Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 15907 Anno 2025
osserva il ricorrente, Ł stato validamente effettuato, come risulta dai provvedimenti autorizzativi emessi dalle autorità francesi), b) ma anche alla normativa sulle intercettazioni vigente in Italia, dove si trovava, nel momento della intercettazione, il soggetto ‘intercettato’ e il dispositivo terminale da questi utilizzato per inviare o ricevere i messaggi intercettati. Lamenta, pertanto, che tale verifica, imposta dall’art. 31 direttiva 2014/41/UE all’Autorità dello Stato nel cui territorio il soggetto intercettato si trovava, ovverosia nel caso concreto al giudice italiano, Ł mancata. Penale Sent. Sez. 3 Num. 15907 Anno 2025 Presidente: COGNOME Relatore: NOME COGNOME Data Udienza: 31/01/2025
Conseguentemente il ricorrente deduce la violazione dell’art. 267 cod. proc. pen.
Osserva, in proposito, che le decisioni nn. 23755 e 23756 del 2024 delle Sezioni Unite della Corte di cassazione precedono la sentenza della Corte di giustizia europea del 30/04/2024, affermando che l’attività tecnica dovrà essere conforme alla normativa dello Stato in cui Ł stata disposta ed eseguita e tale verifica spetta solo ed esclusivamente all’Autorità di quello Stato, mentre l’utilizzabilità dei risultati di tale attività, acquisiti poi in Italia mediante ordine europeo di indagine, incontra solo il limite della inviolabilità dei diritti fondamentali, ma non si pretende che l’attività tecnica rispetti le condizioni e i requisiti previsti dagli artt. 266 e ss. cod. proc. pen. Il pronunciamento della Corte di giustizia europea supera i principi formulati dalle Sezioni Unite, richiedendo un secondo sindacato giurisdizionale demandato alla Autorità dello Stato nel cui territorio il soggetto intercettato si trovava, in modo che risulti verificata la conformità dell’attività tecnica alla disciplina sulle intercettazioni vigente nel Paese in cui si trovava la persona intercettata.
Pone conseguentemente la questione di diritto se i gravi indizi ex art. 267 cod. proc. pen., quale condizione necessaria per l’avvio delle attività di intercettazione e per la loro prosecuzione, debbano riferirsi alla persona intercettata o possano riferirsi genericamente ad una platea indeterminata di utenti, lamentando che il Tribunale del riesame non affronta il tema, ma richiamando i provvedimenti autorizzativi resi dall’Autorità francese sembra evocare una valutazione che abbia come riferimento non già persone fisiche identificate o identificabili, ma ‘strumenti’ utilizzati (dispositivi connessi alla rete Sky, ecc.).
Sottolinea, inoltre, che la verifica invocata investe anche gli ulteriori requisiti stabiliti dagli artt. 266 ss. cod. proc. pen.
2.2 La difesa lamenta, infine, che gli elementi di novità concreti addotti dalla difesa (sopravvenuta interruzione del rapporto lavorativo, impossibilità di accedere all’area portuale, smembramento della asserita compagina associativa), finalizzati a dimostrare la inadeguatezza ‘in eccesso’ della misura cautelare carceraria, sono stati disattesi con motivazione inadeguata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Le doglianze sulla gravità indiziaria sono inammissibili, poichØ, nelle more del presente giudizio, il ricorrente Ł stato condannato, all’esito di giudizio abbreviato, alla pena di anni otto, mesi sei di reclusione ed euro 31.600,00 di multa con dispositivo di sentenza emesso all’udienza del 03/12/2024 dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Reggio Calabria, per gli stessi fatti per i quali si procede in questa sede.
Deve essere pertanto ricordato il consolidato indirizzo di legittimità secondo cui la sopravvenienza di una sentenza di condanna, ancorchŁ non definitiva, per gli stessi fatti per i quali Ł stata applicata una misura cautelare personale fa venir meno l’interesse dell’imputato alla procedura di riesame finalizzata alla verifica della originaria sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, a meno che risultino dedotti elementi di prova nuovi (ipotesi non sussistente nel caso in esame), suscettibili di dare ingresso ad una possibile diversa lettura degli indizi al momento dell’adozione della misura cautelare (v. sul punto Sez. 1, n. 55459 del 15/06/2017, COGNOME, Rv. 272398; Sez. 6, n. 41104 del 19/06/2008, Scozia, Rv. 241483), precludendo al giudice dell’appello incidentale “de libertate” la
rivalutazione della gravità indiziaria (cfr., Sez. 2, n. 5988 del 23/01/2014, COGNOME, Rv. 258209; Sez. 1, n. 2350 del 22/12/2009, dep. 2010, Siclari, Rv. 246037; Sez. 1, n. 13040 del 23/1/2001, Avignone, Rv. 218582).
L’ultima tra le pronunce richiamate (Sez. 1, n. 13040 del 23/1/2001) fonda le proprie conclusioni anche sulle affermazioni della Corte costituzionale contenute nella decisione n. 71 del 1996, secondo cui la rivalutazione della gravità degli indizi, se non Ł impedita dall’emissione del decreto che dispone il giudizio, trova invece insormontabile ostacolo “ove intervenga una decisione che contenga in sŁ una valutazione del merito di tale incisività da assorbire l’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza”, sicchØ, in una situazione siffatta, “potrà dirsi ragionevolmente precluso il riesame di tale punto da parte del giudice chiamato a pronunciarsi in sede di impugnative avverso i provvedimenti de libertate”.
E, dunque, a fronte della condanna nel merito a carico dell’imputato, l’esposto indirizzo di legittimità Ł volto ad assicurare che il giudizio cautelare non contraddica l’esito del giudizio del merito, frutto di una istruttoria estremamente piø ricca.
Per altro verso, deve anche essere rimarcato che, anche quando si contesti con ricorso per cassazione la sussistenza delle condizioni legittimanti l’originaria emissione di una misura cautelare personale, si renda indispensabile la verifica della attualità e concretezza dell’interesse alla decisione ai sensi dell’art. 568, comma 4, cod. proc. pen., applicabile anche ai provvedimenti de libertate, essendo requisito fondante di ogni impugnazione la persistenza di un interesse effettivo e attuale, finalisticamente diretto a rimuovere un pregiudizio reale e specifico che la parte affermi di aver subito per effetto del provvedimento impugnato. Ne discende che l’interesse del soggetto indagato (e poi imputato) ad ottenere una pronuncia invalidante un’ordinanza cautelare genetica, quando – nelle more – sia intervenuta una decisione di condanna sul merito dell’accusa contestata, deve essere addotto ed argomentato dall’interessato. E, nel caso in esame, nessun nuovo elemento Ł stato addotto in merito dal ricorrente.
Manifestamente infondata Ł, poi, la lamentata violazione della disposizione di cui all’art. 275 cod. proc. pen. sulla questione della sopravvenuta inadeguatezza in eccesso della misura carceraria, in forza di una sopravvenuta interruzione del rapporto lavorativo, della impossibilità di accedere all’area portuale e dello smembramento della asserita compagine associativa. Sul punto, l’ordinanza impugnata, con motivazione logica e completa, ha richiamato, innanzitutto, a) il ruolo di partecipe del ricorrente nel gruppo associativo dedito al traffico di sostanze stupefacenti, con il compito di provvedere al trasbordo dello stupefacente che perveniva nel porto di Gioia Tauro e alla successiva fuoriuscita dall’area portuale, b) la circostanza che gli elementi posti a base dell’istanza erano già stati oggetto, in data 05/01/2024, di un precedente vaglio del Tribunale con esito negativo, c) il persistente pericolo, concreto ed attuale, di reiterazione di reati, anche in considerazione della perdita del lavoro e dell’avvenuto sequestro dell’attività familiare di cui era titolare la moglie, nonchØ d) l’operatività della duplice presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., in un quadro cautelare immutato e coperto dal giudicato cautelare, con l’unico elemento di novità costituito dal decorso del tempo dal momento di applicazione della misura cautelare, elemento di per sØ neutro ove non accompagnato da altri elementi circostanziali idonei a determinare un’attenuazione del giudizio di pericolosità (Sez. 3, n. 46241 del 20/09/2022, V., Rv. 283835), nella fattispecie assenti.
3. In conclusione, stante la manifesta infondatezza delle doglianze formulate, il ricorso proposto nell’interesse del ricorrente deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente stesso, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., a sostenere le spese del procedimento e, in assenza di profili idonei ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila, esercitando la facoltà introdotta dall’art. 1, comma 64, l. n. 103 del 2017, di aumentare oltre il massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come sopra indicate. Alla cancelleria spettano gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 31/01/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME