Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30460 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30460 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il 30/04/1961
avverso l’ordinanza del 27/03/2025 del Tribunale della libertà di Roma; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Roma ha rigettato l’appello di NOME COGNOME contro il provvedimento di rigetto della richiesta di dichiarazione di cessazione della efficacia della misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria applicatagli dal Giudice per le indagini preliminari il 21/01/2022, ma sospesa ex art. 298 cod. proc. pen. perché COGNOME è stato detenuto fino al 17/12/2024, quando è cessata l’esecuzione della sua pena.
Il Tribunale ha considerato che non era necessario un esplicito provvedimento di sospensione della esecuzione della misura cautelare perché la normativa non lascia spazio all’interprete per una diversa soluzione.
Inoltre, ha osservato che l’art. 304 cod. proc. pen. riguarda soltanto la sospensione della custodia cautelare e non altre misure.
Nel ricorso presentato dal difensore di COGNOME si chiede l’annullamento dell’ordinanza assumendo che è erroneo applicare l’art. 298 cod. proc. pen. senza un previo provvedimento di sospensione della misura cautelare.
Si osserva che l’art. 308 cod. proc. pen. prevede che le misure cautelari diverse dalla custodia cautelare e le misure interdittive perdano efficacia alla scadenza.
Si argomenta che l’applicazione automatica dell’art. 298 cod. proc. pen. condurrebbe a un aumento del termine intermedio (art.303, comma 1, lett. b) n. 3-bis, cod. proc. pen.) di durata della misura in contrasto con il principio costituzionale e comunitario per il quale ogni limitazione della libertà personale richiede un provvedimento giurisdizionale espresso adottato nel rispetto del principio del contraddittorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il caso in esame riguarda l’applicazione della misura cautelare personale dell’obbligo di presentazione disposta il 21 gennaio 2022 nei confronti di NOME COGNOME ma non eseguita perché egli era ancora ancora detenuto.
Il Tribunale di Roma, nel corso del giudizio, ha rigettato la richiesta di COGNOME di dichiarare cessata la efficacia dell’obbligo di presentazione per decorrenza dei termini massimi ex art. 303, lett. b), cod. proc. pen.
Con il provvedimento impugnato il Tribunale della libertà di Roma, rigettando l’appello di COGNOME, ha considerato che la carcerazione per la esecuzione di una pena e l’obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria per il controll dell’indagato sono incompatibili e ha osservato che, a causa dello stato di detenzione di COGNOME, la misura è rimasta sospesa sino al 17 dicembre 2024 ex art. 298 cod. proc. pen., ritenendo che tale disposizione regola ogni ipotesi di concorrenza tra applicazione di misure cautelati personali e esecuzione della pena, perché, sebbene la formulazione letterale dell’art. 298, comma 1, cod. proc. pen. regoli soltanto l’inversa sequenza data dal sopravvenire della carcerazione per l’esecuzione pena alla misura cautelare meno restrittiva, la ratio decidendi rimane la medesima. Ha anche escluso la necessità di un provvedimento esplicito di sospensione della misura dell’obbligo di presentazione ritenendo che la situazione non lasci spazio a diverse interpretazioni e rilevando, in aggiunta, che l’art. 298 cod. proc. pen. non prevede l’appellabilità delle decisioni adottate.
Per il corretto inquadramento normativo della questione in esame vale osservare quel che segue.
2.1. L’art. 303 cod. proc pen. – del quale il ricorrente chiede l’applicazione nella sua formulazione letterale riguarda soltanto i «termini di durata massima della custodia cautelare», quindi non si riferisce ai casi di misure cautelare personali diverse dalla custodia in carcere e dagli arresti domiciliari (che alla prima sono espressamente equiparati dall’art. 284, comma 5, cod. proc. pen.).
2.2. Anche il correlato art. 304 cod. proc. pen. – che prevede che sia emessa una ordinanza (appellabile ex art. 310 cod. proc pen.) e che il ricorrente adduce a sostegno della sua tesi secondo cui la sospensione della misura dell’obbligo di presentazione avrebbe dovuto esse stabilita con una apposita ordinanza – nella sua formulazione letterale riguarda soltanto «la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare», quindi non si riferisce ai casi di misure cautelare personali diverse dalla custodia in carcere e dagli arresti domiciliari.
Né, in mancanza di una espressa disposizione legislativa, può ritenersi che il legislatore abbia inteso estendere alla disciplina dei termini relativi alle misur coercitive diverse dalla custodia cautelare l’istituto della sospensione, perché relativamente alle disposizioni di legge restrittive della libertà personale, v esclusa l’applicabilità del criterio analogico in malam partem (art. 14 preleggi). Del resto, la maggiore severità derivante dall’applicazione dell’istituto della sospensione dei termini alla custodia cautelare risulta giustificabile in ragione della maggiore pregnanza delle esigenze che giustificano la scelta di applicare la misura cautelare più restrittiva (Sez. 4, n. 30294 del 25/06/2013, Rv. 255902).
2.2. Neanche l’ art. 298 cod. proc. pen. riguarda specificamente il caso in esame perché concerne «L’esecuzione di un ordine con cui si dispone la carcerazione nei confronti di un imputato al quale sia stata applicata una misura cautelare personale per un altro reato», prevedendo che in questo caso sia sospesa l’esecuzione della misura cautelare personale «salvo che gli effetti della misura disposta siano compatibili con la espiazione della pena» (comma 1) e sempreché la pena non sia «espiata in regime di misure alternative alla detenzione», perché in questo caso «la sospensione non opera» (comma 2). Invece, nella fattispecie la situazione si presenta inversa perché l’obbligo di presentazione è sopraggiunto alla carcerazione.
La soluzione della questione è offerta proprio dalle disposizioni che riguardano specificamente le misure coercitive diverse dalla custodia cautelare.
L’art. 297, comma 2, cod. proc. pen. prevede che gli effetti delle misure coercitive diverse dalla custodia cautelare decorrono dal momento in cui l’ordinanza che le dispone è notificata ex art. 293 cod. proc. pen. e questo consente al destinatario della misura di attivare le impugnazioni previste dalla legge.
L’art. 308 c.p.p., comma 1, cod. proc. pen. prevede che «Le misure coercitive diverse dalla custodia cautelare perdono efficacia quando dall’inizio della loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari al doppio dei termini previsti dall’art. 303».
Tuttavia, il termine iniziale per l’efficacia di una misura cautelare personale diversa della custodia cautelare comincia a decorrere soltanto dalla sua effettiva esecuzione, indipendentemente dall’essere stata o meno tale misura preceduta da un’altra più grave (Sez. 6, n. 44700 del 23/09/2015, Rv. 265027; Sez. 3, n. 429 del 29/01/1998, Rv. 210863; Sez. 6, n. 2627 del 28/06/1995, dep. 1996, Rv. 203845) e
Su queste basi, in assenza di una specifica norma che concerna l’applicabilità dell’istituto della sospensione dei termini alle misure coercitive diverse dalla custodia cautelare – istituto, che è, invece, esplicitamente previsto e regolato nell’art. 304 cod. proc. pen., in relazione alla misura della custodia cautelare – le questioni poste dal ricorrente trovano soluzione nella ineseguibilità, nel caso in esame, dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria perché incompatibile con la custodia cautelare in carcere. Sebbene, in effetti, anche la Polizia Penitenziaria svolga funzioni di polizia giudiziaria, le sue competenze specifiche sono legate alla gestione degli istituti penitenziari e dei detenuti e, comunque, eseguire in carcere l’obbligo di presentazione evidentemente non varrebbe a soddisfare le esigenze cautelari che sono state ritenute connesse al reato per il quale si procede, perché quel che si richiede è che tali esigenze siano salvaguardate (se ancora sussistenti) quando non sono più in atto condizioni (come la detenzione in carcere) che già in fatto salvaguardano.
5. Allora deve concludersi che, espiata la pena detentiva, il ricorrente si ritrova sottoposto alla misura – ora concretamente eseguibile – dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, sicché il periodo di durata della misura inizia a decorrere solo dalla sua concreta esecuzione, cioè dalla redazione del verbale di sottoposizione agli obblighi, che viene consegnato in copia all’interessato al momento della scarcerazione (o della cessazione della misura più grave) e il periodo in cui non è stato possibile eseguire la misura cautelare non va computato nel termine di durata della stessa.
Del resto, il giusto contemperamento fra la aspirazione del ricorrente a un regime di piena libertà e il soddisfacimento delle esigenze cautelare è ben realizzabile mediante il rispetto dei principi di proporzionalità e di adeguatezza delle misure cautelari, i quali operano entrambi come parametro di commisurazione delle misure cautelari alle specifiche esigenze ravvisabili nel caso concreto, tanto al momento della scelta e della adozione del provvedimento
coercitivo, che per tutta la durata dello stesso, imponendo una costante verifica della perdurante idoneità della misura applicata a fronteggiare le esigenze che
concretamente permangano o residuino, secondo il principio della minore compressione possibile della libertà personale (Sez. U, n. 16085 del 31/03/2011,
COGNOME, Rv. 249324; Sez. 2, n. 10383 del 18/02/2022, Rv. 282758).
ex
6. Pertanto il ricorso è infondato e dal suo rigetto deriva, art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 12/06/2025