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Motivazione apparente: annullato rigetto di restituzione

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del Tribunale di Napoli che aveva rigettato una richiesta di restituzione nel termine per impugnare una sentenza di condanna. La decisione della Cassazione si fonda sul fatto che il provvedimento impugnato presentava una motivazione apparente, ovvero una giustificazione talmente generica e incomprensibile da equivalere a una totale assenza di motivazione, non spiegando perché l’istanza fosse stata considerata tardiva.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione Apparente: La Cassazione Annulla il Rigetto della Restituzione in Termini

Il principio secondo cui ogni provvedimento del giudice deve essere motivato è un cardine del nostro sistema giuridico. Ma cosa succede quando una motivazione esiste solo sulla carta, ma è incomprensibile o illogica? In questi casi si parla di motivazione apparente, un vizio grave che può portare all’annullamento della decisione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 864/2024) offre un chiaro esempio di come tale vizio possa inficiare un’ordinanza, in particolare nel contesto di una richiesta di restituzione nel termine per impugnare.

I Fatti del Caso

Una signora veniva condannata in contumacia per un reato edilizio. Ella veniva a conoscenza dell’esistenza di tale sentenza a suo carico solo molti anni dopo, nel giugno 2014, quando, a seguito della notifica di un ordine di demolizione, veniva autorizzata a consultare il fascicolo processuale.

Appresa la notizia, la signora presentava, il 1° luglio 2014, un’istanza al Tribunale per essere ‘restituita nel termine’, ovvero per ottenere la possibilità di impugnare quella sentenza di condanna di cui non aveva mai avuto notizia.

Sorprendentemente, il Tribunale di Napoli, con un’ordinanza del marzo 2023, rigettava la richiesta, sostenendo che non fosse stato rispettato il termine previsto dalla legge. Tuttavia, l’ordinanza non forniva alcuna spiegazione sul perché l’istanza, presentata a inizio luglio dopo aver appreso della sentenza a giugno, fosse considerata tardiva. Di fronte a questo provvedimento, la signora ricorreva in Cassazione, lamentando proprio la totale assenza di una motivazione comprensibile.

La Decisione della Corte e la Censura della Motivazione Apparente

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza del Tribunale di Napoli. Il motivo centrale della decisione risiede proprio nella natura del provvedimento impugnato, la cui motivazione è stata definita ‘apparente, incomprensibile e, dunque, inesistente’.

La Suprema Corte ha sottolineato due errori fondamentali commessi dal giudice dell’esecuzione:

1. Omessa Verifica Preliminare: Prima ancora di valutare la tempestività della richiesta di restituzione nel termine, il giudice avrebbe dovuto verificare se il ‘titolo esecutivo’ (cioè la sentenza di condanna) si fosse regolarmente formato. Ciò implica controllare se l’estratto della sentenza contumaciale fosse stato correttamente notificato all’imputata. Questa verifica è cruciale perché, se la notifica non è mai avvenuta o è avvenuta in modo irregolare, il problema non è la restituzione nel termine, ma la validità stessa del titolo che si vuole eseguire.
2. Motivazione Inesistente sulla Tardività: Anche superando il primo punto e ammettendo che il titolo fosse valido, il Tribunale ha respinto l’istanza come tardiva senza spendere una sola parola per spiegare il suo ragionamento. Non ha chiarito perché una richiesta depositata il 1° luglio 2014 dovesse considerarsi presentata oltre i trenta giorni dalla conoscenza del provvedimento, che la ricorrente aveva collocato nel giugno dello stesso anno. Questa mancanza rende impossibile comprendere l’iter logico seguito dal giudice, trasformando la motivazione in una mera formula di stile priva di contenuto.

Le Motivazioni

La Cassazione ha chiarito che il vizio di motivazione, quando questa è meramente apparente, è talmente grave da essere censurabile ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) del codice di procedura penale. Una motivazione è ‘apparente’ quando, pur essendo graficamente presente, non permette di comprendere le ragioni della decisione perché si basa su affermazioni generiche, tautologiche o palesemente illogiche.

Nel caso specifico, affermare che l’istanza è tardiva senza collegare questa affermazione ai fatti specifici (data della conoscenza, data del deposito) e senza confutare quanto allegato dalla parte, equivale a non motivare affatto. Il giudice dell’esecuzione, secondo la Corte, non può limitarsi a una pronuncia laconica, ma deve rendere conto del proprio percorso decisionale, permettendo così un controllo sulla correttezza del suo operato. L’ordinanza impugnata, essendo ‘ictu oculi’ (a colpo d’occhio) incomprensibile, è stata giustamente annullata con rinvio al Tribunale di Napoli per un nuovo esame che tenga conto dei principi enunciati.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale dello stato di diritto: la giustizia non è solo decidere, ma anche spiegare perché si decide in un certo modo. Una motivazione chiara, logica e completa è una garanzia per il cittadino e un requisito essenziale di validità di qualsiasi provvedimento giurisdizionale. Una motivazione apparente, al contrario, è un ‘non-atto’ giuridico che non può che essere rimosso dall’ordinamento. La decisione della Corte rappresenta un importante monito per i giudici di merito a non trascurare l’obbligo di fornire motivazioni effettive e comprensibili, specialmente quando si tratta di negare diritti e tutele processuali.

Che cos’è una motivazione apparente secondo la Corte di Cassazione?
È una motivazione che, pur essendo formalmente presente nel testo del provvedimento, risulta talmente incomprensibile, generica o illogica da non far capire il percorso logico seguito dal giudice per arrivare alla decisione. Di fatto, equivale a un’assenza totale di motivazione.

Per quale motivo è stata annullata l’ordinanza del Tribunale?
L’ordinanza è stata annullata perché ha respinto una richiesta di restituzione nel termine definendola ‘tardiva’ senza fornire alcuna spiegazione o argomento a supporto di tale conclusione. Questa mancanza di argomentazione ha reso la sua motivazione meramente apparente e, quindi, il provvedimento invalido.

Cosa avrebbe dovuto fare il giudice prima di decidere sulla richiesta?
Secondo la Corte, il giudice avrebbe dovuto, in via preliminare, verificare se la sentenza di condanna si fosse perfezionata correttamente con la regolare notifica dell’estratto contumaciale all’imputata. Solo dopo aver accertato la corretta formazione del titolo esecutivo, avrebbe potuto esaminare nel merito la tempestività della richiesta di restituzione nel termine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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