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Motivi specifici appello: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33418/2025, ha dichiarato inammissibile un ricorso, ribadendo la necessità di formulare motivi specifici appello. Il caso riguardava la richiesta di conversione di una pena detentiva in pecuniaria, motivata in modo generico con il presunto “recupero sociale” del condannato. La Corte ha stabilito che tale affermazione, priva di argomentazioni concrete legate alla vicenda processuale, non è sufficiente a superare il vaglio di ammissibilità, confermando la decisione della Corte d’Appello.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivi Specifici Appello: la Genericità Costa Cara

L’impugnazione di una sentenza è un diritto fondamentale, ma il suo esercizio richiede il rispetto di regole precise. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 33418/2025) ci offre un’importante lezione sull’obbligo di presentare motivi specifici appello, pena l’inammissibilità del ricorso. Vediamo insieme cosa è successo e quali principi ha ribadito la Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale di Ferrara a quattro mesi di arresto per il reato previsto dall’art. 707 del codice penale. L’imputato decideva di appellare la sentenza, ma la Corte d’Appello di Bologna dichiarava l’impugnazione inammissibile.

Il motivo? L’atto di appello era stato ritenuto troppo generico. In particolare, la richiesta di convertire la pena detentiva in una pena pecuniaria si basava su una motivazione stringata e quasi formale: tale conversione “avrebbe favorito il recupero sociale del prevenuto”. Secondo i giudici di secondo grado, questa affermazione non era sufficiente a confutare le ragioni della sentenza di primo grado.

Contro questa decisione, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse sbagliato nel ritenere generica la sua richiesta.

La Decisione della Corte di Cassazione e i Motivi Specifici Appello

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, definendolo “manifestamente infondato” e confermando la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno chiarito un punto fondamentale del diritto processuale penale: la necessità che l’atto di impugnazione contenga motivi specifici appello.

Anche alla luce delle recenti normative (d.lgs. 31/2024), che hanno ampliato la facoltà dell’imputato di acconsentire alla sostituzione della pena, non viene meno l’onere di devolvere la questione al giudice superiore attraverso un motivo di gravame specifico e dettagliato.

L’Importanza di Argomentare nel Dettaglio

Il cuore della decisione risiede nella critica alla genericità dell’atto d’appello. La Cassazione ha sottolineato che limitarsi ad affermare che un beneficio “appare più confacente al recupero sociale del prevenuto” è una formula di stile, vuota di contenuto se non supportata da argomentazioni concrete. L’appellante avrebbe dovuto spiegare perché, in relazione alla specifica vicenda processuale e alla sua situazione personale, la conversione della pena in una sanzione pecuniaria avrebbe effettivamente favorito il suo reinserimento sociale. In assenza di tali spiegazioni, il motivo d’appello si riduce a una mera enunciazione, incapace di innescare una reale revisione della decisione del primo giudice.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando il principio consolidato secondo cui l’appello non è un’occasione per un nuovo giudizio indiscriminato, ma uno strumento per criticare specifici punti della sentenza impugnata. I motivi devono essere pertinenti e specifici, in modo da consentire al giudice del gravame di comprendere esattamente quali parti della decisione precedente sono contestate e per quali ragioni.

Affermare in modo astratto che una pena alternativa favorirebbe il recupero sociale, senza collegare questa affermazione a elementi concreti (come la situazione lavorativa, familiare, personale dell’imputato o le circostanze del reato), non soddisfa il requisito di specificità richiesto dalla legge. Di conseguenza, la Corte d’Appello ha correttamente ritenuto l’atto inammissibile per genericità, una decisione che la Cassazione ha ritenuto immune da vizi.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio cruciale per chiunque si approcci a un’impugnazione in materia penale: la precisione e la specificità non sono meri formalismi. La redazione di un atto di appello richiede un’analisi approfondita della sentenza di primo grado e la costruzione di argomentazioni dettagliate, capaci di dimostrare l’erroneità delle conclusioni del giudice. Formule generiche e affermazioni di principio, per quanto condivisibili in astratto, non hanno alcun valore processuale se non sono ancorate alla realtà specifica del caso. La conseguenza di tale genericità, come dimostra questa vicenda, è la declaratoria di inammissibilità e la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, rendendo di fatto vano il tentativo di ottenere una riforma della sentenza.

Perché un appello può essere dichiarato inammissibile?
Un appello può essere dichiarato inammissibile se i motivi presentati sono generici, ovvero se non contestano in modo specifico e argomentato le parti della sentenza di primo grado che si intendono criticare.

È sufficiente affermare che una pena alternativa favorisce il “recupero sociale” per ottenerla?
No. Secondo questa sentenza, non è sufficiente. L’appellante deve spiegare concretamente le ragioni per cui, nel suo caso specifico, la pena alternativa sarebbe più efficace per il recupero sociale, collegando l’affermazione alla propria situazione e alla vicenda processuale.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle Ammende, commisurata al grado di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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