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Ne bis in idem: no se l’arresto è in più Stati

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’esecuzione di un mandato d’arresto internazionale in più Stati membri non viola il principio del ‘ne bis in idem’. Il caso riguardava un cittadino arrestato in Italia su richiesta del Regno Unito, dopo essere già stato sottoposto a una misura cautelare in Polonia per lo stesso mandato. La Corte ha chiarito che il procedimento penale è unico (quello britannico) e le procedure di consegna sono meramente esecutive, non costituendo un nuovo processo. La fuga del soggetto dalla Polonia ha inoltre legittimamente giustificato l’applicazione di una misura più restrittiva in Italia.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ne bis in idem e Mandato d’Arresto: la Cassazione fa chiarezza sull’esecuzione in più Stati

Il principio del ne bis in idem, che vieta un secondo processo per lo stesso fatto, è un cardine del nostro sistema giuridico. Ma cosa succede quando un mandato d’arresto internazionale viene eseguito in più Paesi? Si può parlare di una violazione di tale principio? Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha fornito un’importante interpretazione, distinguendo nettamente tra il procedimento penale di merito e la fase puramente esecutiva della consegna.

I Fatti del Caso

Un cittadino polacco era stato arrestato in Italia in esecuzione di un mandato d’arresto internazionale emesso da un tribunale del Regno Unito per reati tributari e di riciclaggio. La particolarità del caso risiedeva nel fatto che lo stesso soggetto era già stato arrestato in Polonia, suo Stato di residenza, per il medesimo mandato. In quell’occasione, le autorità polacche gli avevano applicato una misura cautelare non detentiva: l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Tuttavia, l’interessato aveva lasciato il territorio polacco, trasferendosi in Italia e sottraendosi così alla procedura di consegna. Una volta rintracciato in Italia, le autorità italiane lo hanno arrestato e la Corte d’Appello ha convalidato l’arresto, disponendo la custodia cautelare in carcere.

I Motivi del Ricorso e il principio del ne bis in idem

La difesa ha impugnato l’ordinanza dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando diverse questioni, la più rilevante delle quali era la presunta violazione del divieto di ne bis in idem. Secondo il ricorrente, l’arresto e l’applicazione della misura cautelare in Italia costituivano un secondo giudizio per gli stessi fatti già oggetto del procedimento in Polonia. Si sosteneva che l’autorità giudiziaria italiana avrebbe dovuto riconoscere il provvedimento polacco, con conseguente preclusione di un nuovo procedimento cautelare.

Altri motivi di ricorso includevano:
* La violazione delle norme dell’Accordo di cooperazione post-Brexit tra UE e Regno Unito.
* La mancata assistenza di un interprete durante l’arresto da parte della polizia.
* La sproporzione della misura della custodia in carcere, dato che in Polonia era stata ritenuta sufficiente una misura più lieve.

L’Analisi della Corte sul ‘ne bis in idem’ cautelare

La Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo il motivo sul ne bis in idem infondato. La Corte ha operato una distinzione cruciale: il procedimento penale a carico del ricorrente è unico ed è quello pendente nel Regno Unito, lo Stato che ha emesso il mandato. Le procedure attivate in Polonia e, successivamente, in Italia non sono procedimenti penali autonomi sul merito dei reati contestati, ma sono mere fasi esecutive finalizzate alla consegna del ricercato.

Il divieto di ne bis in idem presuppone che una persona sia già stata giudicata con sentenza definitiva o che sia in corso un’azione penale per il medesimo fatto. In questo caso, né in Polonia né in Italia è mai stata avviata un’azione penale per i reati tributari. Entrambi gli Stati stavano semplicemente dando esecuzione a una richiesta di cooperazione giudiziaria internazionale. Di conseguenza, non può esserci duplicazione di processi se il processo è uno solo.

Altri Aspetti Procedurali: Interprete e Misure Cautelari

La Corte ha respinto anche le altre censure. Per quanto riguarda l’interprete, la legge prevede che all’arrestato venga consegnata una comunicazione scritta in una lingua a lui comprensibile (il polacco, nel caso di specie), cosa che è avvenuta. L’assistenza obbligatoria dell’interprete è richiesta solo durante l’udienza davanti al giudice, e non nella fase dell’arresto operato dalla polizia giudiziaria.

Infine, riguardo alla misura cautelare, i giudici hanno ritenuto pienamente giustificata la custodia in carcere. La circostanza che il ricorrente avesse lasciato la Polonia, violando la misura cautelare lì applicata, costituiva un elemento concreto e attuale di un elevato pericolo di fuga. Questo comportamento ha dimostrato la sua inaffidabilità e ha reso necessaria una misura più severa per garantire che non si sottraesse anche alla procedura di consegna italiana.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda sulla corretta interpretazione delle norme sulla cooperazione giudiziaria internazionale, in particolare quelle derivanti dall’Accordo di partenariato tra Unione Europea e Regno Unito. Il mandato d’arresto è un titolo unico che può essere eseguito in diversi Stati, qualora il ricercato si sposti. L’attivazione della procedura in un secondo Stato non costituisce una violazione del ne bis in idem perché non si tratta di un nuovo ‘processo’, ma della continuazione della stessa procedura esecutiva. La Corte ha sottolineato che il procedimento di consegna è meramente strumentale a quello penale principale, che si svolge nello Stato di emissione del mandato. La fuga del soggetto da uno Stato all’altro non fa che confermare la necessità di misure idonee a garantire l’effettività della cooperazione giudiziaria, legittimando l’applicazione di misure cautelari più severe come la custodia in carcere.

Conclusioni

Questa sentenza offre un chiarimento fondamentale sul rapporto tra il principio del ne bis in idem e le procedure di consegna internazionale. L’esecuzione di un mandato d’arresto in più Stati non crea una duplicazione di procedimenti, poiché la fase esecutiva è distinta dal giudizio di merito. Inoltre, la pronuncia ribadisce che il comportamento del ricercato, in particolare la violazione di misure cautelari meno afflittive, è un fattore determinante nella valutazione del pericolo di fuga e può giustificare l’adozione di provvedimenti più restrittivi per assicurare il buon esito della cooperazione giudiziaria.

L’arresto in uno Stato per un mandato internazionale impedisce un nuovo arresto in un altro Stato per lo stesso mandato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il procedimento penale è unico (quello dello Stato emittente). Le procedure di arresto e consegna in diversi Stati sono solo fasi esecutive e non costituiscono un nuovo processo, quindi non violano il principio del ‘ne bis in idem’.

Quando è obbligatoria la presenza di un interprete nella procedura di consegna?
La presenza fisica di un interprete è obbligatoria durante l’udienza davanti all’autorità giudiziaria (es. udienza di convalida). Nella fase dell’arresto da parte della polizia giudiziaria, è sufficiente che la persona riceva una comunicazione scritta, in una lingua a lei comprensibile, che la informi del mandato e dei suoi diritti.

La violazione di una misura cautelare in un Paese può giustificare una misura più grave in un altro?
Sì. La Corte ha ritenuto che il fatto che l’imputato si sia allontanato dalla Polonia violando una misura cautelare più lieve (obbligo di presentazione alla polizia) costituisce un elemento concreto e attuale che dimostra un elevato pericolo di fuga, giustificando così l’applicazione di una misura più severa come la custodia in carcere in Italia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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