Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 17149 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17149 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a LEGNANO il 07/10/1958
avverso la sentenza del 09/10/2023 della CORTE d’APPELLO di FIRENZE
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di appello di Firenze, con la sentenza emessa il 9 ottobre 2023, confermava quella del Tribunale di Lucca del 23 ottobre 2017, che aveva accertato la responsabilità di NOME COGNOME in relazione al delitto di furto in abitazione e uso indebito di carta di credito, in danno di NOME COGNOME
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME si articola in un unico motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il motivo lamenta violazione di legge processuale, con riferimento all’art. 601 cod. proc. pen., in quanto la citazione a giudizio in appello sarebbe stata notificata erroneamente all’imputato presso il difensore avvocato NOME COGNOME
in quanto l’imputata non aveva eletto domicilio presso lo stesso, bensì aveva dichiarato domicilio presso la propria residenza in INDIRIZZO in Viareggio.
4. Il ricorso è inammissibile per le ragioni che seguono.
5. Va premesso che dall’accesso agli atti – consentito a questa Corte in ragione della deduzione di error in procedendo (cfr. Sez. U. 31 ottobre 2001, Policastro, Rv. 220092) – emerge che l’imputata risultava domiciliata in via elettiva presso il difensore, sia per quanto riportato nel decreto che dispone il giudizio, sia anche nella sentenza di primo grado. Per altro, emerge anche che la stessa, a riprova della idoneità dell’elezione di domicilio e dell’effettività della stessa, era presente al giudizio di primo grado, tanto da rendervi dichiarazioni spontanee. A fronte di ciò la doglianza della ricorrente si limita a evidenziare che vi sarebbe stata una dichiarazione di domicilio presso la residenza dell’imputata, ma tale circostanza non viene documentata, se non con l’allegazione al presente ricorso della dichiarazione medesima, che evidentemente rileva solo per il presente grado di giudizio in quanto rilasciata solo in vista della presentazione del ricorso ora in esame. Per il passato, invece, la ricorrente non fornisce alcuna prova della diversa dichiarazione di domicilio, cosicché la censura non è consentita come formulata.
Non compete, infatti, alla Corte di cassazione, in mancanza di specifiche deduzioni, verificare se esistano cause di inutilizzabilità o di invalidità di atti del procedimento che non appaiano manifeste, in quanto implichino la ricerca di evidenze processuali o di dati fattuali che è onere della parte interessata rappresentare adeguatamente (Sez. Un., n. 39061 del 16/07/2009 – dep. 08/10/2009, De brio, Rv. 244328). Infatti, nel caso in cui una parte deduca il verificarsi di cause di nullità o inutilizzabilità collegate ad atti non rinvenibili nel fascicolo processuale (perché appartenenti ad altro procedimento o anche qualora si proceda con le forme del dibattimento – al fascicolo del pubblico ministero), al generale onere di precisa indicazione che incombe su chi solleva l’eccezione si accompagna l’ulteriore onere di formale produzione delle risultanze documentali – positive o negative – addotte a fondamento del vizio processuale. (Sez. Un., n. 39061 del 16/07/2009 – dep. 08/10/2009, De brio, Rv. 244329)
Anche altra autorevole sentenza delle Sezioni Unite ha affermato che l’imputato, che intenda eccepire la nullità assoluta della citazione o della sua notificazione, non risultante dagli atti, non può limitarsi a denunciare la inosservanza della relativa norma processuale, ma deve rappresentare al giudice di non avere avuto cognizione dell’atto e indicare gli specifici elementi che
consentano l’esercizio dei poteri officiosi di accertamento da parte del giudice (Sez.
Un., n. 119 del 27/10/2004 – dep. 07/01/2005, COGNOME, Rv. 229541).
A tale adempimento non ha provveduto, come avrebbe dovuto, la ricorrente, con l’allegare gli atti della fase delle indagini attestanti la dichiarazione di domicilio
che costituisce base dell’attuale doglianza, cosicché il ricorso è inammissibile. E
tale deficit
di allegazione vale anche in relazione alle conclusioni depositate in appello, tardivamente, con le quali si eccepiva la nullità della notifica, senza
corredare di alcunchè la memoria.
Pertanto, il ricorso è inammissibile.
Infine, l’inammissibilità, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità, per manifesta infondatezza dei motivi, o per altre ragioni diverse dalla
rinuncia, non consente il formarsi di un valido rapporto processuale e preclude pertanto la possibilità di rilevare e dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione
a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, COGNOME, Rv.
217266; Sez. U, n. 33542 del 27/06/2001, COGNOME, Rv. 219531; Sez. U. n. 12602
del 17/12/2015, dep. 2016, COGNOME; Sez. U n. 6903 del 27/05/2016, dep. 2017,
Aiello).
6. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. (come modificato ex L. 23 giugno 2017, n. 103), al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 09/04/2025