Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 35863 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 35863 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Vibo Valentia il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 14/03/2024 dal Tribunale di Catanzaro udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME;
udito il AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
udito l’AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia dell’imputato, che ha concluso insistendo per l’accoglimento del motivo di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catanzaro ha confermato l’ordinanza con cui è stata rigettata la richiesta di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari nei riguardi di COGNOME NOME, ritenuto gravemente indiziato quanto al titolo cautelare – del reato di partecipazione ad RAGIONE_SOCIALE mafiosa ma condannato – all’esito del giudizio di primo grado, con sentenza di cui si dispone del solo dispositivo – alla pena di anni dieci di reclusione per concorso esterno in dett RAGIONE_SOCIALE.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato articolando un unico motivo con cui deduce violazione di legge e vizio di motivazione.
Il Tribunale di Vibo Valentia che procede e il Tribunale in sede di appello cautelare avrebbero omesso ogni motivazione.
In particolare, il Tribunale di Vibo, a cui la richiesta era stata avanzata, si sare limitato all’affermazione “visto, si rigetta non sussistendo i presupposti p l’accoglimento della istanza anche alla luce della pronuncia di condanna”; il Tribunale dell’appello, dimostrando di non essere in grado di verificare alcunchè, si sarebbe limitato a sua volta ad affermare che l’avvenuta riqualificazione dei fatti, di cui al dispositivo, non consentirebbe di per sè di ritenere scalfite le esigenze cautelari.
Né, si aggiunge, sono state spiegate le ragioni per cui la misura degli arresti domiciliari sarebbe inadeguata; il Tribunale, peraltro, avrebbe rigettato l’appello facendo riferimento a dati e circostanze non emergenti dal fascicolo.
La riqualificazione del fatto compiuta all’esito del giudizio di primo grado, pur assenza delle motivazioni, assumerebbe obiettivo rilievo quanto meno nel senso di ritenere non provate le condotte che avevano portato alla originaria contestazione del reato di partecipazione all’RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato.
In tema di misure cautelari il principio di adeguatezza esprime l’esigenza che vi sia una necessaria corrispondenza tra le ragioni cautelari da tutelare nel caso concreto e la misura da adottare o adottata.
Tale necessaria corrispondenza deve sussistere costantemente, in ogni stato e grado del procedimento; la misura cautelare, cioè, deve essere sempre quella che appare più adeguata a soddisfare le esigenze cautelari del caso concreto e che restringa la libertà personale dell’indagato nella sola misura necessaria e sufficiente a tale scopo, senza sacrifici inutilmente vessatori.
Il principio di adeguatezza si ricollega infatti a quello di gradualità delle mi cautelari; esso assume rilievo durante tutto l’iter cautelare, dalla richiest applicazione della cautela, alla istanza di revoca o sostituzione; l’art. 277 cod. proc. p dispone in tal senso che le modalità di esecuzione delle misure devono salvaguardare i diritti delle persone ad esse sottoposte, il cui esercizio non sia incompatibile con esigenze cautelari del caso concreto.
La vicenda cautelare presuppone una visione unitaria e diacronica dei presupposti che la legittimano, nel senso che le condizioni cui l’ordinamento subordina l’applicabilit
t
di una determinata misura devono sussistere non soltanto all’atto della applicazione del provvedimento cautelare, ma anche per tutta la durata della relativa applicazione.
Adeguatezza e proporzionalità devono quindi assistere la misura, “quella” specifica misura, non soltanto nella fase genetica, ma per l’intero arco della sua “vita” nel processo, giacché, ove così non fosse, si assisterebbe ad una compressione della libertà personale qualitativamente o quantitativamente inadeguata alla funzione che essa deve soddisfare con evidente compromissione del quadro costituzionale di cui si è innanzi detto (così testualmente, Sez. U., n. 16085 del 31/03/2011, Khalil, Rv. 249324).
Se, dunque, la norma in esame è espressione del principio di adeguatezza e se il principio in questione costituisce per il giudice un riferimento continuo nel corso di tut il procedimento cautelare, non vi sono ragioni per ritenere che detto principio debba essere derogato per il solo fatto che, al momento della decisione sulla richiesta di sostituzione della misura, il Giudice, pur avendo emesso sentenza di condanna, non abbia ancora depositato le motivazioni della decisione.
Come correttamente rilevato dal ricorrente, il Tribunale di Vibo Valentia a cui -r dopo la sentenza di condanna – era stata richiesta / la sostituzione della misura cautelare in corso con quella degli arresti domiciliari, si era limitato ad affermare la insussisten delle condizioni per la invocata sostituzione “anche alla luce” della pronuncia, senza esplicitare alcunchè.
Il Tribunale dell’appello, in ragione della assertiva motivazione del Tribunale di Vibo Valentia – chiamato a decidere prima di avere depositato la motivazione della sentenzaha, a sua volta, ritenuto – nella situazione di obiettiva difficoltà in cui si è rit insussistenti le condizioni per la sostituzione della misura cautelare, facendo riferimento e valorizzando una serie di dati di fatto senza, a sua volta, spiegare alcunchè.
Non è stato infatti chiarito né se i fatti presi in considerazione dal Tribuna dell’appello siano riferibili alla originaria piattaforma indiziaria ovvero corrispondano a risultanze dibattimentali, e neppure quale sia la portata favorevole del diverso e meno grave grado di coinvolgimento mafioso dell’imputato – accertato in giudizio – rispetto alla originaria contestazione di partecipazione al sodalizio e perché, in ragione di tut gli altri elementi indicati dal ricorrente, il fatto nuovo e favorevole sopravvenuto n consenta di formulare un giudizio prognostico meno grave, tenuto conto della non operatività della presunzione relativa di pericolosità di cui all’art. 275, comma 3, cod proc. pen. rispetto al reato di concorso esterno in RAGIONE_SOCIALE mafiosa (Sez. 1, n. 10946 del 16/12/2020- dep. 2021, COGNOME, Rv. 280757; Sez. 6, n. 14803 del 08/04/2020, COGNOME, Rv. 278851).
Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata; il Tribunale formulerà un nuovo giudizio volto ad accertare se, anche alla luce della avvenuta riqualificazione favorevole dei fatti, sia ancora adeguata la misura cautelare in corso.
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 21 giugno 2024
Il Consi• -re estensore
Il Presidente