Misure Alternative: Perché l’Assenza di Negatività non Basta
Le misure alternative alla detenzione rappresentano un pilastro fondamentale del sistema penale, mirando al reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, la loro concessione non è automatica e segue criteri rigorosi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale: per accedere a benefici come l’affidamento in prova o la semilibertà, non è sufficiente dimostrare l’assenza di elementi negativi, ma è indispensabile la presenza di elementi positivi concreti che fondino un giudizio prognostico favorevole.
I Fatti del Caso
Il caso analizzato riguarda il ricorso presentato da un condannato avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Napoli. Quest’ultimo aveva respinto la sua richiesta di essere ammesso alle misure alternative dell’affidamento in prova al servizio sociale e della semilibertà. Il ricorrente ha contestato tale decisione, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo la validità delle proprie argomentazioni per ottenere un modo alternativo di espiare la pena.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo i giudici di legittimità, le motivazioni addotte dal ricorrente erano prive di fondamento giuridico e non evidenziavano alcuna manifesta illogicità o contraddittorietà nella decisione del Tribunale di Sorveglianza. Di conseguenza, la Corte ha confermato il rigetto della richiesta e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Il Giudizio Prognostico per le Misure Alternative
Il cuore della decisione risiede nella corretta interpretazione dei requisiti per la concessione delle misure alternative. La Corte di Cassazione, richiamando un suo precedente orientamento (Cass. Pen. n. 31420/2015), ha chiarito in modo inequivocabile che:
1. Non basta l’assenza di negatività: Per ammettere un condannato a espiare la pena in una forma alternativa, non è sufficiente la semplice mancanza di indicazioni negative (es. assenza di violazioni precedenti, buona condotta generica).
2. È necessaria la presenza di positività: Occorre, invece, la presenza di elementi positivi concreti. Questi elementi devono consentire al giudice di formulare un giudizio prognostico favorevole, ovvero una previsione ragionevole che il percorso alternativo avrà un buon esito e che il pericolo di recidiva sarà contenuto.
Nel caso specifico, la disponibilità di un’attività lavorativa o risocializzante è stata considerata un “coelemento” di valutazione, importante ma non decisivo di per sé. La Corte ha ritenuto non illogico che il Tribunale di Sorveglianza avesse inserito nel suo ragionamento anche la mancata indicazione di un domicilio idoneo da parte del condannato. La combinazione di questi fattori ha portato a un giudizio prognostico negativo, giustificando così il rigetto dell’istanza.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza consolida un principio fondamentale per chiunque intenda richiedere l’accesso a misure alternative. La decisione sottolinea che la richiesta deve essere supportata da un progetto di reinserimento solido e credibile, non basato sull’assenza di colpe recenti, ma sulla presenza di elementi proattivi. Un lavoro stabile, un domicilio certo, una rete di supporto sociale e un piano di vita chiaro sono tutti fattori che contribuiscono a costruire quel quadro positivo indispensabile per convincere il giudice della bontà del percorso alternativo. In sintesi, la legge non premia la passività, ma la volontà attiva di cambiamento, dimostrata con fatti concreti.
Perché è stata respinta la richiesta di misure alternative?
La richiesta è stata respinta perché, secondo il Tribunale di Sorveglianza e la Corte di Cassazione, mancavano elementi positivi sufficienti a formulare un giudizio prognostico favorevole circa il buon esito della misura e la prevenzione del pericolo di recidiva.
L’assenza di comportamenti negativi è sufficiente per ottenere l’affidamento in prova?
No, l’ordinanza chiarisce che la sola assenza di indicazioni negative non è sufficiente. È indispensabile dimostrare la presenza di elementi positivi che supportino una previsione di successo del percorso di reinserimento.
Avere un lavoro garantisce la concessione delle misure alternative?
No, avere un’attività lavorativa è considerato un importante coelemento di valutazione, ma non è di per sé sufficiente a garantire la concessione della misura. Deve essere inserito in un contesto più ampio di elementi positivi, come ad esempio la disponibilità di un domicilio idoneo, che nel caso di specie mancava.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1633 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1633 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a MELITO DI PORTO SALVO il 23/10/1967
avverso l’ordinanza del 07/10/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che gli argomenti dedotti nell’unico motivo di ricorso, in cui si censura il r della istanza di affidamento in prova e semilibertà, non sono consentiti dalla legge in sede legittimità, perché sono privi di ragioni in diritto che le sostengano e non individuano tra manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione dell’ordinanza impugnata, atteso c per ammettere il condannato ad espiare la pena in misura alternativa non è sufficiente l’assenza di indicazioni negative, ma occorre la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva (Sez. 1, n. 314 del 05/05/2015, Incarbone, Rv. 264602), e la presenza di una attività lavorativa o risocializzan è un coelemento di valutazione che concorre alla formulazione di tale giudizio prognostico, talché non è manifestamente illogico che lo stesso sia stato inserito, insieme alla mancata indicazion di un domicilio idoneo, nel percorso logico che ha portato al rigetto dell’istanza;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19 dicembre 2024
Il consigliere estensore