per l’udienza del 9 marzo 2023, era stato notificato all’imputato in INDIRIZZO in Corigliano Rossano anziché in INDIRIZZO in Corigliano Rossano, indirizzo di residenza in cui vive con la compagna ed il figlio, come da certificazione anagrafica prodotta alla Corte di merito.
Il procedimento è stato trattato nell’odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalità di cui all’art. 23, commi 8 e 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, i cui effetti sono stati prorogati da successive modifiche legislative.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Dalla lettura degli atti, consentita a questa Corte in ragione dell’eccezione processuale formulata, è risultato che NOME COGNOME, nel corso di tutto il processo, a partire dall’udienza di convalida dell’arresto, ha dichiarato domicilio, ai sensi dell’art. 161 cod. proc. pen., in INDIRIZZO in Corigliano Rossano, dove ha scontato anche la detenzione domiciliare, e che lo stesso difensore ha indicato come luogo di residenza del suo assistito anche nell’atto di appello.
A detto indirizzo risultano eseguite tutte le notifiche riguardanti il prevenuto, come risulta dalle relate firmate dai genitori, dichiaratisi conviventi.
In materia di vocatio in ius la giurisprudenza di legittimità ritiene che il rapporto di convivenza tra il destinatario dell’atto e colui a cui questo viene consegnato, attestato dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica, prevale sull risultanze, eventualmente anche discordanti, delle certificazioni anagrafiche in quanto: a) la convivenza è un rapporto fondato sull’indicazione del consegnatario; b) non vi è coincidenza tra “convivenza” e “coabitazione”, stante il carattere temporaneo della prima.
Ne consegue che l’interessato che deduca la nullità della notifica in ragione dell’assenza della convivenza, attestata nella relata, la deve dimostrare in modo rigoroso, soprattutto quando vi sia uno stretto legame familiare, come nella specie (madre-figlio), che non solo faccia presumere quel rapporto (Sez. 3, n. 229 del 28/06/2017, Z., Rv. 272092), ma consenta di ritenere che l’atto sia stato portato
a conoscenza dell’interessato (Sez. 3, n. 3959 del 21/21/2021, Bibbiani, Rv. 282711).
La pronuncia impugnata, aderendo alla citata giurisprudenza di questa Corte, ha correttamente rigettato l’eccezione difensiva dando atto che dalla relata di notifica risultava che il decreto di citazione era stato notificato all’imputato i ottobre 2022 in INDIRIZZO, a mani della madre, NOME COGNOME «persona di famiglia convivente» e che la mancata convivenza non era stata dimostrata in modo rigoroso, tale non potendosi ritenere il certificato anagrafico, risalente al 1 dicembre 2021, antecedente di un anno rispetto alla eseguita notifica, in cui era indicata altra residenza anagrafica.
Alla stregua di tali argomenti il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
La Consigliera estensora
Così deciso il 21 maggio 2024
Il
Presidente