Motivo Nuovo in Cassazione: L’Importanza di una Strategia Difensiva Completa fin dall’Appello
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un importante spunto di riflessione sulle regole che governano il processo penale, in particolare riguardo ai limiti delle argomentazioni difensive nel giudizio di legittimità. La decisione sottolinea un principio fondamentale: non è possibile presentare un motivo nuovo in cassazione se questo poteva e doveva essere sollevato nei precedenti gradi di giudizio. Analizziamo insieme la vicenda per comprendere le implicazioni pratiche di questa regola.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine dalla condanna di un imputato per un reato previsto dalla legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90), un’ipotesi di minore gravità. La condanna, emessa dal Giudice per l’Udienza Preliminare presso il Tribunale, era stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato, non soddisfatto della decisione, decideva di presentare ricorso per cassazione tramite il proprio difensore.
Il Ricorso e il Principio del Motivo Nuovo in Cassazione
L’unico motivo di doglianza sollevato davanti alla Suprema Corte riguardava una presunta violazione di legge: la mancata applicazione di una delle pene sostitutive previste dall’art. 20 bis del codice penale. Secondo la difesa, la pena inflitta rientrava pienamente nei limiti previsti per poter beneficiare di tali misure alternative alla detenzione.
Tuttavia, la Corte di Cassazione ha immediatamente rilevato una criticità processuale insuperabile. La questione relativa alle pene sostitutive non era mai stata sollevata nel precedente atto di appello. Si trattava, quindi, di un motivo nuovo in cassazione, ovvero di una censura dedotta per la prima volta in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fondando la sua decisione su un principio consolidato nella giurisprudenza. In sede di legittimità non è possibile dedurre questioni che non siano state specificamente devolute alla cognizione del giudice d’appello. In altre parole, la difesa non può ‘tenere in serbo’ un’argomentazione per giocarla solo davanti alla Cassazione.
Il Codice di procedura penale (art. 606, comma 3) è chiaro: le violazioni di legge possono essere dedotte, ma solo se non erano deducibili in appello o se non sono state lì eccepite. Nel caso di specie, la richiesta di pene sostitutive era perfettamente proponibile davanti alla Corte d’Appello, ma non fu avanzata. L’omissione del giudice d’appello nel pronunciarsi su tale punto è stata quindi corretta, poiché la questione non gli era stata sottoposta.
La Suprema Corte ha precisato che esistono delle eccezioni, come le questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento o quelle che non era oggettivamente possibile sollevare prima. Nessuna di queste eccezioni ricorreva nel caso in esame. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato inammissibile.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La decisione in commento ribadisce una lezione fondamentale per ogni strategia difensiva: l’atto di appello deve essere completo e articolato. Tutte le possibili censure alla sentenza di primo grado, sia in fatto che in diritto, devono essere sollevate in quella sede. Introdurre un motivo nuovo in cassazione è una mossa processualmente errata che porta, come in questo caso, a una declaratoria di inammissibilità. Questa non è solo una sconfitta processuale, ma comporta anche conseguenze economiche per l’imputato, condannato al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle Ammende. La pianificazione attenta e la completezza degli atti di impugnazione sono, quindi, elementi cruciali per la tutela efficace dei diritti dell’imputato.
Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché basato su un ‘motivo nuovo’, ovvero una questione (la mancata applicazione delle pene sostitutive) che non era stata sollevata nel precedente grado di giudizio davanti alla Corte d’Appello.
È possibile sollevare per la prima volta una questione davanti alla Corte di Cassazione?
Generalmente no. Secondo la legge e la giurisprudenza costante, non si possono introdurre nuove questioni in Cassazione se queste potevano essere dedotte in appello. Le uniche eccezioni riguardano le questioni rilevabili d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado o quelle che non era oggettivamente possibile presentare prima.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33752 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33752 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/03/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza del GUP presso il Tribunale di Trani con cui Duraku Ledian era stato condannato in ordine al reato di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. 309/90.
L’imputato, per mezzo del proprio difensore, ricorre per la cassazione della sentenza di appello per violazione di legge in ordine alla mancata applicazione di una delle pene sostitutive, essendo la pena inflitta compresa nei limiti edittali di cui all’art. 20 bis cod. pen.
Il ricorso va dichiarato inammissibile poiché fondato su motivo nuovo, cioè un motivo inerente a violazioni di legge deducibili e non dedotte in precedenza. Tale motivo di ricorso non è deducibile in sede di legittimità, perché non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare siccome non devolute con la dovuta specificità alla sua cognizione, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o che non sarebbe stato possibile dedurre in precedenza (cfr. l’art. 606, comma 3, cod. proc pen. quanto alla violazione dì legge; si vedano, con specifico riferimento al vizio di motivazione, Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, COGNOME, Rv. 269745 – 01; Sez. 2, n. 22362 del 19/04/2013, COGNOME).
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla RAGIONE_SOCIALE delle ammende, che si determina in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2024
Il Consigliere estensore