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Motivi di appello: i limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso in cui l’imputato ha sollevato questioni sulla propria responsabilità penale per la prima volta in sede di legittimità. La Corte ha ribadito che i motivi di appello definiscono l’ambito del giudizio di secondo grado e non è possibile introdurre censure nuove in Cassazione su punti non contestati in precedenza. La decisione si fonda sul principio devolutivo, che impedisce alla Corte di valutare difetti di motivazione su questioni che il giudice d’appello non era stato chiamato a esaminare.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivi di Appello: Perché Non Si Possono Introdurre Nuove Censure in Cassazione

Nel processo penale, la stesura dei motivi di appello rappresenta un momento cruciale che definisce i confini del successivo grado di giudizio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: le questioni non sollevate in appello non possono essere introdotte per la prima volta nel ricorso per cassazione. Questa regola, basata sul cosiddetto “effetto devolutivo”, mira a garantire l’ordine e la coerenza del processo, impedendo strategie difensive tardive. Analizziamo insieme questa importante decisione per comprenderne le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Un imputato, condannato in primo grado per il delitto previsto dall’art. 75 del d.lgs. n. 159 del 2011, vedeva confermata la sua condanna dalla Corte d’Appello. Tuttavia, nel suo atto di appello, l’imputato non aveva contestato la sua colpevolezza, ma si era limitato a criticare due aspetti specifici: la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e la quantificazione della pena (la cosiddetta dosimetria).

Successivamente, nel presentare ricorso alla Corte di Cassazione, la difesa cambiava strategia, sollevando per la prima volta una censura relativa alla motivazione sulla dichiarazione di responsabilità penale. In pratica, tentava di rimettere in discussione l’accertamento della sua colpevolezza, un punto che non era stato oggetto dei suoi motivi di appello.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che il motivo presentato era “non consentito siccome non devoluto al Giudice di appello”. La Corte ha quindi condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a causa della palese inammissibilità e della colpa nell’aver presentato un’impugnazione irrituale.

Le Motivazioni: Il Principio sui Motivi di Appello

La decisione si fonda su un principio cardine della procedura penale, sancito dagli articoli 606, comma 3, and 609, comma 2, del codice di procedura penale. Questa regola stabilisce che non possono essere dedotte in Cassazione questioni che non sono state prospettate nei motivi di appello, a meno che non si tratti di questioni che il giudice può rilevare d’ufficio in ogni stato e grado del processo, o di questioni che non era stato possibile sollevare prima.

La ratio di questa norma è chiara: evitare che si possa accusare la sentenza di secondo grado di un vizio di motivazione su un punto che non è mai stato sottoposto al suo esame. Il giudice d’appello, infatti, si pronuncia solo sulle questioni che gli vengono devolute, ossia sui punti specificamente contestati nell’atto di appello. Se un punto della sentenza di primo grado non viene impugnato, passa in giudicato e non può essere più messo in discussione.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente omesso di pronunciarsi sulla sussistenza della responsabilità penale dell’imputato, poiché la difesa non aveva sollevato alcuna obiezione a riguardo. Di conseguenza, era precluso alla difesa introdurre tale doglianza per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione. I giudici hanno richiamato consolidata giurisprudenza sul punto, confermando la rigidità di questo sbarramento processuale.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa

Questa ordinanza offre un monito importante: la strategia difensiva deve essere delineata in modo completo e preciso sin dal primo atto di impugnazione. I motivi di appello cristallizzano il perimetro del giudizio e qualsiasi omissione non potrà, di regola, essere sanata in Cassazione. L’imputato e il suo difensore devono quindi valutare attentamente tutti i possibili vizi della sentenza di primo grado e articolarli in modo chiaro nell’atto di appello. Tentare di sollevare nuove questioni in un secondo momento non solo è proceduralmente scorretto, ma espone anche al rischio concreto di una dichiarazione di inammissibilità del ricorso e alla condanna a sanzioni pecuniarie.

È possibile introdurre nuove questioni nel ricorso per Cassazione che non erano state sollevate nei motivi di appello?
No, di regola non è possibile. Secondo il combinato disposto degli artt. 606, comma 3, e 609, comma 2, c.p.p., non si possono dedurre in Cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, a meno che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio o che non si potevano dedurre in grado d’appello.

Qual è la ragione (ratio) dietro la regola che impedisce di presentare nuovi motivi in Cassazione?
La ratio è evitare che si possa contestare un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado su un punto del ricorso che non era mai stato sottoposto al controllo del giudice di appello. Il giudice d’appello si pronuncia solo sulle questioni che gli sono state devolute con l’atto di impugnazione.

Cosa succede se un ricorso per Cassazione viene dichiarato inammissibile per aver sollevato motivi nuovi?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, come nel caso di specie, può essere condannato al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende a causa della colpa nell’aver proposto un’impugnazione irrituale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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