Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 7022 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 7022 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: TRIPICCIONE DEBORA
Data Udienza: 16/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Foligno il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza emessa il 7 settembre 202:3 dal Tribunale di Caltanissetta visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore, AVV_NOTAIO, che ha depositato certificato di morte del
ricorrente e concluso per l’annullamento dell’ordinanza.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Caltanissetta ha confermato l’ordinanza con la quale è stata applicata a NOME COGNOME la misura degli arresti
domiciliari per i reati di false informazioni al pubblico ministero (capi d ed e) con l’aggravante prevista all’art. 384-ter, comma primo, cod. pen.
Secondo l’imputazione provvisoria, i due episodi criminosi sarebbero stati commessi nell’ambito COGNOME indagini relative alla cd. pista eversiva sulla strage di Capaci e, in particolare, in merito agli approfondimenti investigativi sulle dichiarazioni rese da NOME COGNOME sui rapporti tra NOME COGNOME ed esponenti di “RAGIONE_SOCIALE” e sulla presenza del primo in Sicilia in epoca coeva alla strage.
Al COGNOME (difensore di COGNOME in numerosi procedimenti) si contesta, in un caso, di avere concordato con NOME COGNOME (fratello della dichiarante e collaboratore del COGNOME per un ventennio) una falsa versione da rendere agli inquirenti, negando le seguenti circostanze: di essere stato in Siclia con COGNOME e di essersi recato a Ragusa con questo; che sua sorella avesse rapporti di conoscenza con COGNOME; di avere avuto aicun ruolo nel progetto politico COGNOME “RAGIONE_SOCIALE“.
Nel secondo episodio di cui al capo e), al COGNOME si contesta di avere suggerito a NOME COGNOME, moglie di COGNOME, di omettere di riferire di essere a conoscenza della presenza del marito in Sicilia tra il 1992 ed il 1993.
Propone ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME deducendo tre motivi.
Con i primi due motivi che, in quanto tra loro logicamente connessi, possono essere esposti congiuntamente, deduce i vizi di violazione di legge e di motivazione in merito al giudizio di gravità degli indizi di colpevolezza. In primo luogo, evidenzia l’errore della motivazione che, nella formulazione del giudizio di gravità indiziaria, ha omesso di valutare gli elementi di segno contrario rappresentati dal ricorrente ovvero: i rapporti e le interferenze del giornalista NOME COGNOME e della trasmissione Report; l’indagine relativa ai cd. “Sistemi Criminali”; la differenza sostanziale e cronologica tra il “Leghismo” del COGNOME e quello riferibile alla RAGIONE_SOCIALE; il dato cronologico in cui si sono verificate le condotte e «l’eterogenesi COGNOME cause che le hanno determinate»; l’inattendibilità COGNOME fonti confidenziali NOME COGNOME e NOME COGNOME e della nota cd. “Cavallo”; il tenore letterale COGNOME captazioni; l’uso riservato al COGNOME dell’appunto sottoscritto da NOME COGNOME.
Si afferma, inoltre, che il Tribunale ha erroneamente ommesso di valutare l’inoffensività della condotta del ricorrente – considerando, invece, che questa non potesse essere scrinninata – a seguito della concreta condotta tenuta dal NOME che,
disattendendo le pregresse intese con il ricorrente, ha progressivamente rivelato il suo intero bagaglio conoscitivo. Sostiene, infatti, il ricorrente che il Tribunale avrebbe dovuto rilevare l’assenza di un danno o di un pericolo per la genuinità COGNOME indagini, ciò a secondo della categoria in cui si voglia inquadrare il reato in contestazione.
Si rileva, inoltre, che, nel corso COGNOME indagini in questione, è stato proprio i giornalista della trasmissione Report (NOME COGNOME) a contattare NOME COGNOME, mandando poi in onda l’intervista il 23 maggio 2022.
Le due conversazioni intercettate (in data 23 e 30 maggio 2022) ed usate quali elementi a carico del ricorrente sono avvenute proprio nel periodo intercorso tra la messa in onda COGNOME due puntate della citata trasmissione televisiva (la seconda puntata fu infatti trasmessa il 30 maggio).
Rileva, inoltre, il ricorrente che: il procedimento nel quale lo stesso è stato indagato, unitamente a COGNOME, COGNOME e COGNOME, denominato “Sistemi Criminali”, e volto ad accertare l’esistenza di un progetto secessionista per il tramite COGNOME “RAGIONE_SOCIALE“, è stato archiviato con decreto del 21/3/2001; il ricorrente non ha mai partecipato ai viaggi di COGNOME in Sicilia tra il 1991 ed il 1992 il cui fine, co risulta anche dalla nota DIA del 6/6/22 era di promuovere la RAGIONE_SOCIALE.
2.2 Con il terzo motivo di ricorso deduce il vizio di violazione ed errata applicazione dell’art. 274, lett. a e c, cod. proc. pen.
Quanto al pericolo di inquinamento probatorio, il ricorrente ribadisce che l’appunto rinvenuto presso il suo studio, – contenente le dichiarazioni sottoscritte da NOME COGNOME, aveva l’unico fine di supportare il suo ricordo dei fatti. Il Tribunale ha, invece, ritenuto esistenti le esigenze cautelari sulla base di mere suggestioni, quale quella che il NOME avesse certamente una copia per sé di detto appunto. Si rileva anche l’omessa considerazione dei seguenti elementi: a) che fu il COGNOME a contattare il ricorrente, in quanto incalzato dal giornalista COGNOME; b) che fu sempre il COGNOME a ritornare dal ricorrente in data 24/5/23 e, solo in tale circostanza, il ricorrente lo interpellò in merito a quanto dichiarato al giornalista e sul portato COGNOME dichiarazioni rese dalla sorella.
Quanto alla condotta relativa alla COGNOME, si rileva che i contatti con la donna sono stati solo due, si collocano in un ampio lasso temporale (maggio 2022 – gennaio 2023) e sono avvenuti in occasione della messa in onda della puntata di “Report” ed a commento dei fatti ivi narrati. Si aggiunge, inoltre, che solo in occasione della seconda telefonata del 2/1/2023 il ricorrente ha appreso della convocazione della COGNOME da parte della Procura di Caltanissetta.
Si assume, infine, che la sussistenza del pericolo in questione non può essere desunto dal ruolo svolto dal ricorrente, quale datore di lavoro di NOME e difensore di COGNOME.
Nel corpo del motivo si censura anche la motivazione relativa alla sussistenza del pericolo di reiterazione del reato. In particolare, si pone l’accento sul carattere episodico ed occasionale COGNOME condotte ascritte al ricorrente, sulla genesi e sulle ragioni COGNOME stesse, nonché sul tempo trascorso dai fatti senza ulteriori interferenze nelle indagini da parte del ricorrente, quali fattori idonei ad escludere la concretezza ed attualità di tale pericolo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere dichiarato improcedibile in considerazione del sopravvenuto decesso del ricorrente.
Ritiene, infatti, il Collegio che, analogamente a quanto già affermato dalle Sezioni Unite in tema procedimento incidentale in materia di misure cautelari reali (Sez. U, n. 30 del 25/10/2000, Poggi Longostrevi, Rv. 21.7245), poiché la morte dell’indagato determina il venir meno di uno dei soggetti del rapporto processuale sottostante al procedimento incidentale, in tale ipotesi – contrariamente a quanto invocato dal difensore, resta interdetta qualsiasi pronuncia della Corte di cassazione sui motivi dell’impugnazione, presupponendo la relativa decisione l’esistenza del soggetto che ha proposto il gravame, del quale pertanto deve essere dichiarata l’improcedibilità.
Va, infatti, considerato che, analogamente a quanto già affermato dalle Sezioni Unite in tema di misure cautelari reali (Sez. U, n. 30 del 2000, cit.), in tale ipotesi la Corte di cassazione non può dichiarare l’inefficacia della misura. Invero, con riferimento alle misure cautelari personali, l’art. 300, comma 1., cod. proc. pen. prevede che le misure disposte in relazione ad un determinato fatto perdono immediatamente efficacia quando, per tale fatto e nei confronti della medesima persona, è disposta l’archiviazione ovvero è pronunciata sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento. La morte del reo, determinando l’estinzione del reato, costituisce certamente una COGNOME cause che possono determinare l’archiviazione (cfr. art. 411 cod. proc. pen.) o il proscioglimento dell’imputato ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. (cfr. art. 69 cod. proc. pen.), ma, ove questa si verifichi nella pendenza del ricorso per cassazione avverso la decisione del Tribunale in materia di misure cautelari personali, l’accertamento di tale causa estintiva esorbita dal perimetro di
cognizione demandato alla Corte di cassazione, dovendo la relativa declaratoria essere pronunciata dal giudice del procedimento principale.
Alla luce COGNOME considerazioni sopra esposte, va dunque affermato il seguente principio: “In tema di misure cautelari personali, qualora in pendenza del ricorso per cassazione sopraggiunga la morte del ricorrente, il ricorso per cassazione deve essere dichiarato improcedibile, spettando solo al giudice del procedimento principale l’accertamento della causa di estinzione del reato e l’emissione del conseguente provvedimento, a secondo della fase processuale, di archiviazione o ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.”.
P.Q.M.
Dichiara improcedibile il ricorso per sopravvenuta morte del ricorrente. Così deciso il 16 gennaio 2024
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Pr sidente