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Misure Alternative: No se i precedenti sono gravi

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato contro il diniego di misure alternative alla detenzione. Il Tribunale di sorveglianza aveva respinto l’istanza di affidamento in prova a causa di numerosi e gravi precedenti penali, inclusi reati recenti, e due precedenti revoche di misure simili per cattiva condotta. La Suprema Corte ha confermato che la valutazione del giudice di merito era corretta e ben motivata, basata su un’analisi completa della personalità del soggetto e della sua persistente pericolosità sociale, rendendo irrilevanti le argomentazioni difensive che miravano a una semplice rivalutazione dei fatti.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misure Alternative: La Pericolosità Sociale Prevale sul Tempo Trascorso

L’accesso alle misure alternative alla detenzione rappresenta un punto cruciale nel percorso di reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, la loro concessione non è automatica e dipende da una rigorosa valutazione da parte del Tribunale di sorveglianza. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: una storia criminale significativa e una persistente pericolosità sociale possono precludere l’accesso a tali benefici, anche a distanza di anni dall’ultimo fatto grave. Analizziamo insieme questa importante decisione.

Il Caso in Esame

Un uomo, condannato per reati legati agli stupefacenti, ha presentato istanza per ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale. Il Tribunale di sorveglianza di Lecce, però, ha respinto la richiesta. La decisione si basava su un quadro a tinte fosche: il soggetto vantava un curriculum criminale di tutto rispetto, con precedenti per violenza privata, lesioni, rapina, estorsione e violazioni in materia di competizioni sportive.

Inoltre, in passato aveva già beneficiato per ben due volte dell’affidamento terapeutico, ma in entrambi i casi la misura era stata revocata per condotta colpevole. A pesare sulla bilancia, anche recenti denunce e un arresto che dimostravano la sua attuale pericolosità sociale. La difesa del condannato ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse errato nel non considerare il lungo tempo trascorso (otto anni) dall’ultima revoca e nel non dare il giusto peso alla relazione positiva dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE).

Il Giudizio sulle Misure Alternative e la Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del Tribunale di sorveglianza. I giudici supremi hanno chiarito che il ricorso non sollevava questioni di legittimità, ma si limitava a proporre una diversa e più favorevole lettura degli stessi elementi già vagliati dal giudice di merito. Questo tipo di doglianza non è ammessa in sede di Cassazione.

La Corte ha ribadito che il Tribunale di sorveglianza ha il dovere di effettuare un giudizio prognostico sulla probabilità di successo della misura. Tale valutazione deve basarsi su tutti gli elementi disponibili, non solo su quelli favorevoli al condannato. Quando emerge una ‘rilevante propensione a delinquere’, desunta da numerosi e specifici precedenti penali e da pendenze giudiziarie, il giudizio negativo è pienamente giustificato.

Le Motivazioni

La motivazione della sentenza è lineare e rigorosa. Il Tribunale di sorveglianza non si è limitato a un elenco di reati passati, ma ha condotto un’analisi complessiva e aggiornata della personalità del richiedente. Ha dato il giusto peso non solo ai reati commessi tra il 2005 e il 2023, ma anche a informative di polizia molto recenti (gennaio e febbraio 2025) che attestavano la continuazione di condotte illecite.

Tra queste, la denuncia per aver svolto abusivamente l’attività di ‘buttafuori’ e, soprattutto, l’arresto per possesso di un documento d’identità falso, nel cui contesto erano state trovate nella sua abitazione armi giocattolo, una katana e hashish per uso personale. Questi eventi recenti, secondo la Corte, smentivano categoricamente l’affermazione del condannato di essersi allontanato dal consumo di stupefacenti e dal mondo criminale. Il Tribunale ha correttamente ritenuto che la proposta favorevole dell’UEPE fosse contraddetta da prove concrete e recenti, svolgendo così il proprio dovere di valutazione congiunta di tutte le informazioni disponibili.

Le Conclusioni

La sentenza in commento offre un importante spunto di riflessione sul bilanciamento tra l’opportunità di reinserimento e la tutela della collettività. Per accedere alle misure alternative, non è sufficiente far leva sul tempo trascorso o su una singola relazione positiva. È necessario dimostrare un cambiamento reale e consolidato, che non sia smentito da comportamenti recenti. La valutazione del giudice deve essere globale e approfondita, tenendo conto di ogni elemento, positivo o negativo, per formulare un giudizio prognostico affidabile sulla futura condotta del condannato e sulla sua effettiva resipiscenza.

Quando il Tribunale di sorveglianza può negare le misure alternative alla detenzione?
Il Tribunale può negarle quando le risultanze documentali, come i numerosi precedenti penali e le pendenze giudiziarie, rivelano una spiccata e persistente pericolosità sociale del richiedente, tale da rendere il giudizio prognostico sull’esito della misura sfavorevole e da non richiedere ulteriori approfondimenti.

Un lungo periodo senza commettere reati è sufficiente per ottenere l’affidamento in prova?
No, secondo la sentenza, un lungo periodo di tempo trascorso dall’ultima revoca di una misura alternativa (in questo caso otto anni) non è di per sé sufficiente se contrapposto a un quadro generale di persistente pericolosità, evidenziato da numerosi precedenti, condotte recenti e una generale inaffidabilità del soggetto.

Che peso ha la relazione dei servizi sociali (UEPE) nella decisione del giudice?
La relazione dell’UEPE è un elemento importante, ma non vincolante. Il Tribunale deve valutarla nel contesto di tutte le altre informazioni disponibili, comprese quelle fornite dalle forze di polizia. In questo caso, il giudice ha ritenuto la proposta dell’UEPE non condivisibile perché in contrasto con elementi concreti, come un arresto recente per possesso di hashish, che smentivano le affermazioni del condannato sulla sua volontà di cambiare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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