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Motivazione provvedimento: rigetto senza ragioni

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di un Giudice che aveva respinto la richiesta di colloqui di una persona detenuta con una semplice annotazione (‘si rigetta’). La sentenza sottolinea l’obbligo di fornire una motivazione per ogni provvedimento, specialmente se incide sulla libertà personale, affermando che la totale assenza di spiegazioni rende l’atto illegittimo. Questo caso ribadisce l’importanza della motivazione del provvedimento come garanzia fondamentale del sistema giudiziario.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione Provvedimento: La Cassazione Annulla il Rigetto di un’Istanza Privo di Spiegazioni

Un recente pronunciamento della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cardine del nostro ordinamento giuridico: l’obbligo della motivazione provvedimento. Ogni decisione giudiziaria, anche la più sintetica, deve essere supportata da ragioni comprensibili. Il caso in esame riguarda il rigetto, da parte di un Giudice, della richiesta di una persona detenuta di avere colloqui con i familiari, una decisione presa con una semplice annotazione manoscritta e senza alcuna spiegazione. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Una persona, sottoposta a custodia cautelare in carcere per ipotesi di reato legate agli stupefacenti, presentava un’istanza al Giudice per le Indagini Preliminari (GIP). La richiesta era volta a ottenere l’autorizzazione per effettuare colloqui telefonici, video e in presenza con i propri familiari, ad eccezione dei coimputati nello stesso procedimento.

Il GIP, tuttavia, respingeva l’istanza apponendo in calce al documento la laconica dicitura: ‘V°= si rigetta’ (Visto = si rigetta). Di fronte a un diniego così perentorio e totalmente privo di argomentazioni, la difesa della persona detenuta proponeva ricorso per Cassazione, lamentando un palese vizio di motivazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Ha annullato l’ordinanza del GIP e ha rinviato gli atti allo stesso ufficio giudiziario per un nuovo esame della richiesta. La Corte ha stabilito che la decisione impugnata, risolvendosi in una mera formula di stile, è del tutto priva di quella motivazione che la legge impone, anche in forma sintetica.

L’Obbligo di una Corretta Motivazione del Provvedimento

Il cuore della sentenza risiede nella riaffermazione dell’importanza della motivazione provvedimento. La Corte ha chiarito che i provvedimenti che incidono sulla libertà personale, come quelli relativi ai colloqui dei detenuti, sono immediatamente ricorribili in Cassazione proprio per garantire un controllo sulla loro legittimità. Tale controllo si basa, in primo luogo, sulla verifica delle ragioni che hanno portato il giudice a decidere in un certo modo.

La decisione del GIP, limitandosi a un ‘si rigetta’, ha eluso completamente questo obbligo. Non solo mancava qualsiasi riferimento alle ragioni del diniego, ma non vi era nemmeno traccia dell’acquisizione del necessario parere del Pubblico Ministero, passaggio procedurale richiesto dalla legge.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Cassazione si fondano su principi consolidati. In primo luogo, viene ribadito che la competenza a decidere sulle istanze di colloquio spetta al giudice che procede, il quale deve basare la sua decisione su un’attenta valutazione degli elementi a sua disposizione.

In secondo luogo, e questo è il punto cruciale, il giudice è tenuto a illustrare, seppur sinteticamente, le ragioni della sua scelta. Questa esigenza non è un mero formalismo, ma una garanzia fondamentale per il cittadino, che ha il diritto di comprendere l’iter logico-giuridico seguito dal giudice. Una locuzione come ‘si rigetta’ è una formula vuota, che non fornisce alcun elemento per comprendere perché la richiesta sia stata respinta e impedisce un efficace controllo sulla correttezza della decisione.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito sull’inderogabilità dell’obbligo di motivazione. Anche in fasi processuali dove la celerità è importante, il giudice non può abdicare al suo dovere di spiegare. L’assenza totale di motivazione equivale a una decisione arbitraria e, come tale, illegittima. Questa pronuncia rafforza le tutele per le persone sottoposte a misure restrittive della libertà, assicurando che ogni limitazione dei loro diritti sia sempre giustificata e verificabile, nel pieno rispetto dei principi costituzionali.

Un giudice può rigettare un’istanza di colloquio di un detenuto con la semplice dicitura ‘si rigetta’?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che una tale formula è totalmente priva di motivazione e, pertanto, rende il provvedimento illegittimo. Ogni decisione deve contenere, anche in forma sintetica, le ragioni sulle quali si fonda.

È possibile fare ricorso contro un provvedimento che nega i colloqui a una persona in custodia cautelare?
Sì. La sentenza conferma che i provvedimenti in materia di istanze di colloquio dei detenuti, poiché incidono sulla libertà personale, sono immediatamente ricorribili davanti alla Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 111 della Costituzione.

Il parere del Pubblico Ministero è necessario prima che il giudice decida su una richiesta di colloquio?
Sì. La Corte ha specificato che il giudice è tenuto ad acquisire il parere del pubblico ministero prima di decidere. Nel caso specifico, l’assenza di qualsiasi riferimento a tale parere ha contribuito a rendere il provvedimento del tutto immotivato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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