Motivazione per relationem: la Cassazione ne conferma la legittimità
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce importanti chiarimenti sulla motivazione per relationem, una tecnica redazionale spesso utilizzata dai giudici ma che può essere fonte di contestazione. Il caso in esame riguarda un ricorso presentato da un imprenditore contro una condanna per reati fiscali, ma la decisione si concentra su principi procedurali di ampia portata, definendo con precisione i confini entro cui tale motivazione è da considerarsi valida.
I Fatti del Caso
Un imprenditore, legale rappresentante di una società, veniva condannato in primo grado per il reato di cui all’art. 5 del D.Lgs. 74/2000 (omessa presentazione della dichiarazione). La Corte d’Appello confermava la sentenza, motivando la propria decisione per relationem, ovvero facendo ampio riferimento alle argomentazioni già esposte dal giudice di primo grado. L’imprenditore decideva quindi di ricorrere in Cassazione, lamentando proprio l’illegittimità di questa tecnica motivazionale e la mancata assunzione di una testimonianza a suo dire decisiva.
I Motivi del Ricorso e la valutazione della motivazione per relationem
Il ricorrente basava la sua difesa su due punti principali:
1. Difetto assoluto di motivazione: sosteneva che la Corte d’Appello si fosse limitata a richiamare la sentenza precedente senza svolgere un’autonoma valutazione critica, violando così il suo diritto a una decisione adeguatamente giustificata.
2. Omessa assunzione di una prova: lamentava la mancata audizione del titolare dello studio commercialista presso cui la società aveva la sede legale, ritenendola una testimonianza cruciale.
La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso, ha colto l’occasione per ribadire i principi, già affermati dalle Sezioni Unite, che governano la legittimità della motivazione per relationem. Ha chiarito che tale tecnica è ammissibile a patto che rispetti tre condizioni fondamentali:
1. Il riferimento deve essere fatto a un atto legittimo del procedimento la cui motivazione sia congrua.
2. Il giudice deve dimostrare di aver preso cognizione delle ragioni dell’atto richiamato, meditandole e ritenendole coerenti con la propria decisione.
3. L’atto di riferimento deve essere conosciuto o facilmente reperibile dalle parti.
Nel caso specifico, la Corte ha accertato che i giudici d’appello non si erano limitati a una passiva trascrizione, ma avevano riportato gli elementi essenziali emersi in primo grado, sottolineandone il valore probatorio e sottoponendoli a un “penetrante vaglio”.
Le Motivazioni
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato. La decisione si basa su un compendio probatorio definito “solido”, che dimostrava in modo inequivocabile la natura di “società cartiera” dell’ente rappresentato dal ricorrente. Gli elementi a sostegno di questa conclusione erano numerosi e schiaccianti: l’assenza di una sede operativa reale, l’irreperibilità dello stesso amministratore (trasferitosi all’estero), la mancanza di dipendenti, l’omessa tenuta delle scritture contabili e le risultanze delle indagini bancarie. Di fronte a un quadro così chiaro, la Corte ha ritenuto che la mancata audizione del testimone fosse irrilevante, in quanto il suo contributo non avrebbe potuto in alcun modo scalfire la solidità delle prove raccolte. La valutazione del giudice di merito sulla superfluità del teste è stata quindi confermata come logica e corretta. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria è stata la diretta conseguenza dell’inammissibilità del suo ricorso, non essendo stata ravvisata alcuna assenza di colpa nella sua proposizione.
Conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma della validità della motivazione per relationem nel processo penale, purché utilizzata in modo critico e non come una mera scorciatoia. La decisione sottolinea che, di fronte a un quadro probatorio solido e coerente, le impugnazioni basate su vizi puramente formali o su richieste istruttorie palesemente superflue sono destinate all’inammissibilità. Per i professionisti e i cittadini, ciò significa che l’efficacia di un ricorso non dipende da cavilli procedurali, ma dalla capacità di mettere in discussione il merito della ricostruzione fattuale operata dai giudici di grado inferiore con argomentazioni concrete e pertinenti.
Quando una motivazione per relationem è legittima?
Secondo la Corte, la motivazione per relationem è legittima quando: 1) fa riferimento a un atto del procedimento con motivazione congrua; 2) il giudice dimostra di aver preso visione, meditato e condiviso le ragioni dell’atto richiamato; 3) l’atto di riferimento è conosciuto o accessibile alle parti.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure erano infondate. La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta valida e la mancata assunzione di un testimone è stata giudicata corretta, data la superfluità della testimonianza di fronte a un compendio probatorio schiacciante che dimostrava la natura fittizia della società.
Quali elementi hanno provato che la società era una “cartiera”?
La natura di “società cartiera” è emersa da una serie di elementi convergenti: l’assenza di un luogo fisico dove veniva esercitata l’attività, la mancanza di sedi operative, l’irreperibilità dell’amministratore, l’assenza di dipendenti, l’omessa tenuta delle scritture contabili e delle comunicazioni fiscali, e la natura fittizia di alcune operazioni commerciali.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9533 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9533 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 08/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 31/07/1968
avverso la sentenza del 12/03/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
COGNOME NOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, di conferma della pronuncia di primo grado che ha condannato il ricorrente per il reato di cui all’art. 5 d. 74/2000, deducendo difetto assoluto di motivazione, avendo la Corte territoriale motivato per relationem, facendo richiamo alla pronuncia di primo grado e, con il secondo motivo, omessa assunzione della testimonianza di NOME COGNOME titolare dello studio commerciala presso cui la società di cui il ricorrente è rappresentante legale aveva la sede legale.
Le Sezioni unite hanno condivisibilmente affermato la legittimità della motivazione per relationem, a condizione che: 1) faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legit atto del procedimento, la cui motivazione risulti, come nel caso di specie, congrua rispett all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento ad quem; 2) fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione delle ragioni del provvedimento di riferimento e le ha meditat e ritenute coerenti con la sua decisione; 3) l’atto di riferimento, quando non venga allegato trascritto nel provvedimento, sia conosciuto o comunque ostensibile , quanto meno al momento in cui si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed eventualmen gravame (Sez. U. 21/06/2000, Primavera). Nel caso di specie, la Corte d’appello, lungi dall’effettuare una acritica trascrizione, totale o parziale, del testo della motivazione sentenza di primo grado, ha riportato le risultanze degli accertamenti esperiti in primo grad considerate essenziali dalla Corte territoriale, ai fini del proprio convincimento, sottolineand la significazione dimostrativa, sottoponendole ad un penetrante vaglio ed evidenziando come la natura di cartiera della società di cui è legale rappresentante il ricorrente è emersa innanzitu a causa dell’assenza di un luogo dove veniva esercitata l’attività e per l’assenza di sedi operativ essendo irrilevante la visura, che costituisce un elemento solo formale, nonché l’irreperibilità ricorrente, trasferitosi all’estero dopo aver ritirato la documentazione contabile societa l’assenza di dipendenti, l’omessa tenuta delle scritture contabili e di qualunque comunicazione fiscale, le indagini bancarie, la natura fittizia delle lettere d’intenti relative ad acquisti p di imposta del 2013. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In relazione alla seconda doglianza, il giudice a quo, con motivazione congrua ed esente da visi logico-giuridici, ha ritento di confermare la valutazione del primo giudice in ordi superfluità dell’esame del teste, a fronte di un così solido compendio probatorio.
Rilevato che, stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pe non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. Sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorsee condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 08/11/2024
Il consigliere estensore
Il Presidente