I Motivi d’Appello: La Chiave per un Ricorso Ammissibile in Cassazione
Nel complesso iter della giustizia penale, ogni fase processuale ha regole precise che, se non rispettate, possono precludere la possibilità di far valere le proprie ragioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di questo principio, sottolineando l’importanza cruciale della corretta formulazione dei motivi d’appello. L’omissione di una specifica doglianza nel secondo grado di giudizio può infatti rendere il successivo ricorso in Cassazione inammissibile, chiudendo di fatto la porta a un riesame della questione.
Il Caso in Analisi: Un Ricorso per Tentata Rapina
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un uomo, condannato per il reato di tentata rapina. Giunto dinanzi alla Suprema Corte, il ricorrente lamentava la mancata riqualificazione giuridica della fattispecie di reato contestatagli. In altre parole, egli sosteneva che i fatti, così come accertati, non integrassero il delitto di tentata rapina, ma un reato differente e meno grave. Si trattava di una questione puramente giuridica, volta a ottenere un trattamento sanzionatorio più mite.
La Decisione della Cassazione: Inammissibilità per Nuovi Motivi d’Appello
Nonostante l’argomento fosse potenzialmente rilevante, la Corte di Cassazione non è nemmeno entrata nel merito della questione. La ragione è squisitamente processuale e si fonda su una regola cardine del nostro sistema di impugnazioni. I Giudici hanno infatti rilevato che la censura relativa alla mancata riqualificazione del reato non era mai stata sollevata nei motivi d’appello presentati dinanzi alla Corte d’Appello.
L’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale stabilisce chiaramente che tali vizi non possono essere dedotti per la prima volta in sede di legittimità se non sono stati oggetto dei motivi del precedente grado di giudizio. Questo principio, noto come ‘devoluzione’, impedisce che il giudizio di Cassazione si trasformi in un terzo grado di merito, limitandolo al controllo di legittimità sulle questioni già dibattute.
L’onere di Contestazione del Ricorrente
La Corte ha inoltre precisato un aspetto fondamentale: se il ricorrente avesse ritenuto che la sentenza d’appello avesse riportato in modo incompleto o errato i suoi motivi di gravame, avrebbe avuto l’onere di contestare specificamente tale riepilogo nel suo ricorso per Cassazione. Non avendolo fatto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Suprema Corte sono lineari e rigorose. Il principio di diritto applicato è quello secondo cui il giudizio di Cassazione non è una sede in cui si possono introdurre ‘a sorpresa’ nuove questioni legali. Il processo penale è strutturato per gradi, e ogni questione deve essere sollevata nella sede appropriata. Permettere l’introduzione di nuovi motivi in Cassazione minerebbe la certezza del diritto e la logica sequenza processuale. La Corte ha ritenuto che, non essendo stata la questione della riqualificazione del reato inclusa nei motivi d’appello, il ricorrente avesse di fatto rinunciato a farla valere. Di conseguenza, il ricorso non superava il vaglio preliminare di ammissibilità, senza alcuna possibilità di esaminarne il contenuto.
Le Conclusioni
L’ordinanza ha delle implicazioni pratiche molto importanti. Per gli avvocati, emerge la necessità di una redazione estremamente attenta e completa dell’atto di appello, che deve includere tutte le possibili doglianze, sia in fatto che in diritto, avverso la sentenza di primo grado. Omettere un motivo significa, nella maggior parte dei casi, perderlo per sempre. Per l’imputato, la conseguenza è drastica: il ricorso viene respinto per una ragione procedurale e la condanna diventa definitiva. Inoltre, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in tremila euro, a favore della Cassa delle ammende.
È possibile presentare un nuovo motivo di ricorso per la prima volta in Cassazione?
No, in base all’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, non è consentito presentare motivi di ricorso che non siano già stati dedotti nei motivi di appello al grado precedente, a pena di inammissibilità.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende. La sentenza impugnata diventa definitiva.
Qual era l’argomento principale del ricorrente e perché non è stato esaminato?
L’argomento era la mancata riqualificazione del reato di rapina nella sua forma tentata. Non è stato esaminato perché questa censura non era stata sollevata come motivo d’appello nel giudizio precedente, rendendo il ricorso inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 206 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 206 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 12/01/1996
avverso la sentenza del 03/07/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di RAGIONE_SOCIALE;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso che denuncia la mancata riqualificazione della fattispecie di rapina ascritta all’odierno ricorrente nella sua forma tentata, non è consentito in sede di legittimità perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda pag. 3), che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2024.