Nomina del difensore del latitante: chi può farla?
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di procedura penale, tracciando una netta distinzione tra la posizione del soggetto detenuto e quella del latitante. Al centro della questione vi è la nomina difensore del latitante e la possibilità per i prossimi congiunti di provvedervi. La Corte ha chiarito che tale facoltà è un’eccezione strettamente riservata a chi si trova in stato di detenzione e non può essere estesa a chi sceglie volontariamente di sottrarsi alla giustizia.
I Fatti di Causa
Il caso nasce dall’istanza presentata dalla convivente more uxorio di un soggetto condannato, allo stato latitante. La donna, tramite un avvocato di fiducia da lei nominato, aveva chiesto al Tribunale di dichiarare ineseguibile la sentenza di condanna emessa nei confronti del compagno. Il Tribunale di merito, tuttavia, aveva dichiarato l’istanza inammissibile per carenza di legittimazione, sostenendo che la nomina del difensore non era valida, in quanto non proveniente direttamente dall’interessato.
Il Ricorso in Cassazione sulla nomina difensore del latitante
Contro questa decisione, la convivente ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando la violazione dell’articolo 96 del codice di procedura penale. Secondo la tesi difensiva, la norma che consente ai prossimi congiunti di nominare un difensore per la persona indagata o imputata dovrebbe applicarsi anche nel caso del soggetto latitante, non solo di quello detenuto.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno sottolineato che la facoltà concessa ai prossimi congiunti dall’art. 96, comma 3, cod. proc. pen., è una norma di carattere eccezionale. La sua ratio risiede esclusivamente nella difficoltà oggettiva in cui si trova una persona in vinculis (cioè detenuta) a provvedere personalmente alla nomina di un legale di fiducia. La limitazione della libertà personale giustifica, quindi, l’intervento sussidiario dei familiari.
Questa situazione è radicalmente diversa da quella del latitante. La latitanza, spiega la Corte, è una condizione che deriva da una scelta volontaria del soggetto, il quale decide di sottrarsi all’esecuzione di una misura cautelare o di una pena. Non sussiste, pertanto, alcuna impossibilità materiale che gli impedisca di conferire una procura al proprio difensore.
Essendo una norma eccezionale, quella sulla nomina da parte dei congiunti non è suscettibile di interpretazione analogica. Estenderla al latitante significherebbe applicare un’eccezione al di fuori del suo specifico ambito di previsione, violando il principio di stretta interpretazione delle norme procedurali. La Corte ha quindi concluso che il giudice di merito ha correttamente applicato questo principio, confermando l’invalidità della nomina del legale.
Conclusioni
La pronuncia della Cassazione consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso, volto a non equiparare situazioni giuridicamente e fattualmente distinte. La decisione ha importanti implicazioni pratiche: chiarisce che solo la persona latitante, e non i suoi familiari, può validamente nominare un avvocato di fiducia per rappresentarla in giudizio. La facoltà dei prossimi congiunti rimane un’eccezione strettamente legata alla condizione di restrizione della libertà personale e non può essere invocata per sanare una scelta di volontaria irreperibilità.
Un familiare può nominare un avvocato per un parente latitante?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la facoltà dei prossimi congiunti di nominare un difensore è limitata ai soli casi in cui l’imputato si trovi in stato di detenzione (‘in vinculis’) e non si estende ai latitanti.
Per quale motivo la nomina del difensore da parte di un familiare è stata considerata non valida in questo caso?
La nomina è stata ritenuta non valida perché l’interessato era latitante. La legge che consente ai familiari di nominare un legale è una norma eccezionale, legata alla difficoltà oggettiva di chi è privato della libertà personale, e non può essere applicata per analogia a chi si sottrae volontariamente alla giustizia.
Qual è la differenza tra persona ‘in vinculis’ e ‘latitante’ ai fini della nomina del difensore?
La persona ‘in vinculis’ è detenuta e la sua libertà personale è limitata, il che può impedirle di nominare un difensore; per questo la legge prevede l’intervento dei familiari. Il ‘latitante’, invece, ha scelto volontariamente di rendersi irreperibile e non si trova in una condizione di impossibilità materiale a nominare un proprio legale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10157 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10157 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato t il 06/06/1976
avverso l’ordinanza del 01/07/2024 del TRIBUNALE di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
LETTA
l’ordinanza in epigrafe, con la quale il Tribunale di Salerno ha dichiarato inammissibile, per carenza di legittimazione (difetto di valida nomina di difensore), l’istanza avanzata dal difensore di fiducia nominato da NOME COGNOME, convivente more uxorio di NOME COGNOME allo stato latitante, per ottenere, ai sensi dell’art. 670 cod. proc. pen., la declaratoria di non esecutività della sentenza n. 5161/22 emessa, nei confronti del COGNOME, dal suddetto Tribunale in data 14 novembre 2022;
VISTO
il ricorso proposto da NOME COGNOME per mezzo del difensore avv. NOME COGNOME con il quale si deduce violazione di legge in relazione agli artt. 96 e 159 cod. proc. pen.;
CONSIDERATO
che la facoltà dei prossimi congiunti di nominare, ai sensi dell’art. 96, comma 3, cod. proc. pen., un difensore nell’interesse dell’indagato riguarda esclusivamente le persone “in vinculis” e non i latitanti, essendo la citata norma di carattere eccezionale, in quanto rigorosamente legata alla difficoltà di provvedere personalmente alla designazione di un difensore da parte della persona sottoposta alla condizione di limitazione della libertà personale, ed essendo, come tale, non suscettibile GLYPH di GLYPH interpretazione GLYPH analogica GLYPH (tra GLYPH le GLYPH più GLYPH recenti, Sez. 3, n. 16140 del 22/12/2022, dep. 2023, Bahbah, Rv. 284365 – 01);
che il giudice dell’esecuzione ha fatto conforme applicazione dell’enunciato principio al caso di specie, essendo il COGNOME latitante;
RITENUTO
pertanto, che il ricorso va dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato in diritto;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 14 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente