Motivi Nuovi in Cassazione: Quando il Ricorso Diventa Inammissibile
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sul processo penale, in particolare riguardo ai limiti dell’impugnazione in sede di legittimità. La questione centrale riguarda l’impossibilità di presentare motivi nuovi in Cassazione, ovvero doglianze non sollevate nel precedente grado di giudizio. Analizziamo come questo principio abbia portato alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso e alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese.
Il Fatto Processuale
La vicenda ha origine da una sentenza della Corte di Appello che confermava una pronuncia di primo grado. L’imputato era stato condannato per violazione della normativa sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90), con una pena calcolata in aumento per la continuazione con un’altra sentenza divenuta irrevocabile nel 2021.
Contro questa decisione, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando vizi di motivazione. Il punto cruciale del ricorso era la richiesta di riconoscimento della continuazione ‘esterna’ con un’ulteriore sentenza, diversa da quella considerata in appello e divenuta irrevocabile nell’ottobre 2022.
La decisione della Corte di Cassazione e i motivi nuovi
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile senza entrare nel merito della richiesta. La ragione è puramente processuale: la questione della continuazione con la sentenza del 2022 non era mai stata sollevata davanti alla Corte di Appello. Di conseguenza, si trattava di motivi nuovi in Cassazione.
Questo rappresenta una violazione del principio devolutivo, secondo cui il giudice d’appello può decidere solo sui punti della sentenza di primo grado che sono stati specificamente contestati dalle parti. Se una questione non viene sottoposta al giudice del gravame, non può essere introdotta per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione.
L’inammissibilità del ricorso e il principio consolidato
I giudici di legittimità hanno osservato che l’istanza di riconoscimento della continuazione con la specifica sentenza indicata nel ricorso costituiva un motivo nuovo, non dedotto con il precedente appello. Perciò, tale questione non era sottoponibile al vaglio del giudizio di legittimità.
La Corte ha richiamato un principio giuridico consolidato e più volte affermato: non sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame. Lo scopo di questa regola è evitare che la Cassazione debba annullare un provvedimento per un difetto di motivazione su un punto che, intenzionalmente o meno, è stato sottratto alla cognizione del giudice di appello. In pratica, non si può ‘saltare’ un grado di giudizio.
Le conseguenze per il ricorrente
L’inammissibilità del ricorso ha comportato due conseguenze negative per l’imputato:
1. La condanna al pagamento delle spese processuali.
2. La condanna al versamento di una somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non essendo state ravvisate ragioni di esonero.
Le motivazioni
Le motivazioni della Corte sono state nette e basate su un orientamento giurisprudenziale pacifico. Il Collegio ha spiegato che ammettere motivi nuovi in cassazione creerebbe un paradosso: si rischierebbe di annullare una sentenza per un ‘difetto di motivazione’ su una questione che il giudice precedente non ha mai avuto la possibilità di esaminare, proprio perché non gli è stata presentata. Questo minerebbe la logica e la struttura del sistema delle impugnazioni, che prevede una gradualità nella presentazione delle censure. La decisione, pertanto, non è una valutazione nel merito della richiesta dell’imputato, ma una presa d’atto della sua irritualità processuale.
Le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso per cassazione non è una terza istanza di merito, ma un giudizio sulla corretta applicazione della legge da parte dei giudici dei gradi precedenti. Le parti hanno l’onere di presentare tutte le loro doglianze in sede di appello. Omettere di farlo preclude la possibilità di sollevare le stesse questioni per la prima volta davanti alla Suprema Corte. La sanzione per questa violazione procedurale è drastica: l’inammissibilità del ricorso, con le relative conseguenze economiche. È un monito per gli operatori del diritto sull’importanza di strutturare in modo completo e tempestivo i motivi di gravame.
Perché il ricorso presentato alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché proponeva un motivo nuovo, cioè una questione (la richiesta di continuazione con una specifica sentenza) che non era stata sollevata nel precedente giudizio di appello.
Qual è il principio affermato dalla Corte riguardo ai motivi nuovi in cassazione?
La Corte ha ribadito il principio consolidato secondo cui non è possibile presentare in Cassazione questioni che non siano state oggetto dei motivi di gravame nel giudizio d’appello. Questo per evitare che venga annullata una decisione per un difetto di motivazione su un punto che non è mai stato sottoposto all’esame del giudice precedente.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37977 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37977 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/11/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 21 novembre 2023 la Corte di appello di Venezia ha confermato la pronuncia del G.I.P. del Tribunale di Padova del 15 novembre 2022 con cui COGNOME NOME, ritenuta la continuazione con la sentenza del G.U.P. del Tribunale di Padova n. 66 del 7 gennaio 2020, irrevocabile il 28 aprile 2021, previa riqualificazione dei fatti ascrittigli ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. ottobre 1990, n. 309, era stato condannato alla pena in aumento di anni uno, mesi nove, giorni ventiquattro di reclusione ed euro 1.108,00 di multa.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del. suo difensore, deducendo, con un unico motivo, mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla richiesta di continuazione esterna con un’altra sentenza divenuta irrevocabile in data 14 ottobre 2022.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non deducibile in questa sede di legittimità.
Il Collegio osserva, infatti, come l’istanza di riconoscimento della continuazione esterna con la specifica sentenza indicata in ricorso costituisca un motivo nuovo, non dedotto con il precedente appello, perciò non sottoponibile al vaglio del presente giudizio di legittimità, dovendo trovare applicazione, in termini troncanti, il principio, reiteratamente affermato da questa Corte di legittimità, per cui non sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura “a priori” un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (così, tra le altre: Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316-01; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, COGNOME, Rv. 269745-01; Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, COGNOME, Rv. 255577-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 10 luglio 2024
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Il Consigliere estensore
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