Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13120 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13120 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMENOME nato a Ercolano il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/04/2023 della Corte di appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procurat generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Napoli, adita in qualità giudice dell’esecuzione, dichiarava inammissibile – perché meramente reiterativ di altra precedente, già respinta – l’istanza dì NOME COGNOME, int riconoscimento della continuazione in executivis, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., tra i reati oggetto della sentenza pronunciata dalla medesima Corte in d 6 giugno 2016 e quelli dalla Corte di appello già giudicati con sentenza 11 lug 2018.
Ricorre il condannato per cassazione, con rituale mandato difensivo.
Nel motivo unico il ricorrente deduce violazione di legge e vizio motivazione.
A suo parere, la nuova istanza di continuazione faceva leva su presupposti d fatto diversi da quelli in precedenza apprezzati, che avrebbero senz’al consentito di ritenere l’unicità di disegno criminoso tra le condott partecipazione alle compagini associative di stampo mafioso, in cognizione accertate. Erano state allegate all’istanza le intercettazioni eseguite in car carico del condannato, successive al febbraio 2007, che consentivano d ricostruire la sua originaria volontà di espandere le attività criminose del clan; le intercettazioni effettuate nei confronti di NOME COGNOME dopo il arresto, avvenuto nel 2014; le dichiarazioni del collaboratore di giust COGNOMECOGNOME COGNOME di elementi mai valutati, neppure per implicito, n prima decisione.
All’udienza dinanzi al giudice dell’esecuzione, inoltre, erano stati prodo verbali di interrogatorio e il verbale illustrativo dei contenuti della collabor di NOME COGNOME, mai acquisiti nei processi celebrati contro COGNOME e costitu elementi di assoluta novità. Il giudice a quo li avrebbe semplicemente ignorati.
Il Procuratore generale requirente ha concluso come in epigrafe.
La difesa del ricorrente ha depositato tempestiva memoria di replica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, perché generico e reiterativo di argomen manifestamente infondati.
Il principio generale del ne bis in idem, esplicitato dall’art. 649 cod. proc. pen. per il giudizio di cognizione, è riferibile, in linea di principio all’esecuzione penale.
In tale settore, esso trova, da un lato, ulteriore esplicito riscontro nor nella disposizione di cui all’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., a tenore quale è preclusa, e sanzionata con l’inammissibilità, la riproposizione medesime questioni, a fronte di una determinazione giudiziale già assunta e no impugnata, ovvero impugnata con esito infruttuoso; e incontra, tuttavia, temperamento, giacché il divieto di riproposizione riguarda esclusivamente “dedotto”, e non anche “il deducibile”, ossia non riguarda le questioni che, proponibili, proposte non furono, non formando quindi oggetto di vaglio, neppur implicito, da parte del primo decidente (tra le molte, Sez. 1, n. 27712 01/07/2020, Paviglianiti, Rv. 279786-01).
L’ordinanza impugnata si è attenuta fedelmente a questi principi ineccepibilmente osservando che gli elementi allegati alla nuova istanza difensi – ossia il contenuto di talune conversazioni ambientali in carcere e la deposiz del collaboratore di giustizia COGNOME – non rivestivano alcun profilo di n trattandosi di prove dichiarative e documentali già poste a base delle sentenz condanna, acquisite nel precedente procedimento esecutivo e valutate, almeno implicitamente, in detta sede.
Quanto ai verbali del collaboratore COGNOME, occorre anzitutto ricordare c l’inammissibilità genetica della riproposta istanza di continuazione non pot essere certamente sanata da produzioni difensive successive. Sotto alt aspetto, l’odierno ricorso non illustra affatto quale sia il contenuto dichiarazioni e perché la loro considerazione avrebbe potuto, in modo decisivo orientare diversamente il giudizio.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’ 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spe processuali e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impu (Corte cost., sentenza n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cas delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si sti equo determinare in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso il 07/12/2023