Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21314 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21314 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME n. Apiro (Mc) 21/05/1968 avverso l’ordinanza n. 1667/24 del Tribunale di Palermo 28/11/2024
letti gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME sentito il pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso t
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Palermo ha parzialmente rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME, imputato e condannato in secondo grado alla pena di quindici anni e due mesi di reclusione in ordine a vari delitti, tra cui quello di cui all’art. 416-bis cod. pen., avverso il provvedimento con cui la Corte di appello gli aveva applicato, per scadenza del termine massimo di carcerazione preventiva ed ai sensi dell’art. 307, comma 1, cod. proc. pen., in via cumulativa le misure di cui all’art. 282 (obbligo di presentazione periodica alla P.G.) e 283, commi 3 e 4, cod. proc. pen. (divieto di dimora in Sicilia), revocando solo le prescrizioni accessorie a detta ultima misura, ritenute con la stessa incompatibili in quanto previste con riferimento esclusivo all’obbligo di dimora.
Avverso la parte dell’ordinanza confermativa della legittimità delle misure ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, formulando il seguente motivo di censura.
Violazione ed erronea applicazione dell’art. 307, comma 1, in relazione all’art. 303 cod. proc. pen. e manifesta illogicità della motivazione sul punto.
Il Tribunale ha disatteso la tesi difensiva secondo cui.quando le diverse misure ( non siano applicate contestualmente al provvedimento di estinzione della precedente e più grave misura custodiale, vi sarebbe necessità per il giudice di motivare la decisione valorizzando nuove esigenze, diverse da quelle già indicate nel provvedimento cautelare originario, sopravvenute alla scarcerazione, nonostante il conforto di un orientamento giurisprudenziale di legittimità (Sez. 2, n. 15598/2013 e Sez. 1, n. 3035/2005; Sez. 6 n. 15736/2003; Sez. 1 n. 4238/1997) tutt’altro che minoritario rispetto a quello seguito dal Tribunale (Sez. 2 n. 2089//2002 e Sez. 3 n. 16053/2019) e che ha, infine, trovato riscontro in una decisione delle Sezioni Unite (n. 44060/2024) / per quanto formalmente pronunciatasi su diversa questione.
Il Tribunale ha, inoltre, ammesso che nel caso dell’imputato ricorrente, scarcerato per decorrenza termini, l’eventuale trasgressione delle prescrizioni impostegli non potrebbe avere effetti, nel senso che non potrebbe essere rispristinata la misura della custodia in carcere, individuando, tuttavia, degli effetti e dunque ( delle ragioni in rapporto alla valutazione della sua condotta ( processuale ai fini di determinazione pena ed in fase esecutiva.
Trattasi, tuttavia, di considerazioni non coerenti con le finalità delle misure cautelari, di qualsiasi tipo, che non sono certo quelle di fungere da termometro a fini sanzionatori o addirittura di percorso rieducativo, della personalità del
soggetto cautelato, quanto unicamente di soddisfare eventuali esigenze di cui all’art. 274 cod. proc. pen., al cui esclusivo fine se ne possono valutare eventuali violazioni delle prescrizioni alle stesse inerenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
2. Il tema posto dal ricorso è se nell’applicare le “altre misure” di cui all’art. 307, comma 1, cod. proc. pen. debbano o meno ricorrere “nuove esigenze, diverse da quelle già indicate nel provvedimento cautelare originario” a fronte di un dato normativo che recita che le altre misure nei confronti dell’imputato scarcerato per decorrenza termini vengono disposte “solo se sussistono le ragioni che avevano determinato la custodia cautelare”.
L’obiettiva ambiguità della lettera della legge ha determinato il formarsi nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità di contrastanti orientamenti interpretativi.
Stando ad un primo orientamento, l’inciso contenuto nel primo comma dell’art. 307 cod. proc. pen., che consente l’adozione di misure sostitutive ‘solo se sussistono le ragioni che avevano determinato la custodia cautelare’, va interpretato nel senso di ricomprendere tanto l’ipotesi di permanenza di tutte, alcune, o una sola delle esigenze originarie, quanto quella di sopravvenienza di nuove esigenze, intervenute alla stessa data della scarcerazione o anche in epoca successiva (Sez. 3, n. 16053 del 26/02/2019, COGNOME NOME, Rv. 275398; Sez. 6, n. 26458 del 12/03/2014, COGNOME, Rv. 259975).
In senso opposto è stato, invece, affermato che in caso di scarcerazione dell’imputato per decorso dei termini di durata massima della custodia cautelare, è legittima l’adozione, con un successivo provvedimento, di misure sostitutive non custodiali a condizione che sussistano nuove e comprovate esigenze cautelari, diverse da quelle originarie, sopravvenute successivamente alla scarcerazione. (Sez. 2, n. 15598 del 22/03/2013, COGNOME, Rv. 255787; conf. Sez. 1, n. 3035 del 10/01/2005, COGNOME, Rv. 230907; Sez. 6, n. 15736 del 06/03/2003, COGNOME, Rv. 225441)
Come elemento di novità di tale panorama si è proposta Sez. U, n. 44060 del 11/07/2024, COGNOME, Rv. 287319 che, per quanto specificamente incentrata sul tema dell’individuazione del mezzo per impugnare la misura cautelare adottata ai
sensi dell’art. 300, comma 5, cod. proc. pen. (alternativa tra riesame ed appello cautelare), in uno specifico passaggio (pag. 28), espressamente dedicato,
peraltro, proprio alla misura adottata ai sensi dell’art. 307, comma 1, ritenuta impugnabile mediante riesame e non con appello, in quanto fondata su nuovi
elementi, ha affermato che la verifica da condurre ai fini dell’adozione della misura “non può consistere, pertanto, nel semplice richiamo dell’accertamento
originario, ma deve dar conto delle ragioni per le quali si ritiene che sussistano nuove e comprovate esigenze cautelari, diverse da quelle originarie,
sopravvenute alla scarcerazione” richiamando a sua volta i precedenti conformi sopra ricordati.
3. Tanto premesso, rileva il Collegio che
/ sebbene la citata pronuncia delle
Sezioni Unite non costituisca propriamente ostacolo di natura formale ai sensi dell’art. 618, comma
1-bis cod. proc. pen., in quanto adottata su un tema
formalmente diverso rispetto a quello in esame, è per altro verso innegabile che l’affermazione ivi contenuta non rappresenta solo un
obiter dictum, essendo
affidata ad una sezione espressamente dedicata al tema dell’odierno ricorso, rappresentando come tale una sintesi della riflessione ermeneutica che la Corte di cassazione, nel suo più alto consesso, ha su questo tema condotto e da cui non vi è ragionevole motivo per discostarsi.
In conformità alla suddetta pronuncia, deve, pertanto, affermarsi che ai fini dell’applicazione delle altre misure di cui all’art. 307, comma 1, cod. proc. pen. debbono ricorrere nuove esigenze, diverse da quelle già indicate nel provvedimento cautelare originario, la cui eventuale sussistenza va nel caso di specie espressamente scrutinata, risultando per contro insufficiente la ritenuta persistenza delle originarie esigenze cautelari, come affermato dal Tribunale nell’ordinanza impugnata (pag. 3).
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Palermo competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
Così deciso ,48 aprile 2025