Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23985 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23985 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 28/05/2025
SENTENZA
sul ricorso straordinario ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen. proposto da COGNOME COGNOME nato a Napoli il 04/11/1985
avverso la sentenza n. 1791 del 17/12/2024 della Corte di Cassazione, Seconda Sezione visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Seconda Sezione della Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli del 26 gennaio 2024 emessa ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen.
NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso straordinario, ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen., chiedendo la correzione di errori di fatto di tipo percettivo della menzionata pronuncia della Corte di cassazione rilevando l’omessa valutazione dei motivi nuovi, depositati in data 28 ottobre 2024 a mezzo PEC, in cui si censurava la sentenza della Corte di merito per mancata sottoscrizione del Presidente del collegio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
Va premesso che risulta dalla stessa intestazione della sentenza impugnata che i motivi nuovi, trasmessi dal difensore di NOME COGNOME siano stati ricevuti, il che induce a ritenere che gli stessi siano stati comunque considerati da parte della Corte di cassazione decidente, che, peraltro, con il ricorso principale era stata chiamata a pronunciarsi unicamente sull’omessa motivazione della sentenza della Corte di appello di Napoli circa la sussistenza di cause di proscioglimento, a fronte dell’accordo raggiunto ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen.
Ma al di là di tale dato formale, assume rilievo decisivo, ai fini in esame, la circostanza che il tema dedotto con il motivo aggiunto era inammissibile e dunque, da un lato, radicalmente inidoneo a condurre all’annullamento della sentenza impugnata e, dall’altro, irrilevante in questa sede, quand’anche radicalmente pretermesso.
Deve sul punto richiamarsi il consolidato principio per cui «l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall’art. 625bis cod. proc. pen. consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso» (Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Basile, Rv. 221280 – 01).
Nel caso in esame l’eventuale mancata valutazione del motivo non avrebbe potuto avere alcuna influenza.
Va, infatti, rilevato che i motivi aggiunti sono comunque travolti dall’inammissibilità originaria del ricorso, fermo restando che gli stessi devono concernere capi e punti oggetto di devoluzione con i motivi del ricorso principale (Sez. U, n. 4683 del 25/02/1998, COGNOME, Rv. 210259).
Inoltre, il tema dedotto non avrebbe potuto neppure essere rilevato d’ufficio. Costituisce infatti ius receptum che «la mancata sottoscrizione della sentenza d’appello da parte del presidente del collegio non giustificata espressamente da un suo impedimento legittimo e sottoscritta dal solo estensore configura una nullità relativa» (Sez. U, n. 14978 del 20/12/2012, dep. 2013, R.D., Rv. 254671).
Del tutto in linea con tale affermazione risulta dunque il consolidato principio secondo cui «costituisce nullità relativa, non deducibile con i “motivi nuovi” a sostegno del ricorso per cassazione, la mancata apposizione in calce alla motivazione della firma del presidente che ha effettivamente presieduto il collegio» (Sez. 1, n. 39920 del 28/09/2007, Russo, Rv. 237870).
Alla luce degli argomenti esposti il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila alla Cassa delle
ammende
Così deciso il 28 maggio 2025.