Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 10946 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 10946 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 22/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a ROMA il 29/10/1982
avverso l’ordinanza del 09/09/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Roma Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentito il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Roma. udito l’avvocato NOME COGNOME in difesa del ricorrente che si è riportato ai motivi di ricorso e chiesto l’accoglimento dell’impugnazione.
RITENUTO IN FATTO
1.Con il provvedimento descritto in epigrafe il Tribunale di Roma ha dichiarato inammissibile il riesame interposto dalla difesa di NOME COGNOME avverso l’ordinanza del 27 maggio 2024 con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale locale ha applicato al predetto la misura custodiale di maggior rigore perché gravemente indiziato di più fatti di reato puniti ai sensi degli artt. 73 e 80, comma 2, d.P.R. n. 3 del 1990.
In particolare, il riesame è stato dichiarato inammissibile perché avverso la medesima ordinanza, nell’interesse del ricorrente, era già stato interposto altro ricorso ex art 309 cod. proc. pen., a sua volta dichiarato inammissibile perché promosso da parte
di un difensore non legittimato (in quanto il relativo mandato sarebbe stato conferito da un prossimo congiunto di NOME fuori dalle ipotesi consentite dall’art 96, comma 3, cod. proc. pen.); decisione, questa, impugnata in Cassazione ed ancora pendente alla data dell’ordinanza ora in disamina, sì ché, ad avviso del Tribunale, doveva ritenersi preclusa al ricorrente, la possibilità di proporre altra impugnazione diretta a contestare i medesimo titolo cautelare, in pendenza di quella originaria, non ancora definita.
Propone ricorso la difesa di NOME e contesta il giudizio di inammissibilità perché la preclusione rilevata dal Tribunale sarebbe fondata su indicazioni di principio tratte da arresti di questa Corte che mal si attagliano alla specie in quanto tutti legati a situazion nelle quali il giudizio ostativo correlato alla contestuale pendenza di altra impugnazione, ineriva a valutazioni di merito sulla tenuta del provvedimento custodiale.
Valutazioni, nel caso, integralmente mancanti, considerata la pregiudizialità in rito della decisione assertivamente pregiudicante, non inerente, dunque, a verifiche nel merito del relativo incidente cautelare e in quanto tali privi di valenza decisoria rispetto alle questioni prospettate dal riesame nuovamente proposto, sfrondato dal tema inerente all’originario vizio processuale, oggetto dell’autonomo giudizio di legittimità legato alla prima impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso non merita l’accoglimento per le ragioni precisate di seguito.
2.Giova premettere che il titolo cautelare è stato impugnato nell’interesse del ricorrente, latitante, in prima battuta sulla base di un mandato fiduciario conferito al difensore dalla madre dell’indagato.
Il relativo riesame è stato dichiarato inammissibile per ragioni inerenti al conferimento del mandato difensivo .correlate alla interpretazione della previsione di cui all’art. 96, comma 2, cod. proc. pen.
Avverso tale decisione è stato interposto ricorso in cassazione, rigettato con decisione di questa sezione della Corte resa il 5 dicembre 2024.
Dopo il primo riesame, è stato depositato un mandato difensivo direttamente conferito dal latitante al medesimo avvocato; e, sulla base di questa nomina, al detto difensore è stata nuovamente notificata l’ordinanza genetica.
In esito alla detta notifica, è stato poi proposto, sempre avverso l’ordinanza genetica, il riesame oggi definito dal provvedimento gravato; riesame che replicava le ragioni di contestazione mosse con la prima impugnazione e che risultava articolato in termini di contestualità rispetto al ricorso di legittimità interposto avverso la prima ordinanza resa ex art. 309 cod. proc. pen., intervenuta dopo la decisione ora gravata.
Ciò premesso, il Tribunale, nel pervenire alla valutazione pregiudiziale contrastata dal ricorso, ha fatto buon governo del principio secondo il quale si deve escludere che, in pendenza di una impugnazione che ponga sub iudice una misura cautelare, si instauri in relazione alla stessa persona e per lo stesso fatto, un nuovo procedimento incidentale, basato sui medesimi elementi, che, ove proposto, deve ritenersi inammissibile; e ciò senza che occorra, peraltro, che la precedente istanza sia stata definitivamente decisa per impedire che la stessa possa essere reiterata, bastando che sia già stata posta e che penda il giudizio su di essa.
Si è precisato, da parte di questa Corte, infatti, che tale situazione preclude la disamina nel merito della seconda impugnazione in base al divieto di bis in idem sancito che si può ricavare, in chiave di. visione sistematica, dall’art 649 del codice di rito disposizione questa che, in termini generali e in sintonia con le esigenze di ragionevole funzionalità connaturate al sistema, impedisce, in tutte le situazioni che non implicano un conflitto di competenza e non sono accompagnate dall’esistenza di un provvedimento irrevocabile, di riproporre e di esaminare più volte la stessa domanda (così Sez. 3, n. 23371 del 02/02/2016, COGNOME, Rv. 266823; in senso conforme v. Sez. 5, n. 29627 del 18/06/2014, P., Rv. 262522 nonché Sez. 1, n. 20297 del 13/05/2010, COGNOME, Rv. 247659).
Sulla scorta di indicazioni di principio rese dal giudice delle leggi (C. cost. n. 318 de 2001 e 39 del 2002), tese, per l’appunto, a far emergere la forza espansiva del principio del divieto di bis in idem contenuto nell’art. 649 cod. proc. pen., si è cjitztl precisa che il relativo divieto ha nel sistema processuale penale portata più generale così da apparire finalizzato ad evitare ché per lo stesso fatto si svolgano più procedimenti o si adottino più provvedimenti anche non irrevocabili, l’uno indipendentemente dall’altro (S.U. n. 34655 del 28/06/2005, COGNOME), destinati ad entrare in potenziale conflitto tra loro quanto alle relative valutazioni di merito.
Ne consegue che, come non è consentito instare ex art. 299 cod. proc. pen. per la revoca di una misura divenuta “definitiva” sulla base di argomenti che non sono diversi rispetto a quelli già esaminati all’esito dell’ordinario sviluppo delle verifiche cautela neppure può ammettersi la contestuale pendenza di più impugnazioni dirette a contrastare il medesimo titolo cautelare con riguardo alle stesse ragioni di critica prospettate con il gravame già pendente.
4. Siffatte indicazioni di principio non risultano messe in crisi dal ricorso.
La difesa, nel rivendicare l’assenza di una decisione di merito definitiva caduta sulle ragioni di contestazione mosse avverso il titolo cautelare e ribadite con la nuova impugnazione, confonde e sovrappone aspetti che, seppur connessi, sono comunque diversi. Si aggancia, infatti, ad un tema di giudizio – quello del giudicato cautelare- che costituisce solo una potenziale deriva effettuale del vizio rilevato dal Tribunale e che si
pone, piuttosto, a monte di tale conseguenzialità: la non consentita pendenza contestuale di più incidenti cautelari diretti a contrastare il medesimo titolo sulla base di un identic approfondimento cognitivo. E, in ragione di tanto, si finisce per non considerare che, ove fosse stato accolto, il ricorso per cassazione conseguenziale alla prima inammissibilità, non ancora definito alla data della decisione ora gravata, avrebbe determinato l’inaccettabile contestuale pendenza di due autonomi giudizi promossi avverso il medesimo titolo cautelare, caratterizzati da uno spettro valutativo sovrapponibile, così da dare luogo proprio alla situazione di pregiudiziale inammissibilità rassegnata, in chiave sistematica, dagli arresti di questa Corte sopra indicati, finalizzata ad evitare, in vi potenziale, non consentite ragione di conflittualità tra le relative decisioni di merito.
Del resto, è di tutta evidenza che la soluzione privilegiata non poteva ritenersi preclusiva della possibilità del difensore del latitante indagato di proporre riesame ex art. 309 cod. proc. pen., una volta intervenuta la rituale notifica del titolo all’esito del nomina ritualmente conferita: il ricorrente, infatti, avrebbe potuto prestare acquiescenza alla prima decisione di inammissibilità o comunque rinunziare al ricorso in cassazione pendente, facendo venir meno la situazione di litispendenza evocata dal Tribunale correttamente a fondamento della valutazione pregiudiziale resa nel caso.
Da qui la reiezione del ricorso e la condanna alle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 22/01/2025