Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4544 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 4544 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a COSENZA il 12/11/1964
avverso la sentenza del 06/03/2024 della Corte d’appello di Catanzaro Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sost Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata; lette le conclusioni dell’Avv. NOME COGNOME per la parte civile, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; lette le conclusioni dell’Avv. NOME COGNOME per il ricorrente, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La sentenza impugnata è stata emessa il 6 marzo 2024 dalla Corte di appello di Catanzaro, che ha confermato la condanna inflitta – anche agli effetti civili – dal Tribunale di Cosenza a NOME COGNOME per il reato di diffamazione.
L’imputato ha presentato ricorso, a mezzo del difensore di fiducia, lamentando che, nonostante l’ordine di rinnovare la citazione a giudizio da parte
del Presidente del Collegio di appello, tale rinnovazione era stata erroneamente effettuata ex art. 161 comma 4 cod. proc. pen. presso il difensore di ufficio benché:
l’imputato non avesse ricevuto il decreto di citazione a giudizio;
l’imputato non avesse mai eletto domicilio nel procedimento;
il domicilio dell’imputato fosse sempre lo stesso dal 2020 e nonostante esso fosse noto alla Corte distrettuale, che il 6 marzo 2024 aveva trattato altri due procedimenti contro il ricorrente;
il ricorrente, nel presente procedimento, fosse difeso di ufficio e non di fiducia dall’Avv. NOME COGNOME
le parti non avessero presentato conclusioni scritte.
Il ricorrente aggiunge, poi, che anche il decreto di citazione a giudizio per il primo grado sarebbe nullo perché mai notificato all’imputato, che aveva ricevuto solo l’avviso di conclusione delle indagini preliminari nel 2018.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
A questa conclusione il Collegio è giunto a seguito dell’esame degli atti del procedimento, esame possibile in quanto la questione posta dal ricorrente è di natura processuale, sicché questa Corte è giudice dei presupposti della decisione, sulla quale esercita il proprio controllo, quale che sia il ragionamento esibito dal Giudice a quo per giustificarla. La Corte di cassazione, infatti, in presenza di una censura di carattere processuale, può e deve prescindere dalla motivazione offerta nel provvedimento impugnato e, anche accedendo agli atti, deve valutare la correttezza in diritto della decisione adottata, quand’anche non correttamente giustificata o giustificata solo a posteriori (Sez. 5, n. 19970 del 15/03/2019, COGNOME, Rv. 275636; Sez. 5, n. 17979 del 05/03/2013, COGNOME e altri, Rv. 255515; in termini, Sez. 5, n. 15124 del 19/03/2002, COGNOME ed altri, Rv. 221322). Per addivenire a questo risultato, alla Corte di cassazione è riconosciuto il ruolo di Giudice «anche del fatto», che, per risolvere la questione in rito, può e deve accedere all’esame dei relativi atti processuali, viceversa precluso quando si tratti di vizio di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092; Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F e altri, Rv. 273525; Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304).
Venendo al concreto delle censure mosse nel ricorso, la parte focalizza la propria attenzione sulla notifica del decreto di citazione a giudizio per il primo grado (che assume non essere mai avvenuta) e sulla notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello (che sostiene essere stata erroneamente effettuata all’Avv. NOME COGNOME ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen.).
Ebbene, la consultazione del fascicolo trasmesso dal Giudice a quo ha consentito di accertare quanto segue, smentendo la prospettazione del ricorrente.
2.1. Quanto al giudizio di primo grado:
il 20 aprile 2018, COGNOME in sede di notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari a mani proprie, aveva dichiarato domicilio presso la sua residenza, in Castrolibero, INDIRIZZO
la notifica del decreto di citazione a giudizio era stata tentata presso detto indirizzo, ma si era perfezionata per compiuta giacenza ed era stata eseguita notifica a mezzo SNT all’Avv. NOME COGNOME difensore di ufficio, quale domiciliatario ex lege ex art. 161 comma 4, cod. proc. pen. il 27 dicembre 2018 (dopo un rinvio appositamente disposto dall’udienza del 20 dicembre 2018)
Ne consegue che non corrisponde al vero quanto si legge nel ricorso, vale a dire che COGNOME non avesse mai dichiarato o eletto domicilio nel procedimento e che non avesse mai ricevuto la notifica del decreto di citazione per il giudizio di primo grado, notifica invece regolarmente perfezionatasi presso il difensore domiciliatario ex lege.
2.2. Quanto alla vocatio in iudicium per il giudizio di appello:
la notifica presso il domicilio dichiarato non era stata possibile per irreperibilità del destinatario;
all’udienza del 10 gennaio 2024 era stata disposta la rinnovazione della citazione a giudizio ex art. 161 comma 4 cod. proc. pen. e la relativa pec era stata consegnata all’avv. NOME COGNOME alle ore 11.02 dello stesso giorno.
Ne consegue che, anche per il giudizio di secondo grado, la notifica del decreto di citazione a giudizio era stata regolare.
Avuto riguardo alla richiesta di annullamento senza rinvio del Procuratore generale, va precisato che, se, effettivamente, l’Avv. COGNOME fu nominato con atto datato 29 marzo 2021, egli tuttavia rinunciò all’incarico all’udienza del 6 aprile 2021, per cui la difesa di COGNOME fu nuovamente assunta dal difensore di ufficio Avv. NOME COGNOME presso la quale si è perfezionata la notifica.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. (come modificato ex I. 23 giugno 2017, n. 103), al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, così equitativamente determinata in relazione ai motivi di ricorso che inducono a ritenere la parte in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. 13/6/2000 n.186). Non consegue, invece, la condanna di COGNOME alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, dal momento che il difensore di quest’ultima non ha chiesto la condanna alle spese dell’imputato.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Nulla per le spese di parte civile.
Così è deciso, 12/11/2024