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Motivazione inconferente: Cassazione annulla ordinanza

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del Tribunale di Trapani a causa di una motivazione inconferente. Un condannato aveva chiesto il riconoscimento della continuazione tra due sentenze per reati gravi, ma il giudice dell’esecuzione ha rigettato l’istanza basando la sua decisione su un reato diverso (furto) e su norme non pertinenti alla richiesta. La Suprema Corte ha ritenuto tale vizio insanabile, rinviando il caso per un nuovo esame.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Errore Giudiziario: Quando la Motivazione è Inconferente la Cassazione Annulla

Nel sistema giuridico, ogni decisione di un giudice deve essere supportata da una motivazione chiara, logica e, soprattutto, pertinente. Ma cosa accade quando un giudice emette un provvedimento basandosi su argomenti completamente slegati dalla richiesta che gli è stata presentata? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 31162 del 2024, offre una risposta netta: il provvedimento è nullo. Questo caso evidenzia l’importanza cruciale di una motivazione inconferente come vizio insanabile di un atto giudiziario.

I Fatti del Caso: Una Richiesta Precisa

La vicenda ha origine dalla richiesta di un condannato, presentata al Tribunale in funzione di giudice dell’esecuzione. L’uomo, già giudicato con due sentenze separate per reati gravi commessi a breve distanza di tempo – tra cui rapina, detenzione e porto illegale di armi, lesioni e resistenza – chiedeva il riconoscimento del vincolo della ‘continuazione’. In pratica, sosteneva che tutti i reati fossero stati commessi in esecuzione di un unico disegno criminoso e, pertanto, chiedeva che la pena venisse ricalcolata in modo più favorevole, come previsto dall’articolo 671 del codice di procedura penale.

La Decisione del Tribunale: Un Errore Palese

Il giudice dell’esecuzione, anziché valutare l’esistenza o meno del medesimo disegno criminoso tra i reati di rapina e porto d’armi indicati nell’istanza, ha emesso un’ordinanza del tutto spiazzante. La motivazione del rigetto si basava su due punti completamente estranei alla richiesta:
1. In primo luogo, il giudice ha argomentato su un’altra istanza, relativa all’applicazione dei limiti di pena previsti dall’articolo 78 del codice penale.
2. In secondo luogo, e in modo ancora più grave, ha rigettato la richiesta di continuazione facendo riferimento a un reato di furto, definendone la condotta ‘estemporanea’, peccato che tale reato non fosse oggetto di nessuna delle sentenze per cui era stato chiesto il beneficio.

In sostanza, il giudice ha risposto a una domanda che nessuno gli aveva posto, ignorando completamente quella effettiva.

L’Intervento della Cassazione e la Motivazione Inconferente

Di fronte a un’ordinanza così palesemente viziata, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione. La Suprema Corte non ha potuto fare altro che accogliere il ricorso, definendo la motivazione del Tribunale ‘del tutto inconferente’. La decisione della Cassazione si fonda su un principio cardine del diritto processuale: il giudice ha il dovere di rispondere nel merito della domanda che gli viene sottoposta (‘petitum’). Fornire una risposta su argomenti diversi equivale a un’omissione di pronuncia e a un vizio logico insanabile.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha stabilito che la sussistenza di un vizio così grave impone l’annullamento dell’ordinanza. La motivazione inconferente non è un semplice errore materiale, ma un difetto strutturale che mina alla base la validità stessa del provvedimento. Quando le ragioni addotte dal giudice non hanno alcuna connessione logica con l’oggetto del contendere, la decisione è priva del suo fondamento giustificativo essenziale. Il giudice non ha semplicemente sbagliato nel valutare le prove; ha ignorato il tema della decisione, rendendo il suo provvedimento arbitrario. Per questo motivo, la Cassazione ha annullato l’ordinanza e ha disposto il rinvio degli atti allo stesso Tribunale, ma in diversa composizione, affinché proceda a un nuovo esame che, questa volta, affronti realmente la richiesta del condannato.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale per la tutela dei diritti: ogni cittadino ha diritto non solo a una risposta dalla giustizia, ma a una risposta pertinente e logicamente argomentata. Un provvedimento con una motivazione inconferente è un ‘non-provvedimento’, un atto che viola il dovere del giudice di rendere conto delle proprie decisioni in modo trasparente e coerente. La decisione della Cassazione funge da importante monito, garantendo che gli errori procedurali di tale gravità non passino inosservati e che ogni istanza venga esaminata per quello che è, e non per quello che il giudice erroneamente crede che sia.

Cosa succede se un giudice rigetta una richiesta con una motivazione completamente irrilevante?
Secondo la Corte di Cassazione, un’ordinanza con una motivazione del tutto inconferente deve essere annullata. Il caso viene quindi rinviato al giudice di grado inferiore affinché emetta una nuova decisione, questa volta pertinente alla richiesta presentata.

Che cos’è l’istituto della ‘continuazione’ tra reati?
È un meccanismo giuridico previsto dal codice penale che permette di considerare più reati, commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, come un’unica violazione di legge. Ciò comporta l’applicazione di una pena più mite rispetto alla somma aritmetica delle pene previste per ogni singolo reato.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto la motivazione ‘inconferente’ in questo specifico caso?
Perché il giudice dell’esecuzione, invece di pronunciarsi sulla richiesta di continuazione tra reati di rapina e porto d’armi, ha basato il suo rigetto su un diverso reato (il furto) che non era oggetto della domanda, e su argomentazioni relative a un’altra norma (l’art. 78 c.p.) non invocata dalla difesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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