Motivi d’Appello: La Cassazione Chiarisce i Limiti dell’Impugnazione
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla corretta formulazione dei motivi d’appello nel processo penale. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: le questioni non sollevate davanti alla Corte d’Appello non possono essere introdotte per la prima volta in sede di legittimità. Questa decisione sottolinea l’importanza di una strategia difensiva completa fin dal secondo grado di giudizio per non precludersi la possibilità di far valere le proprie ragioni davanti alla Cassazione.
Il Contesto del Ricorso: Prescrizione e Recidiva
Il ricorrente aveva impugnato la sentenza della Corte d’Appello di Napoli basando il suo ricorso su due argomenti principali. Il primo motivo riguardava la presunta estinzione del reato per prescrizione. Il secondo, invece, contestava la sussistenza delle condizioni per l’applicazione di un aumento di pena a titolo di recidiva reiterata.
La difesa sosteneva che il tempo necessario per la prescrizione fosse maturato. Inoltre, contestava la correttezza della valutazione che aveva portato a un inasprimento della sanzione a causa dei precedenti penali dell’imputato.
La Decisione della Cassazione sui Motivi d’Appello
La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi, giungendo a conclusioni diverse per ciascuno, ma con un esito complessivamente sfavorevole per il ricorrente.
Per quanto riguarda la prescrizione, i giudici hanno respinto la tesi difensiva. Hanno calcolato che, a causa dell’applicazione della recidiva reiterata, il termine prescrizionale ordinario era stato esteso a sette anni e sei mesi, un periodo di tempo non ancora trascorso tra la sentenza di primo e secondo grado. Questo motivo è stato quindi ritenuto infondato.
Il Principio del “Devoluto per Appellato”
Il cuore della decisione, tuttavia, risiede nell’analisi del secondo motivo. La Corte ha dichiarato questo punto inammissibile, o più tecnicamente ‘precluso’, perché la questione relativa all’aumento di pena per la recidiva non era stata sollevata con i motivi d’appello davanti alla Corte territoriale.
La Cassazione ha richiamato un pacifico indirizzo giurisprudenziale secondo cui, nel giudizio di legittimità, un ricorso è inammissibile se propone motivi che non erano stati devoluti al giudice d’appello. Su tali punti, infatti, la sentenza di primo grado acquista ‘efficacia di giudicato’, diventando definitiva e non più contestabile.
Le Motivazioni
Le motivazioni dell’ordinanza si fondano sulla necessità di rispettare la progressione dei gradi di giudizio. La Corte ha spiegato che il giudizio d’appello serve a riesaminare le statuizioni del primo grado sulla base delle specifiche critiche (i motivi) mosse dalle parti. Se una parte omette di contestare un punto della sentenza di primo grado, accetta implicitamente quella decisione, che si cristallizza e non può più essere messa in discussione in Cassazione.
In questo caso, non avendo il ricorrente contestato l’applicazione della recidiva in appello, ha perso il diritto di farlo successivamente. Il suo silenzio ha reso quel capo della sentenza definitivo. Pertanto, la Suprema Corte non ha potuto neanche entrare nel merito della questione, dovendosi limitare a dichiararne l’inammissibilità per una ragione puramente procedurale. La conseguenza diretta di questa dichiarazione è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, data l’assenza di elementi che potessero giustificare l’errore processuale.
Le Conclusioni
L’ordinanza ha importanti implicazioni pratiche per la difesa tecnica. Essa insegna che l’atto di appello deve essere redatto con la massima cura e completezza, analizzando ogni singolo aspetto della sentenza di primo grado che si intende contestare. Omettere un motivo significa rinunciare definitivamente a quella specifica doglianza. La decisione della Cassazione funge da monito: la strategia processuale deve essere definita in modo esauriente fin dal secondo grado, poiché le porte del giudizio di legittimità si chiudono per tutte le questioni non tempestivamente sollevate. In definitiva, una pianificazione difensiva attenta e lungimirante è essenziale per garantire la piena tutela dei diritti dell’imputato in ogni fase del processo.
Posso introdurre un nuovo motivo di ricorso per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione?
No. L’ordinanza chiarisce che un motivo di ricorso riguardante la sentenza di primo grado, se non è stato specificamente sollevato davanti alla Corte d’Appello, non può essere presentato per la prima volta in Cassazione. Su tali punti si forma l’efficacia del giudicato.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se non vi sono elementi per escludere la colpa nella causazione dell’inammissibilità, il ricorrente è condannato anche al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende (nel caso di specie, tremila euro).
Come viene calcolata la prescrizione in caso di recidiva reiterata?
In presenza di recidiva reiterata, il termine di prescrizione ordinario viene aumentato. Nel caso specifico, in applicazione degli articoli 99, quarto comma, e 157, secondo comma, del codice penale, il termine è stato calcolato in sette anni e sei mesi.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14518 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14518 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a VILLARICCA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/03/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
letti i motivi del ricorso;
considerato, in relazione al primo motivo, che, essendo stata applicata a COGNOME la recidiva reiterata, il termine prescrizionale ordinario è pari, ai sensi del combiNOME disposto degli artt. 99, quarto comma, e 157, secondo comma, cod. pen., a sette anni e sei mesi, periodo non interamente decorso tra le sentenze di primo e secondo grado;
che il secondo motivo è precluso, perché afferente a questione – la sussistenza delle condizioni per l’applicazione dell’aumento di pena a titolo di recidiva -che non risulta essere stata sollevata con i motivi di appello;
che pertinente si palesa, dunque, il richiamo al pacifico indirizzo ermeneutico secondo cui «Nel giudizio di legittimità, il ricorso proposto per motivi concernenti le statuizioni del giudice di primo grado che non siano state devolute al giudice d’appello, con specifico motivo d’impugnazione, è inammissibile, poiché la sentenza di primo grado, su tali punti, ha acquistato efficacia di giudicato» (Sez. 3, n. 2343 del 28/09/2018, dep. 2019, Di Fenza, Rv. 274346; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, COGNOME, Rv. 269745);
Che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22/02/2024.