Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 45012 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 45012 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
R.G.N. 34159/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato in Romania il 16/09/1986
avverso l’ordinanza del 13/09/2024 del Tribunale di Bologna udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
ricorso trattato in forma cartolare ai sensi dell’art. 611, comma 1bis , cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Bologna, in funzione di giudice del riesame, con ordinanza del 13/09/2024, respingeva l’appello proposto avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di Parma del 08/08/2024, che aveva rigettato l’istanza di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari, avanzata nell’interesse di NOME COGNOME.
L’imputato, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione, affidandolo ad un unico articolato motivo con cui deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in punto di esigenze cautelari. Evidenzia che la motivazione dell’ordinanza impugnata risulta del tutto carente, atteso che non ha tenuto in considerazione l’efficacia deterrente della custodia cautelare patita, anche in considerazione dello stato di incensuratezza del ricorrente, della circostanza per cui la condotta criminosa si Ł sviluppata nell’arco di soli tre mesi e del leale comportamento serbato sin dalle prime fasi delle indagini; che, nonostante la difesa avesse valorizzato ben due elementi di novità nell’istanza di revoca (il venire meno delle esigenze probatorie e le dichiarazioni etero ed autoaccusatorie rese dallo COGNOME), il Tribunale del riesame ha rilevato l’assenza di elementi di novità posti a sostegno dell’istanza avanzata ai sensi dell’art. 299 cod. proc. pen.; che erroneamente nell’ordinanza gravata si afferma che non potrà aver luogo l’applicazione di una pena inferiore ai tre anni di reclusione, tenuto conto del dissenso del pubblico ministero alla richiesta di applicazione
della pena su richiesta, atteso che emerge dagli atti l’insussistenza dell’ipotesi delittuosa di cui all’art. 648 cod. pen.; che, infine, risulta del tutto illogica la motivazione nella parte in cui i giudici del riesame affermano che la misura custodiale meno afflittiva sarebbe inadeguata in considerazione del fatto che andrebbe eseguita proprio nel luogo in cui l’odierno imputato ha posto in essere l’attività di clonazione delle tessere carburante, atteso che la strumentazione atta alla clonazione delle predette tessere Ł stata sequestrata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile per essere manifestamente l’unico motivo cui Ł affidato.
1.1. Giova premettere che la giurisprudenza di legittimità Ł ormai consolidata nel ritenere che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame, in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza e – per quel che qui interessa – all’esistenza ed al grado dei pericula libertatis , consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio cautelare ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828 – 01) e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01).
In altri termini, la ricostruzione del fatto e le questioni relative all’intensità delle esigenze cautelari sono rilevabili in cassazione soltanto se si traducono nella violazione di specifiche norme di legge o nella manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato, con la conseguenza che il controllo di legittimità non concerne nØ la ricostruzione dei fatti, nØ l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori: sono, dunque, inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito, atteso che trattasi di censure non riconducibili alle tipologie di vizi della motivazione tassativamente indicate dalla legge (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884 – 01; Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME, Rv. 265244 – 01; Sez. 7, ord. n. 12406 del 19/02/2015, MiccichŁ, Rv. 262948 – 01; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400 – 01).
Dunque, nel momento del controllo della motivazione, non si deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, nØ si deve condividerne la giustificazione, dovendosi, invece, limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento: ciò in quanto l’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. non consente alla Corte una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perchØ Ł estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260 – 01; Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074 – 01).
1.2. Fermo quanto precede, ritiene il Collegio che le circostanze di fatto prospettate dal ricorrente siano state adeguatamente valutate dal Tribunale con motivazione congrua e immune da vizi logici. In particolare, il provvedimento impugnato ha valorizzato innanzitutto la personalità fortemente trasgressiva dello COGNOME – desunta dalla reiterazione della condotta criminosa, posta in essere con modalità articolate e spregiudicate – ritenendo che non offrisse garanzie in ordine al rispetto delle prescrizioni connesse alla misura meno afflittiva; ha, inoltre, evidenziato che il tempo di sottoposizione alla misura cautelare, ritenuto ancora del tutto proporzionato alla gravità dei fatti, di
per sØ non assume specifico rilievo, in assenza di ulteriori elementi che depongano nel senso dell’attenuazione delle enucleate esigenze cautelari, risultando il presidio in atto anche proporzionato alla pena che potrà essere irrogata all’esito del giudizio, avendo altresì considerato il mancato consenso del pubblico ministero alla richiesta di applicazione della pena avanzata dal difensore.
Del resto, i due elementi di novità evidenziati dalla difesa (costituiti dalla richiesta di giudizio immediato avanzata dal pubblico ministero, che ha cristallizzato gli elementi di prova a carico dell’imputato e dalle ammissioni dello stesso, con l’indicazione del luogo ove custodiva il materiale per la clonazione delle tessere) non sono stati ignorati (il provvedimento impugnato, invero, alle pagine 2 e 4 dà atto delle ammissioni dello COGNOME e dell’emissione del decreto di giudizio immediato), ma ritenuti recessivi (in particolare il disvelamento del luogo in cui deteneva la strumentazione tecnica) rispetto a tutti gli altri elementi negativi sopra sintetizzati; senza tacere che le dichiarazioni confessorie – Ł stato osservato – hanno riguardato fatti già compiutamente accertati.
In conclusione, la trama motivazionale del provvedimento impugnato non presenta vizi riconducibili alla manifesta illogicità ed Ł coerente con i principi di diritto che governano la materia. Le censure, dunque, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito, di talchŁ non sono consentite in questa sede, in quanto non riconducibili alle tipologie di vizi della motivazione tassativamente indicate dalla legge.
All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 28/11/2024
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME