Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7464 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 7464 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALMI il 05/07/1980
avverso l’ordinanza del 01/10/2024 del TRIBUNALE di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
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RITENUTO IN FATTO
GLYPH Con ordinanza del 1° ottobre 2024, il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria rigettava l’appello presentato nell’interesse di COGNOME Domenico avverso l’ordinanza emessa dalla Corte di appello di Reggio Calabria, con la quale era stata rigettata la sua richiesta volta alla declaratoria di inefficacia della misura cautelare, ai sensi dell’art. 297 cod. proc. pen.
1.1 Avverso la predetta ordinanza ricorre per cassazione il difensore di COGNOME, lamentando la violazione dell’art. 297 cod. proc. pen., in combinato disposto con l’art. 125 cod. proc. pen. per avere il tribunale escluso la desumibilità dagli atti: i fatti contenuti nell’ordinanza successiva, relativi al procedimento “Handover”, erano noti all’ufficio inquirente al momento in cui era stata emessa l’ordinanza di custodia cautelare, nonché al momento della richiesta di rinvio a giudizio, come emergeva dalla lettura sinottica delle due informative a cui si faceva esplicito riferimento nel corpo della primigenia istanza formulata ex rt. 297 cod. proc. penò; sul punto, la motivazione del Tribunale era illogica, visto che il materiale conoscitivo del Pubblico ministero, in entrambi i procedimenti, era avvenuto nello stesso momento e nel medesimo contesto.
Nemmeno appariva congruente e logica la motivazione contenuta a pag.16 della ordinanza impugnata in cui si giustificava l’operato del Pubblico ministero sostenendo che la contestazione del secondo procedimento aveva ad oggetto la cosca COGNOME e non quella COGNOME, visto che la copiosa informativa di reato del procedimento “RAGIONE_SOCIALE” riguardava tutt’e due le cosche; la motivazione era contraddittoria anche nella parte in cui si riteneva decisiva la circostanza che la scheda di identificazione di COGNOME era stata depositata in Procura successivamente all’emissione della misura cautelare del procedimento “RAGIONE_SOCIALE“, ciò dimostrando che, a prescindere dalla acquisizione della scheda personale, si aveva già contezza dei soggetti coinvolti, così integrando la cd. conoscibilità in concreto.
Relativamente al profilo della connessione, premesso che costituisce orientamento consolidato quello per cui in tema di misure cautelari, la continuazione tra reato associativo mafioso e reati fine aggravati dalla finalità mafiosa, rilevante ai sensi dell’art. 297 cod. proc. pen. si configura quando i reati fine sono stati già programmati, quanto meno nelle linee essenziali, sin dal momento della costituzione del sodalizio criminoso, il difensore osserva che si era omesso di valutare il rilievo afferente al summit tenutosi in un fondo agricolo di Bellocco e successivamente in un casolare di Martorano Natale, avente ad
oggetto una trattativa legata al traffico di stupefacenti, che si inseriva in un contesto storico-giudiziario che consentiva di ritenere come ben prima del 2017, nel programma criminale della cosca COGNOME, della quale faceva parte COGNOME NOME, quest’ultimo, in quanto figlio di NOME, si occupava di estorsioni; la connessione ai fatti estorsivi appariva ancora di più al foglio 14 dell’informativa, da cui emergeva che la cosca COGNOME, la cui esistenza era stata accertata sino al 31.3.2005, si era ricompattata a seguito di un provvedimento (concessione della misura dell’affidamento) per effetto del quale COGNOME NOME aveva ottenuto quegli spazi che gli avrebbero consentito di rivolgere particolare interesse ad una catena di supermercati e ad un’impresa di disinfestazione, nonché al controllo economico nel territorio di Rosarno, fornendo, nel caso di specie, un ruolo di rilievo a COGNOME NOME che, in luogo del padre, avrebbe dovuto curare gli interessi economici nel territorio, completando e proseguendo l’attività delle estorsioni con l’alleanza alla cosca COGNOME ; peraltro, la stessa intimidazione perpetrata ai danni di COGNOME NOME, fatto verificatosi il 31 gennaio 2018, veniva ulteriormente ripercorsa come un ulteriore spaccato estorsivo, laddove le tyz) famiglie COGNOME e COGNOME aveva posto un atto intimidatorio ai danni del predetto; gli elementi indicato consentivano di ricusare la valutazione della Corte di appello e del Tribunale del Riesame circa la idoneità del (non breve) lasso temporale a smentire la sussistenza della connessione tra i fatti contestati; il Tribunale aveva omesso di valutare l’elemento di connessione ideologica tra l’operazione “RAGIONE_SOCIALE” e l’operazione “RAGIONE_SOCIALE“, che si traeva anche dalla informativa della operazione “RAGIONE_SOCIALE“.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
1.1 Premesso che il ricorrente non ha indicato in alcun modo quando sarebbero scaduti i termini della prima ordinanza, con conseguente genericità del ricorso, si deve ribadire che la retrodatazione della decorrenza del termine di durata massima della misura cautelare è dovuta in tutti i casi in cui, pur potendo i diversi provvedimenti coercitivi essere adottati in un unico contesto temporale, per qualsiasi causa l’autorità giudiziaria abbia invece prescelto momenti diversi per l’adozione delle singole ordinanze; il giudice deve, perciò, verificare se al momento dell’emissione della prima ordinanza cautelare non fossero desumibili, dagli atti a disposizione, gli elementi per emettere la successiva ordinanza cautelare, da intendersi – come sottolineato dai Giudici delle leggi – come
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“elementi idonei e sufficienti per adottare” il provvedimento cronologicamente posteriore.
Infatti, ai fini dell’applicazione dell’istituto processuale in esame la condizione di conoscenza tratta da un determinato compendio documentale o dichiarativo va intesa in termini di pregnanza processuale la quale si verifica quando il pubblico ministero procedente si trovi nella effettiva condizione di servirsi di un quadro indiziario connotato da gravità sufficientemente compiuto ed esauriente (ancorché modificabile in fieri nel prosieguo delle indagini), tale da consentirgli di esprimere un meditato apprezzamento prognostico della concludenza e gravità delle fonti indiziarie (art.273 cod. proc. pen.), suscettibili di dare luogo – i presenza di concrete esigenze cautelari (art.274 cod. proc. pen.) – alla richiesta ed all’adozione di una (nuova) misura cautelare.
Nel caso in esame, il motivo di ricorso propone una diversa valutazione degli elementi fattuali valutati dal Tribunale del riesame: in particolare, il Tribunale ha osservato: quanto alla desumibilità, che era necessario esaminare le schede personali degli indagati (pervenute in data successiva alla data della emissione della prima ordinanza di custodia cautelare) per accertare il ruolo svolto da ognuno e valutare gli elementi in base ai quali si era giunti alla identificazione del ricorrente(pagg.13,14); che nei due procedimenti erano state contestate ipotesi di reato variegate e fatti molto diversi (pagg.15-17); sul punto, si è evidenziato che “la nozione di anteriore “desumibilità” dagli atti inerenti alla prima ordinanza cautelare delle fonti indiziarie poste a fondamento dell’ordinanza cautelare successiva consiste non nella mera conoscibilità storica di determinate evenienze fattuali, ma nella condizione di conoscenza derivata da un determinato compendio documentale o dichiarativo che consenta al pubblico ministero di esprimere un meditato apprezzamento prognostico della concludenza e gravità degli indizi, suscettibile di dare luogo, in presenza di concrete esigenze cautelari, alla richiesta e alla adozione di una nuova misura cautelare. (v. Sez. 3 n. 48034 del 25/10/2019, COGNOME, Rv. 277351 – 02).
Quanto alla connessione, il Tribunale ha rilevato che il reato associativo era contestato a partire dal 2010 mentre l’estorsione oggetto della seconda ordinanza era del 2017 (pag.9); che era stato sostenuto in modo del tutto generico che le estorsioni fossero state programmate sin dalla costituzione del sodalizio (pag. 11); che il ruolo ricoperto dal ricorrente nel sodalizio descritto all’interno dell’ordinanza cautelare emessa nel procedimento “Magma” era relativo non all’ambito estorsivo, ma alla gestione del traffico di droga per la consorteria.
Le considerazioni del Tribunale hanno anche correttamente applicato il principio secondo il quale in tema di misure cautelari la continuazione tra reato associativo mafioso e reati fine, aggravati dalla finalità mafiosa, rilevante, ai sensi dell’art. 297 cod. proc. pen., ai fini della retrodatazione del “dies a quo” della custodia cautelare, si configura solo quando i reati fine sono stati già programmati, quanto meno nelle loro linee essenziali, sin dal momento della costituzione del sodalizio criminoso (Sez. 5, n. 49224 del 06/06/2017, Rv. 271477).
Peraltro, si deve rilevare che, come risulta dall’ordinanza impugnata, era già stata proposta analoga questione su una precedente ordinanza della Corte di appello che aveva respinto l’istanza, ordinanza confermata da questa Corte con sentenza n.21640 dell’8 maggio 2024; si deve anche osservare che le censure del ricoro, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, per cui sono inammissibili nella presente sede.
Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3.000,00
Non conseguendo dall’adozione del presente provvedimento la rimessione in libertà dell’indagato, deve provvedersi ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 19/12/2024