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Motivazione apparente: quando un ricorso è infondato?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi contro un’ordinanza di arresti domiciliari per turbativa d’asta e corruzione. Gli imputati denunciavano una motivazione apparente, sostenendo che il giudice avesse meramente copiato le argomentazioni di un precedente provvedimento. La Corte chiarisce che una motivazione conforme, che aderisce a precedenti decisioni, non è una motivazione apparente e che il ricorso per saltum non può essere usato per contestazioni di merito.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione Apparente: La Cassazione Chiarisce i Limiti del Ricorso per Saltum

Nel complesso panorama della procedura penale, la motivazione apparente rappresenta un vizio grave che può inficiare un provvedimento giudiziario. Si tratta di una motivazione che, pur esistendo sulla carta, è di fatto vuota di contenuto. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti su questo tema, delineando i confini tra una motivazione legittimamente conforme a decisioni precedenti e una motivazione meramente apparente, nel contesto di un ricorso per saltum contro una misura cautelare.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un’ordinanza cautelare che disponeva gli arresti domiciliari per due soggetti, indagati per reati di concorso in turbativa d’asta continuata e, per uno di essi, anche di corruzione, in relazione ad alcuni appalti pubblici. Inizialmente, la misura era stata emessa dal G.I.P. del Tribunale di Salerno. Successivamente, a seguito di una sentenza di incompetenza territoriale, il caso veniva trasferito al Tribunale di Vallo della Lucania, il cui G.I.P. rinnovava la misura cautelare ai sensi dell’art. 27 del codice di procedura penale.

Contro questa nuova ordinanza, gli indagati proponevano ricorso diretto in Cassazione (il cosiddetto ricorso per saltum), lamentando principalmente due vizi.

L’accusa di Motivazione Apparente e le altre censure

I ricorrenti hanno basato la loro difesa su due motivi principali:

1. Motivazione Apparente: Sostenevano che il nuovo giudice si fosse limitato a riproporre le stesse argomentazioni già utilizzate dal giudice di Salerno, senza condurre una valutazione autonoma e senza considerare gli elementi sopravvenuti nel frattempo. A loro dire, questa adesione acritica rendeva la motivazione solo apparente e, quindi, illegittima.
2. Violazione di Legge sulle Esigenze Cautelari: Contestavano la sussistenza delle esigenze cautelari, sia per quanto riguarda il pericolo di inquinamento probatorio sia per il rischio di reiterazione del reato. Affermavano che il giudice avesse erroneamente esteso ad essi un pericolo di inquinamento probatorio individuato a carico di un altro coindagato e non avesse tenuto conto della loro dismissione dalle cariche societarie che ricoprivano, fatto che avrebbe dovuto far venir meno il rischio di recidiva.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, fornendo un’analisi precisa dei limiti del ricorso per saltum e della nozione di motivazione apparente.

Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte ha stabilito che, sebbene formalmente presentato come violazione di legge, in realtà celava una censura di merito sulla valutazione dei fatti. Il ricorso per saltum, previsto dall’art. 311, comma 2, c.p.p., è consentito solo per violazioni di legge e non per contestare la logicità o la coerenza della motivazione. Poiché il giudice di merito aveva fornito un’ampia e argomentata motivazione sulle esigenze cautelari, ogni ulteriore critica si traduceva in una contestazione di merito, non ammissibile in quella sede.

Le Motivazioni della Sentenza

Il punto cruciale della sentenza risiede nell’analisi del primo motivo di ricorso. La Corte ha riconosciuto che la denuncia di una motivazione omessa o apparente rientra nel concetto di violazione di legge, rendendo il motivo astrattamente ammissibile. Tuttavia, lo ha ritenuto manifestamente infondato nel merito.

I giudici supremi hanno chiarito un principio fondamentale: una motivazione non diventa “apparente” solo perché aderisce completamente alle considerazioni svolte in una precedente decisione, anche se resa da un giudice diverso. Il fatto che il G.I.P. di Vallo della Lucania abbia condiviso in toto le argomentazioni del G.I.P. di Salerno non dà luogo a una motivazione apparente, bensì a una motivazione conforme.

Una motivazione è apparente quando è talmente generica da non essere riferibile al caso specifico, o quando si basa su formule di stile vuote, o ancora quando è palesemente illogica. Non è questo il caso di un giudice che, dopo aver esaminato gli atti, decide di fare proprie le conclusioni e le ragioni già espresse da un altro magistrato, ritenendole complete ed esaurienti. Tale scelta costituisce comunque l’esito di un processo valutativo autonomo.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce la natura eccezionale del ricorso per saltum, uno strumento che non può essere utilizzato per ottenere una terza valutazione del merito della vicenda cautelare. Soprattutto, offre un’importante lezione sulla differenza tra una motivazione carente e una motivazione che, pur sintetica o conforme a precedenti, esprime comunque una scelta decisionale ponderata. Per contestare la validità di un provvedimento non è sufficiente lamentare che il giudice abbia condiviso le ragioni di un altro; è necessario dimostrare che quella condivisione sia stata talmente acritica e superficiale da tradursi in una vera e propria assenza di giustificazione.

Quando una motivazione può essere definita ‘apparente’?
Una motivazione è ‘apparente’ quando, pur essendo formalmente presente, è talmente generica, contraddittoria, illogica o basata su mere formule di stile da non permettere di comprendere l’iter logico-giuridico seguito dal giudice, equivalendo di fatto a un’assenza di motivazione.

È possibile impugnare direttamente in Cassazione un’ordinanza cautelare per contestare la valutazione delle prove?
No, il ricorso per saltum contro un’ordinanza che impone una misura cautelare personale è consentito solo per dedurre la violazione di legge, come previsto dall’art. 311, comma 2, del codice di procedura penale. Non può essere utilizzato per contestare vizi di merito, come la manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione sulla valutazione dei fatti.

Se un giudice rinnova una misura cautelare condividendo pienamente le ragioni di un precedente giudice, la sua motivazione è valida?
Sì, secondo la sentenza in esame, il fatto che un giudice condivida ‘in toto’ le considerazioni di un precedente provvedimento non rende la sua motivazione ‘apparente’, ma semplicemente ‘conforme’. Questa scelta è legittima in quanto rappresenta comunque l’esito di un processo valutativo autonomo, a meno che non si dimostri che l’adesione sia stata acritica e superficiale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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