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Motivazione apparente: Cassazione annulla confisca

La Corte di Cassazione ha annullato un decreto di confisca per motivazione apparente. La corte d’appello aveva confermato la misura basandosi su calcoli di sproporzione reddituale già superati e rivisti in un precedente grado di giudizio, ignorando la revoca della confisca di una società chiave. La Suprema Corte ha ritenuto la motivazione del tutto carente e priva dei requisiti minimi di coerenza, rinviando il caso per un nuovo esame.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione Apparente: Quando il Giudice Deve Riscrivere la Sentenza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 12740/2024) ha riaffermato un principio cruciale nel diritto processuale penale: un provvedimento giudiziario, specialmente se incide su diritti patrimoniali, deve essere sorretto da un’argomentazione logica e coerente. In caso contrario, si ricade nel vizio di motivazione apparente, che ne determina l’annullamento. Questo caso offre un esempio lampante di come la riproposizione di argomenti già superati o la mancata considerazione di elementi decisivi possa invalidare una decisione.

I fatti del caso: una confisca basata su calcoli superati

Il caso trae origine da un decreto di confisca emesso nell’ambito di un procedimento di prevenzione. La Corte di Appello, in qualità di giudice del rinvio, aveva confermato la misura patrimoniale a carico di diversi soggetti e società. Tuttavia, i ricorrenti hanno presentato ricorso in Cassazione lamentando un vizio fondamentale nel ragionamento della corte territoriale. In particolare, la difesa ha evidenziato come la valutazione sulla sproporzione reddituale, elemento chiave per giustificare la confisca, si basasse su un prospetto di calcolo ormai obsoleto. Tale prospetto era stato utilizzato in origine dal tribunale, ma era stato completamente rivisto e superato in un precedente giudizio di appello, durante il quale era stata addirittura revocata la confisca di una delle società coinvolte. La Corte di Appello, nel suo nuovo giudizio, aveva ignorato questo sviluppo, fondando la sua decisione su presupposti non più validi.

La decisione della Cassazione sulla motivazione apparente

La Suprema Corte ha accolto i ricorsi, giudicandoli fondati. Il cuore della decisione risiede nella censura della motivazione apparente del provvedimento impugnato. I giudici di legittimità hanno sottolineato che, in materia di misure di prevenzione, il ricorso in Cassazione è ammesso solo per violazione di legge. Tale violazione include anche i casi di mancanza totale di motivazione o di motivazione puramente apparente, ovvero quella che non consente di ricostruire l’iter logico seguito dal giudice.

Nel caso specifico, la corte territoriale si era limitata a riproporre un’analisi economica basata su dati che erano stati già smentiti e superati nel corso dello stesso procedimento. Non aveva tenuto conto della revoca della confisca di un’importante società, un fatto che avrebbe dovuto necessariamente incidere sulla valutazione complessiva della sproporzione patrimoniale del soggetto principale. Questo comportamento ha reso la motivazione del tutto carente e priva dei requisiti minimi di coerenza e logicità.

Il secondo motivo di ricorso e il vizio di motivazione

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla posizione di un altro soggetto e all’acquisto di un compendio immobiliare, è stato ritenuto fondato. La Corte di Appello aveva considerato una società venditrice come un mero “schermo” del proposto, senza considerare che un precedente decreto della stessa corte aveva già riconosciuto la legittima disponibilità di quella società in capo ad altri soggetti, restituendo loro i beni. Anche in questo frangente, la decisione impugnata si basava su una motivazione apparente, ignorando elementi cruciali già acclarati in sede giudiziaria.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha ribadito che una motivazione non può essere considerata valida se si limita a ripetere un percorso logico già censurato o se ignora elementi decisivi emersi in fasi precedenti del giudizio. Il giudice del rinvio ha il dovere di attenersi al dictum della Cassazione e di riesaminare i fatti alla luce dei principi di diritto enunciati, colmando le lacune motivazionali evidenziate. Riproporre acriticamente una valutazione superata significa violare l’obbligo di fornire una motivazione effettiva e non meramente formale. La decisione della Corte di Appello è stata quindi giudicata come un’argomentazione vuota, che non rispondeva alle critiche sollevate né teneva conto dell’evoluzione processuale del caso. Questo ha comportato una violazione di legge che ha reso inevitabile l’annullamento.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza ha annullato il decreto di confisca e ha rinviato il caso alla Corte di Appello di Messina per un nuovo giudizio. Il nuovo giudice dovrà riconsiderare l’intera vicenda, tenendo conto dei punti sollevati dalla Cassazione: dovrà effettuare una nuova valutazione della sproporzione reddituale basata su dati aggiornati e coerenti con le precedenti decisioni, e dovrà motivare in modo completo e logico ogni sua conclusione. Questa pronuncia rafforza la garanzia fondamentale che ogni provvedimento che limita i diritti dei cittadini, soprattutto quelli patrimoniali, debba essere fondato su un ragionamento trasparente, completo e immune da palesi vizi logici.

Cosa si intende per ‘motivazione apparente’ in un provvedimento giudiziario?
Per ‘motivazione apparente’ si intende una motivazione che esiste solo formalmente ma è priva dei requisiti minimi di coerenza e logicità, tanto da risultare inesistente. Nel caso di specie, la corte d’appello ha utilizzato calcoli e presupposti già superati da una precedente decisione, rendendo il suo ragionamento solo apparente.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato il decreto di confisca?
La Corte ha annullato il decreto perché la motivazione della corte d’appello era viziata. Essa non teneva conto del fatto che la confisca di una società chiave era già stata revocata in un precedente giudizio, e basava la sua analisi su un prospetto di calcolo obsoleto. Ciò ha reso la motivazione del tutto carente e illogica.

Un giudice del rinvio può ignorare le decisioni prese in fasi precedenti dello stesso processo?
No. Come chiarito dalla sentenza, il giudice del rinvio deve tenere conto dell’intera evoluzione processuale, incluse le decisioni già passate in giudicato o comunque definitive su specifici punti. Ignorare tali elementi, come la revoca di una confisca, costituisce un vizio di motivazione che può portare all’annullamento della sua decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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