Motivi Nuovi nel Ricorso per Cassazione: Guida Pratica a un’Ordinanza Chiave
L’impugnazione di una sentenza è un percorso processuale dai confini ben definiti. Presentare un ricorso in Cassazione richiede una strategia precisa fin dal primo atto di appello. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre l’occasione per approfondire il concetto di motivi nuovi e comprendere perché non possono essere utilizzati per ampliare l’oggetto del giudizio, pena l’inammissibilità del ricorso stesso. Analizziamo insieme questo importante provvedimento.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una sentenza di condanna per rapina. L’imputato, attraverso il suo difensore, presentava appello contestando unicamente la qualificazione giuridica del fatto, ovvero come il reato era stato inquadrato dalla legge. La Corte d’Appello confermava la decisione di primo grado.
Successivamente, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, sollevando due questioni principali:
1. Per la prima volta in tutto il processo, contestava la sua effettiva presenza sul luogo del delitto alla guida del veicolo usato per la rapina.
2. Riproponeva le medesime critiche sulla qualificazione giuridica della condotta, già respinte in appello.
La Suprema Corte è stata quindi chiamata a valutare l’ammissibilità di tali censure.
L’Analisi dei Motivi Nuovi e la Decisione della Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una chiara lezione sui limiti dell’impugnazione e, in particolare, sull’istituto dei motivi nuovi.
La Questione della Presenza sul Luogo del Reato: Un Motivo Tardivo
Il primo motivo è stato considerato palesemente infondato. La Corte ha osservato che la questione non era mai stata sollevata nel giudizio di appello. L’atto di appello, infatti, aveva trasferito alla Corte territoriale solo la valutazione sulla qualificazione giuridica del fatto (l’effetto devolutivo dell’appello). Introdurre per la prima volta in Cassazione un tema fattuale come la presenza dell’imputato sul luogo del reato costituisce un motivo radicalmente nuovo, che esula completamente dall’oggetto del contendere definito con l’atto di appello. Di conseguenza, tale censura è stata ritenuta fuori dal perimetro del “devoluto” e, quindi, inammissibile.
Il Principio Giuridico sui “Motivi Nuovi”
La Corte ha colto l’occasione per ribadire la funzione dei motivi nuovi ai sensi dell’art. 585, comma 4, del codice di procedura penale. Essi non servono a introdurre censure su capi o punti della decisione mai contestati prima. La loro funzione è consentita solo entro i limiti del gravame originario; in altre parole, possono essere utilizzati per illustrare e argomentare meglio le ragioni a sostegno di una censura già mossa, ma non per formulare doglianze completamente inedite. La “novità” si riferisce alle argomentazioni, non ai punti della sentenza impugnata.
La Ripetizione delle Stesse Doglianze
Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile. La Corte ha rilevato che le argomentazioni sulla qualificazione giuridica del reato erano una mera riproposizione di quelle già presentate alla Corte d’Appello. Quest’ultima le aveva già respinte con una motivazione considerata logica, coerente e priva di vizi. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un giudice di legittimità: non può rivalutare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Ripetere le stesse doglianze senza evidenziare un vizio specifico della sentenza d’appello rende il ricorso inammissibile.
Le Motivazioni
La decisione di inammissibilità si fonda su due pilastri procedurali invalicabili. In primo luogo, il principio devolutivo dell’impugnazione, secondo cui il giudice superiore può decidere solo sulle questioni che gli sono state specificamente sottoposte con l’atto di gravame. Introdurre motivi nuovi su punti non contestati in precedenza viola questo principio. In secondo luogo, la natura stessa del giudizio di Cassazione, che non consente una nuova valutazione del merito delle questioni già decise dai giudici dei gradi precedenti con motivazioni adeguate. La mera riproposizione di argomentazioni già respinte, senza individuare un vizio di legittimità, trasforma il ricorso in un tentativo di ottenere un riesame nel merito, non consentito in quella sede.
Conclusioni
Questa ordinanza sottolinea un aspetto fondamentale della strategia difensiva: l’atto di appello è cruciale perché definisce i confini invalicabili del futuro ed eventuale ricorso per Cassazione. Le questioni che non vengono sollevate in appello non potranno essere recuperate in seguito tramite l’espediente dei motivi nuovi. Allo stesso modo, insistere sulle medesime tesi già respinte senza articolare una critica mirata ai vizi logici o giuridici della sentenza di secondo grado conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È possibile presentare “motivi nuovi” in Cassazione per contestare aspetti della sentenza mai criticati in appello?
No. L’ordinanza chiarisce che i “motivi nuovi” possono solo approfondire capi o punti della decisione già oggetto dell’atto di gravame originario, non possono introdurre censure completamente nuove.
Cosa succede se un motivo di ricorso si limita a ripetere le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Cassazione non può riesaminare questioni già decise dalla corte territoriale con motivazione logica e congrua, se non vengono prospettati specifici vizi di legittimità.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11464 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11464 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/02/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME e viste l’istanza di trattazione orale e quella di rinvio;
ritenuto, preliminarmente, che l’istanza di trattazione orale non è prevista nelle procedure fissate ai sensi dell’art. 610, comma 5, cod. proc. pen. e che l’istanza di rinvio non è accoglibile, atteso che il termine per produrre eventuali memorie – di cui ha goduto il precedente difensore di fiducia – era già scaduto all’atto della presentazione dell’istanza;
ritenuto che il primo motivo – con cui si contesta la presenza dell’imputato il giorno del fatto alla guida dell’autovettura ‘utilizzata per perpetrare la rapina manifestamente infondato, tenuto conto che con l’appello il difensore aveva fatto questione solo in relazione alla qualificazione giuridica della condotta criminosa tenuta dal ricorrente, di talchè il motivo nuovo è all’evidenza fuori dal devoluto;
che, invece, i “motivi nuovi” a sostegno della impugnazione – previsti nella disposizione di ordine generale contenuta nell’art. 585, comma 4, cod. proc. pen. – devono avere ad oggetto i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell’originario atto di gravame ai sensi dell’art. 581, lett. a), cod. pro pen. (Sezioni Unite, n. 4683 del 25/2/1998, Bono, Rv. 210259 – 01). Dunque, la presentazione di motivi nuovi è consentita entro i limiti in cui essi investano capi o punti della decisione già enunciati nell’atto originario di gravame, poiché la “novità” è riferita ai “motivi” e, quindi, alle ragioni che illustrano ed argomentano il gravame su singoli capi o punti della sentenza impugnata, già censurati con il ricorso (Sezione 2, n. 17693 del 17/1/2018, COGNOME, Rv. 272821 – 01; Sezione 2, n. 53630 del 17/11/2016, COGNOME, Rv. 268980 – 01; Sezione 1, n. 40932 del 26/5/2011, COGNOME, Rv. 251482);
considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui si contesta la qualificazione giuridica della condotta criminosa, non è consentito, atteso che reitera doglianze già rappresentate alla Corte territoriale e da questa disattese con motivazione congrua ed immune da vizi logici (pagina 5);
rilevato, pertanto, che il ricorso devo essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, in data 6 febbraio 2024.