Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44006 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44006 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SANT’AGATA DE’ GOTI il 07/12/1988
avverso l’ordinanza del 10/05/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020 e succ. mod., ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale del riesame di Napoli rigettava l’appello proposto, ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., da NOME COGNOME avverso il provvedimento del 16 aprile 2024, con il quale il Tribunale di Avellino aveva respinto la sua istanza di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari presso l’abitazione di tale NOME COGNOME, sita in Lesignano de’ Bagni (PR), da eseguirsi, eventualmente, anche con il presidio del c.d. braccialetto elettronico.
Escludeva il Tribunale del riesame la sopravvenienza di elementi di novità tali da incidere sull’originario quadro cautelare ed attenuare le ravvisate esigenze.
Non valevano, in particolare, a ridimensionare la cornice indiziaria le dichiarazioni rese da una delle persone offese dal duplice tentato omicidio, NOME COGNOME (colpito al torace con un coltello a serramanico, mentre l’altro soggetto aggredito, NOME COGNOME era stato ferito all’addome), in quanto egli aveva confermato, nella sua deposizione, la dinamica dei fatti nel suo nucleo essenziale.
A prescindere dall’elemento del decorso del tempo dall’episodio delittuoso, di per sé neutro, non erano, dunque, apprezzabili ulteriori elementi capaci di ritenere venuto meno o attenuato il già delineato pericolo di recidiva, fondato sulle violente modalità dell’aggressione perpetrata dal NOME, sull’uso disinvolto e sproporzionato di strumenti atti all’offesa e sulla dimostrata incapacità di autocontrollo, in relazione alla quale si rivelava inadeguato lo strumento della custodia domiciliare, seppure con l’applicazione del c.d. braccialetto elettronico.
D’altro canto, i precedenti e le pendenze documentati a carico dell’imputato, ancorché per reati patrimoniali, attestavano la tendenziale trasgressività del COGNOME e la sua indifferenza alla legge.
Ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, per il tramite del difensore, deducendo, in tre motivi, vizio di motivazione e violazione di legge, in riferimento: alla carenza di attualità del rischio di recidiva; alla non richies valutazione del quadro indiziario; alla valutazione degli elementi di novità; all’adeguatezza e proporzionalità della misura.
Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria inviata in forma scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, e successive modifiche, ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
Occorre rammentare che, in sede di appello avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta di revoca o sostituzione di misura cautelare personale, il Tribunale non è tenuto a riesaminare la sussistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo, dovendosi limitare al controllo che l’ordinanza gravata sia giuridicamente corretta e adeguatamente motivata in ordine ad eventuali allegati nuovi fatti, preesistenti o sopravvenuti, idonei a modificare apprezzabilmente il quadro probatorio o a escludere la sussistenza di esigenze cautelari, ciò in ragione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione e della natura autonoma GLYPH del GLYPH provvedimento GLYPH impugnato GLYPH (tra GLYPH molte, Sez. 6, n. 45826 del 27/10/2021, COGNOME, Rv. 282292 – 01).
3. Nella vicenda in esame, a fronte della dedotta sopravvenienza di un preteso elemento di novità, costituito dalla deposizione resa in dibattimento da NOME COGNOME (una delle due persone offese dall’aggressione a coltellate perpetrata dal COGNOME), l’organo dell’incidente cautelare ha spiegato in modo adeguato che, di fatto, quella deposizione doveva considerarsi ininfluente sul quadro indiziario, perché non andava ad intaccare il nucleo essenziale delle accuse e, cioè, che i fendenti con il coltello a serramanico l’imputato li avesse inferti i danno di due persone, come recitava l’accusa originaria.
In nessun vizio di ultrapetizione, d’altro canto, era incorso, sul punto, il Tribunale, atteso che il tema dei gravi indizi era stato dalla difesa stessa sottoposto, con l’appello, alla sua attenzione.
Correttamente esclusa la sopravvenienza di elementi di novità tali da elidere o scalfire il quadro indiziario e cautelare originariamente ravvisato, altrettanto correttamente il Tribunale di Napoli ha ritenuto ininfluente il decorso del tempo in stato di custodia cautelare (circa undici mesi), in coerenza con il consolidato indirizzo di questa Corte, secondo cui l’attenuazione o l’esclusione delle esigenze cautelari non può derivare dal mero decorso del tempo di esecuzione della misura o dall’osservanza puntuale delle relative prescrizioni, dovendosi valutare ulteriori elementi di sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento della situazione apprezzata all’inizio del trattamento cautelare (tra le tante, Sez. 6, n. 45826 del 27/10/2021, COGNOME, Rv. 282292 – 01; Sez. 3, n. 43113 del 15/09/2015, K., Rv. 265652 – 01).
Concretezza e attualità del rischio di recidiva, così come adeguatezza e proporzionalità della misura in atto, sono state ribadite in base a congrue considerazioni sulla gravità del fatto e sulla inaffidabile e allarmante personalità dell’imputato, non sufficientemente contenibile con misure gradate, ancorché di carattere custodiale e rafforzate da presidio elettronico.
La solida motivazione del provvedimento impugnato non è minimamente messa in crisi dal ricorso, che, per i suoi tratti di genericità e reiteratività e per
sua complessiva manifesta infondatezza, deve essere, in conclusione, dichiarato inammissibile.
Dalla inammissibilità del ricorso discende, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del proponente al pagamento delle spese processuali e al versamento della ulteriore somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso (Corte Cost. n. 186 del 2000).
La cancelleria provvederà agli adempimenti previsti dall’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 10 settembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente