Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2352 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2352 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/09/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOMECODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/04/2023 del TRIB. LIBERTA’ di TRIESTE
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME
udito il difensore
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 23 novembre 2022, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Trieste disponeva l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di NOME, ritenendo sussistenti a suo carico, in presenza di esigenze cautelari, gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di immigrazione clandestina. In particolare, l’indagato era stato arrestato in flagranza di reato perché, da un controllo successivo a inseguimento della vettura in cui si trovava come passeggero anteriore, era risultato che in concorso con altri trasportava dei soggetti stranieri clandestini.
Il difensore di NOME proponeva istanza di riesame che veniva dichiarata inammissibile dal Tribunale di Trieste con ordinanza del 13 dicembre 2022, per rinuncia.
Con ordinanza del 7 aprile 2023, il Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Trieste disponeva la sostituzione della misura della custodia in carcere con quella del divieto di dimora nella Regione Friuli Venezia Giulia, riconoscendo un affievolimento delle esigenze cautelari, in considerazione della fissazione dell’udienza preliminare, dell’atteggiamento dell’imputato durante l’interrogatorio e del tempo già trascorso in carcere (5 mesi). 2
Avverso tale ordinanza il Pubblico Ministero proponeva appello, denunciando l’assenza di qualsiasi elemento di novità che giustificasse una modifica del trattamento cautelare e criticando la scelta della misura aAVV_NOTAIOata, atteso il possibile reimpiego dell’indagato nelle attività di ingresso di clandestin nel territorio dello Stato.
Con ordinanza del 27 aprile 2023, il Tribunale di Trieste accoglieva l’appello del Pubblico Ministero e, in riforma della precedente ordinanza, sostituiva la misura cautelare del divieto di dimora con quella della custodia in carcere.
La difesa di NOME ha proposto ricorso per cassazione, con atto articolato in due motivi.
6.1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce la mancanza e/o la contraddittorietà della motivazione del provvedimento impugnato, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen.
In particolare, la difesa lamenta il giudizio di neutralità formulato dal giudice del riesame rispetto all’avvenuta fissazione dell’udienza preliminare. Il ricorrente afferma che il Tribunale non ha tenuto conto che il giudice dell’udienza preliminare si riferiva alla conclusione delle indagini preliminari, da cui sarebbe emersa l’assenza di un legame specifico e stabile tra l’imputato e un’organizzazione finalizzata all’ingresso di clandestini nel territorio dello Stato, e non alla mer fissazione del giorno dell’udienza preliminare, dato da ritenersi certamente neutro.
6.2. Con il secondo motivo di ricorso, la difesa lamenta violazione ed erronea applicazione dell’art. 299 cod. proc. pen. Il Tribunale avrebbe ripristinato la misura cautelare più afflittiva per l’assenza di elementi nuovi, senza tener conto che l’art. 299, comma 1, cod. proc. pen., non si riferisce esclusivamente a fatti sopravvenuti. Peraltro, l’ordinanza di revoca della misura cautelare, ponendosi quale nuovo ed attuale giudizio di sussistenza delle condizioni di applicabilità della misura cautelare, ben può contenere un diverso giudizio su elementi preesistenti, come, nel caso in esame, l’interrogatorio dell’indagato, ancorché precedente al primo provvedimento cautelare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
1.1. La giurisprudenza di legittimità ha affermato che ricorre il vizio di motivazione manifestamente illogica nel caso in cui vi sia una frattura logica evidente tra una premessa, o più premesse nel caso di sillogismo, e le conseguenze che se ne traggono; ricorre il vizio di motivazione contraddittoria quando non siano conciliabili tra loro le considerazioni logico-giuridiche in ordine ad uno stesso fatto o ad un complesso di fatti o vi sia disarmonia tra la parte motiva e la parte dispositiva della sentenza, ovvero nella stessa si manifestino dubbi che non consentano di determinare quale delle due o più ipotesi formulate dal giudice – conducenti ad esiti diversi – siano state poste a base del suo convincimento (Sez. 5, n. 19318, del 20/01/2021, Rv. 281105 – 01). È stato chiarito, inoltre, che sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decision impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli aAVV_NOTAIOati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5465, del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601 – 01).
1.2. Nel caso concreto ora in esame, le doglianze risultano inammissibili applicazione dei suddetti principi, poiché viene contestato in realtà il co giudizio reso dal Tribunale sulla sostituzione della misura cautelare, attra l’indicazione di ulteriori elementi di fatto che, per la difesa, condurrebbero diversa conclusione della lettura degli atti processuali, così come effettuata i di riesame. Occorre evidenziare come il Tribunale, dopo aver correttament sottolineato l’assenza di nuovi elementi idonei ad alterare il quadro proces esistente e che potessero giustificare un miglioramento della misura cautelare aAVV_NOTAIOata, ha disposto, coerentemente, il sostanziale ripristino della custo carcere, senza incorrere in argomentazioni illogiche o contraddittorie.
Gli ulteriori elementi individuati dalla difesa imporrebbero una rilet dell’intero compendio investigativo, con la formulazione di valutazioni sul f precluse, in realtà, in sede di giudizio di legittimità, ove la motivazi provvedimento può essere censurata, sotto la veste del vizio de contraddittorietà, unicamente laddove si ravvisi una discrasia argomentati nell’iter logico giuridico che abbia conAVV_NOTAIOo il giudice ad una determinaz incoerente.
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato, quind inammissibile.
2.1. La giurisprudenza di legittimità ha affermato, in tema di appello cont provvedimenti in materia di misure cautelari, che nel caso in cui l’impugnazi del pubblico ministero riguardi la scelta della misura coercitiva applicata l’ordinanza genetica in relazione al grado delle esigenze cautelari, la cogni del giudice di appello comprende anche l’attualità di tali esigenze e l’integral criteri di scelta della misura individuati dall’art. 275 cod. proc. pen., i proporzionalità, da valutarsi «indagato per indagato» in rapporto alle incolpaz provvisorie. (Sez. 3, n. 36778, del 08/07/2021; Rv. 282386 – 01).
2.2. Nel caso ora in esame, il Tribunale si è pronunciato sull’impugnazio proposta dal pubblico ministero avverso il citato provvedimento di modifica del misura cautelare originariamente disposta. Il Tribunale ha deciso senza incorr in alcuna violazione di legge ma, fornendo adeguata motivazione circa le ragio per le quali non ha condiviso il provvedimento del giudice cautelare che ave modificato la misura originariamente applicata, ha disposto conseguentemente i ripristino della situazione antecedente, cioè la custodia cautelare in carcere
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e, pert il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e versamento della somma indicata nel seguente dispositivo alla Cassa del
ammende, non essendo dato escludere – alla stregua del principio di diritto affermato da Corte cost. n. 186 del 2000 – la ricorrenza dell’ipotesi della colpa nella proposizione dell’impugnazione.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore alla Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, 6 settembre 2023.