Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 21270 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 21270 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 17/02/1999
avverso l’ordinanza del 12/12/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME il quale ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Bologna, in funzione di giudice dell’appello cautelare, in accoglimento della impugnazione del procuratore della repubblica di Rimini ha applicato a NOME COGNOME in relazione alla detenzione di sostanza stupefacente del tipo hashish rinvenuto occultato nei suoi indumenti all’esito di un controllo delle forze dell’ordine che dovevano eseguire un ordine di esecuzione pena nei suoi confronti, la misura della custodia in carcere.
Con riferimento ai criteri di adeguatezza e di proporzionalità della misura non detentiva dell’obbligo di dimora nei comuni della provincia di Ravenna disposto dal giudice della cautela in sede di convalida dell’arresto del COGNOME il giudice dell’appello cautelare evidenziava che la misura non era in grado di contenere il pericolo di recidivazione criminosa, in quanto la permanenza del prevenuto all’interno del territorio in cui veniva realizzata l’attività di spaccio non era in grado di neutralizzare la spinta criminosa del cautelato. Evidenziava inoltre la personalità trasgressiva e la rilevante capacità criminale del KASSAMA, evidenziata da un precedente specifico e dai reati di rapina e lesioni personali commessi nel corso dell’anno 2023, ponendo altresì in rilievo che il ricorrente era soggetto privo di permesso di soggiorno e senza una dimora stabile di talchè neppure una misura domiciliare era in concreto applicabile e comunque che misure non custodiali risultavano inadeguate a salvaguardare il pericolo di recidiva, in quanto la misura domiciliare presuppone un adeguato livello di autodisciplina, nella specie non ipotizzabile. Disponeva pertanto, in accoglimento dell’appello del PM, la misura della custodia in carcere nei confronti del COGNOME
3. Con un’unica articolazione il ricorrente assume violazione di legge e difetto di motivazione con riferimento agli artt.274 e 275 cod. proc. pen. in relazione ai criteri di adeguatezza nella adozione della misura cautelare in quanto la misura custodiate era stata disposta sulla base di errate informazioni, sia per quanto attiene alla condizione di irregolarità del KASSAMA nel territorio nazionale, sia con riferimento alla mancanza di una stabile dimora del prevenuto. Quanto al primo aspetto assume che dagli stessi atti processuali e in particolare dal verbale di perquisizione risultava che il COGNOME, al momento del fatto, risultava titolare di permesso di soggiorno rilasciato dalla Questura di Ravenna e che detto permesso di
soggiorno era ancora in essere, e allegava al ricorso copia dello stesso. Sotto diverso profilo evidenziava che la esclusione della misura domiciliare era motivata con riferimento al fatto che il KASSAMA era soggetto privo di fissa dimora, laddove nello stesso verbale di perquisizione risultava che i verbalizzanti si erano portati presso l’abitazione del RAGIONE_SOCIALE in Ravenna, INDIRIZZO, primo piano int.4 di cui lo stesso deteneva e chiavi e in via più generale lo stesso risultava anagraficamente domiciliato in Ravenna INDIRIZZO
In conclusione la difesa del ricorrente rappresenta che il giudice dell’appello cautelare, sia nell’esaminare i profili di adeguatezza della misura cautelare da adottare, sia nella scelta della misura detentiva da applicare, aveva fatto un non corretto uso delle informazioni presenti agli atti, concernenti la condizione di regolarità amministrativa del RAGIONE_SOCIALE nel territorio nazionale e l’esistenza di una abitazione ove eventualmente disporre una collocazione domiciliare, travisamento di dati processuali che era tale da disarticolare il ragionamento del giudice dell’appello, ai fini e per gli effetti di cui agli artt.274 e 275 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
LI motivi di ricorso risultano manifestamente infondati e vanno dichiarati inammissibili.
Va ricordato, in proposito che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, ovvero che propongano una diversa ricostruzione dei fatti reato, da ritenersi maggiormente convincente e plausibile. In questa prospettiva, alla Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli
elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Tale controllo di logicità, comunque, deve rimanere “interno” al provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere ad una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o ad un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (Sez.2, n.27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv.276976; Sez.4, n.26992 del 29/05/2013, PM in proc.COGNOME Rv.255460).
Ebbene, ritiene il Collegio che i motivi sopra richiamati siano manifestamente infondati in quanto generici e privi di un ragionato confronto con la decisione impugnata, non scanditi da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione (Cass., sez. U, n.8825 del 27/10/2016, COGNOME).
Il ragionamento sviluppato dal giudice distrettuale, con riferimento alla riconosciuta insufficienza di misura cautelare non detentiva a soddisfare la esigenza di prevenire spinte criminose recidivanti da parte del COGNOME, prescinde dalle circostanze, pure evidenziate dalla parte ricorrente nel ricorso dell’essere questi titolare di permesso di soggiorno in territorio nazionale al momento dell’arresto, ovvero di possedere un domicilio formale in territorio italiano, ma eleva a fattore decisivo non la presunta presenza irregolare sul territorio, quanto la sussistenza di precedenti penali anche specifici, quale indice di concreta capacità criminale di COGNOME, oltre che alle modalità del fatto. La censura sulla scelta della misura coercitiva ex art. 275 cod. proc. pen. si evidenzia, da parte della difesa, come aspecifica, non solo perché già la discordanza tra preteso domicilio e residenza formale (emergente dal permesso di soggiorno) ha correttamente indotto il Tribunale a valutare l’insussistenza di un luogo ove eventualmente individuare la collocazione per gli arresti domiciliari, ma soprattutto perché tale luogo, per potere rientrare nel panorama valutativo del giudicante, avrebbe dovuto essere munito di requisiti di idoneità e stabilità, neppure enunciati dallo stesso difensore in sede di discussione con riferimento ad alcuno dei suddetti due indirizzi e come tali non pretermessi dal giudicante.
Sotto diverso profilo Il giudice del riesame ha rispettato l’obbligo motivazionale di evidenziare le ragioni per cui ha ritenuto sussistere una alta probabilità di reiterazione di condotte criminose della stessa specie, così da riconoscere una prossima, seppure non imminente, occasione di delinquere (Sez.3, n.34154 del 24/04/2018
COGNOME GLYPH
Rv.273674.01; GLYPH
Sez.2, GLYPH
n.6593 GLYPH
del GLYPH
25/01/2022,
COGNOME, Rv.282767; sez.5, n. 12869 del 20/01/2022,
COGNOME Rv.282991- 01). In tema di esigenze cautelari invero il pericolo di recidiva è attuale ogni qual volta sia possibile una prognosi
in ordine alla ricaduta nel delitto che indichi la probabilità di devianze prossime all’epoca in cui viene applicata la misura, seppur non
specificatamente individuate, né tantomeno imminenti, ovvero immediate; ne consegue che il relativo giudizio non richiede la
previsione di una specifica occasione per delinquere, ma una valutazione prognostica fondata su elementi concreti, desunti
dall’analisi della personalità dell’indagato (scrutinabile anche mediante l’apprezzamento delle modalità esecutive del fatto per cui si
procede e dei precedenti penali pure presenti che denotano recidiva).
Le indicate modalità e le caratteristiche della condotta criminosa e i profili afferenti alla personalità del prevenuto (azione delittuosa
condotta, contesto criminoso in cui il ricorrente operava, precedenti penali in materia di stupefacenti, oltre che per i reati di rapina e di lesioni personali) rendono evidente la ricorrenza delle prospettate esigenze cautelari che giustificano l’adozione di misura cautelare di maggiore rigore.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero di responsabilità, al pagamento di somma alla cassa delle ammende, che si indica congruo come in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda la cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.28 Reg. esec. Cod. proc. pen.
Così deciso nella camera di consiglio in data 10 aprile 2025
Il consigliere estensore
Il Presidente