Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26151 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26151 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 28/05/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME NOME a ANZIO il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a ANZIO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/07/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, il quale ha chiesto rinvio della trattazione dei ricorsi all’esito del deposito della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte sul ricorso R.G. Cass. 78/2023, deciso all’udienza del 28 marzo 2024, ricorrente Calpitano. In subordine ha dedotto questione di legittimità costituzionale del combiNOME disposto degli artt. 129, comma 2, e 578 cod. proc. pen. – nella parte in cui consentono di applicare la regola del “al di là di ogni ragionevole dubbio” quando il giudizio prosegua in appello davanti al giudice penale dopo l’estinzione del reato per decisione sul risarcimento dei danni per violazione della presunzione di innocenza (con riferimento all’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6 CEDU), in virtù dell’irragionevolezza per
ingiustificata disparità di trattamento, a causa dell’eccessiva compressione dei diritti di difesa ex art. 24 Cost. e per il vulnus ai principi del giusto processo ex art. 111 Cost. In ulteriore subordine, ha concluso per l’annullamento del provvedimento impugNOME e per il rinvio al Giudice di merito competente;
udito per la parte civile l’AVV_NOTAIO il quale, per la richiesta di rinvio della trattazione, si è rimesso al giudizio della Corte; quanto alla dedotta questione di illegittimità costituzionale, ha chiesto che la stessa venga ritenuta manifestamente infondata; nel merito, ha concluso perché i ricorsi vengano dichiarati inammissibili o, in subordine, manifestamenti infondati. Ha depositato, inoltre, conclusioni scritte e nota spese;
udito, per il ricorrente COGNOME, l’AVV_NOTAIO che si è associato alle richieste del Sostituto Procuratore Generale e ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
udito, per la ricorrente COGNOME, l’AVV_NOTAIO, la quale si è associata, parimenti, alle richieste del Sostituto Procuratore Generale e ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
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RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza in epigrafe la Corte di Appello di Roma ha dichiarato non doversi procedere nei confronti degli imputati per intervenuta prescrizione, condannandoli al risarcimento del danno in favore delle parti civili, da liquidarsi separatamente.
Avverso la richiamata sentenza ha proposto, innanzi tutto, ricorso per cassazione NOME COGNOME, con il difensore di fiducia AVV_NOTAIO, affidandosi a tre motivi di impugnazione, di seguito ripercorsi nei limiti previsti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia travisamento del significato dell’art. 129 cod. proc. pen., con ribaltamento del principio costituzionale della presunzione di innocenza poiché, nonostante una pluralità di indizi idonei a corroborare ragionevoli dubbi sulla sua colpevolezza, la Corte territoriale non avrebbe adottato la formula decisoria più favorevole dell’assoluzione ex art. 530, comma 2, del medesimo codice.
2.2. Mediante il secondo motivo l’imputata assume erronea applicazione dell’art. 627 cod. proc. pen. e travisamento della prova atteso che la Corte di cassazione avrebbe inteso erroneamente alcune circostanze, tracimando dalla propria funzione nomofilattica, e la pronuncia impugnata non avrebbe superato i relativi dubbi interpretativi.
2.3. Con il terzo motivo la COGNOME lamenta che la sentenza della Corte d’Appello avrebbe pedissequamente ripreso le considerazioni della pronuncia caducatoria senza, tuttavia, farle proprie mediante una puntuale analisi e rivalutazione di tutti gli elementi emersi nell’ambito del giudizio.
Propone ricorso per cassazione anche l’imputato NOME COGNOME, con il difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, affidandosi ad un unico motivo con il quale denuncia insufficienza ed illogicità della motivazione sulla responsabilità civile dello stesso per inosservanza dell’art. 500, comma 2, cod. proc. pen. in relazione agli artt. 192 e 194 dello stesso codice rispetto alla testimonianza resa da NOME COGNOME.
A fondamento dell’articolata doglianza, il ricorrente assume che la decisione sarebbe fondata solo sull’apporto dichiarativo della teste, la cui attendibilità, tuttavia, non sarebbe stata adeguatamente vagliata specie alla luce delle plurime contraddizioni nelle quali la stessa era incorsa durante l’istruttoria e al livore personale nei propri confronti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.0ccorre premettere che entrambi gli imputati hanno conferito specifico mandato ad impugnare la sentenza di appello ed hanletto domicilio, in conformità alle disposizioni espresse dai commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581 cod. proc. pen.
2.Quanto alle richieste formulate all’udienza dal Sostituto Procuratore Generale, deve essere, innanzi tutto, disattesa quella di rinvio dell’udienza in attesa del deposito delle motivazioni della sentenza resa dalle Sezioni Unite sul ricorso R.G.N. Cass. 78/2023, deciso all’udienza del 28 marzo 2024.
Nella relativa informazione provvisoria, infatti, si legge che «In coerenza con i principi sanciti dall’art. 27 Cost., dall’art. 6 della Cedu e dagli artt. 48 e 53 del Carta di Nizza, il giudice può pronunciare l’assoluzione nel merito alla stregua dei principi enunciati da Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244273».
Anche solo dal tenore dell’informazione provvisoria, pertanto, si desume, stante il richiamo ai pertinenti principi costituzionali nonché al diritt convenzionale e dell’Unione europea, che le Sezioni Unite hanno affrontato e risolto nel senso della compatibilità la posizione espressa dalle Sezioni Unite “Tettamanti” e quella derivante dalla sentenza interpretativa n. 182 del 2021 della Corte Costituzionale. Decisione, quest’ultima, che ha, come noto, nel ritenere non fondati i prospettati dubbi di legittimità costituzionale dell’art. 578 cod. proc. pen. (rispetto al principio della presunzione di innocenza, nella misura in cui assume che, per «decid sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli effetti civili», egli debba accertare, seppur incidenter tantum, la responsabilità penale dell’imputato per il reato estinto per prescrizione e in relazione al quale è chiamato, invece, a pronunciare una sentenza di proscioglimento dall’accusa), ha sottolineato come la decisione all’uopo assunta ha riguardo, di contro, esclusivamente agli elementi costituivi dell’illecito civile.
Con riferimento, poi, alle questioni di legittimità costituzionale dedotte dal Sostituto Procuratore Generale all’udienza, le stesse si palesano prive della rilevanza, ossia della necessaria pregiudizialità rispetto alla decisione del ricorso, alla luce delle medesime considerazioni svolte nel corso della requisitoria orale, stante in particolare l’osservazione per la quale la motivazione della decisione impugnata sarebbe carente sia se trovasse applicazione la regola penalistica della condanna secondo il canone dell’al di là dell’ogni ragionevole dubbio che quella civilistica del c.d. più probabile che non.
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I ricorsi, che possono essere esaminati unitariamente, devono essere accolti.
La Corte d’appello di Roma, invero, è pervenuta all’affermazione della responsabilità, anche solo agli effetti civili, degli imputati – che erano stati assolt nel precedente grado di giudizio con conseguente onere, pur nel rispetto del “mandato” della pronuncia di annullamento della Prima Sezione Penale di questa Corte, di una motivazione “rafforzata” – attraverso una motivazione solo graficamente esistente.
La mera apparenza della motivazione si apprezza perché la decisione si limita semplicemente a richiamare le argomentazioni spese dalla Corte di cassazione con la decisione caducatoria, senza compiere alcuna valutazione autonoma sulle stesse ma, anzi, in alcune parentesi, mostrando di non condividere le relative statuizioni e di doversi semplicemente conformare alle relative indicazioni.
Stante l’assoluzione degli imputati nel giudizio di primo grado il vulnus argomentativo della decisione impugnata si palesa in tutta la sua gravità poiché nel caso di riforma della sentenza assolutoria o di condanna di primo grado, è richiesta una motivazione rafforzata (cfr. Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679 – 01).
La motivazione rafforzata si estrinseca, in particolare, nella compiuta indicazione delle ragioni per cui una determinata prova assume una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado, nonché in un apparato giustificativo che dia conto degli specifici passaggi logici relativi alla disamina degli istituti di diritto sostanziale processuale, in modo da conferire alla decisione una forza persuasiva superiore (tra le altre, Sez. 6, n. 51898 del 11/07/2019, Rv. 278056 – 01). E questa forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio deve sussistere anche ove il giudice d’appello debba pronunciarsi sulle sole statuizioni civili (cfr. Sez. 5, n. 54300 del 14/09/2017, Rv. 272082 – 01).
Né l’onere di motivazione, vieppiù rafforzata come quella che era imposta alla Corte d’appello di Roma, può considerarsi assolto perché è stata riesaminata la teste COGNOME.
Come noto, infatti, nel giudizio di appello l’obbligo di motivazione rafforzata, previsto in caso di riforma della sentenza assolutoria, è concorrente, e non alternativo, con quello di rinnovazione della prova dichiarativa ritenuta decisiva, sicché la sentenza di appello che ribalti la decisione assolutoria di primo grado, con condanna dell’imputato, postula tanto l’adozione di una motivazione rafforzata quanto la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale
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ai sensi dell’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 16131 del 20/12/2022, dep. 2023, Rv. 284493 – 03).
D’altre parte, le dichiarazioni della teste sono state semplicemente recepite dalla decisione impugnata che, quanto al precedente vaglio di inattendibilità della stessa teste COGNOME compiuto dalla pronuncia assolutoria di primo grado, non è andata realmente a confrontarsi con le relative argomentazioni, poiché, ancora una volta, ha semplicemente preso atto delle “critiche” compiute dalla sentenza di annullamento della Corte di cassazione.
In sostanza, la decisione impugnata ha decliNOME il proprio ruolo, quale giudice del rinvio, di compiere il vaglio demandato dalla Prima Sezione Penale di questa Corte nella pronuncia di rinvio per poter poi autonomamente decidere, nel rispetto della regola della motivazione rafforzata, se gli imputati potessero essere considerati responsabili dei fatti ascritti anche solo ai fini di una condanna agli effetti civili stante l’intervenuta prescrizione del reato.
In definitiva la sentenza impugnata deve essere annullata. Va disposto il rinvio al giudice civile competente in grado di appello, cui è rimessa anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità.
Così deciso in Roma il 28 maggio 2024
Il Consigliere Estensore