Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21238 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21238 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOMECOGNOME nato a Catania il 12/10/1989
avverso la sentenza del 23/09/2024 della Corte di Appello di Caltanissetta visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procur generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; lette le conclusioni scritte dell’avvocato NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe indicato, la Corte di Appello di Caltani setta ha confermato la sentenza emessa all’esito di giudizio abbreviato il 5 di bre 2022 dal Tribunale di Gela, con la quale il ricorrente è stato condannato pe reato di violenza o minaccia a pubblico ufficiale previsto dall’art. 336 cod.pe cui al capo 3), commesso il 12 settembre 2021 all’interno della Casa Circondaria di Gela per avere minacciato il sovrintendente NOME COGNOME con la se guente frase “se entro domani non vengo trasferito spacco tutta la cella”, facendosi sentire da tutti gli altri detenuti e dagli altri agenti della polizia pen
nonché per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, di cui all’art. 337 c commesso il 17 agosto 2021, ascritto al capo 1), per essersi rifiutato di indo durante il colloquio con la moglie la mascherina prevista dal protocollo sanitar vigore presso la Casa Circondariale di Gela.
Tramite il proprio difensore ha proposto ricorso NOME COGNOME colando i motivi di seguito indicati.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazion in relazione al reato di cui all’art. 337 cod.pen. ascritto al capo 1) per l inidoneità della condotta dell’imputato a turbare il pubblico ufficiale, ess trattato di un mero sproloquio indicativo di disprezzo senza efficacia intimidat
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato di cui all’art. 336 cod. pen. perché non risulta che la m all’agente di polizia penitenziaria fosse diretta a far compiere un atto contr doveri di ufficio, non essendo detto agente compente a decidere sul suo trasf mento in altro istituto penitenziario.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge in merito alla mancata a plicazione delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza spetto alla contestata recidiva reiterata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso sono nel loro complesso infondati, oltre che in p inammissibili perché afferenti questioni di fatto riservate alla valutazione de dice di merito.
I fatti sono stati ricostruiti dalle due sentenze di primo e secondo g con valutazione conforme delle medesime emergenze processuali rispetto alle condotte di minaccia poste in essere inequivocabilmente dal ricorrente contro agenti della polizia penitenziaria nell’esercizio delle loro funzioni.
Con riguardo al primo motivo relativo al capo 1) dell’imputazione, la Cort di appello ha correttamente evidenziato la idoneità delle minacce ad incutere more, perché reiterate e profferite davanti agli altri detenuti e al persona sente, per la plateale protesta inscenata per opporsi agli agenti intervenu richiamare il ricorrente al rispetto delle regole vigenti nell’istituto penitenz fronteggiare l’emergenza epidemiologica del Covid 19.
La condotta veniva attuata nel corso del colloquio in carcere con la propr convivente e si manifestava con minacce esplicite rivolte in modo insistente e soluto contro l’agente di polizia penitenziaria intervenuto per assicurare il r delle regole sanitarie vigenti nel carcere.
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Infondato è anche il secondo motivo relativo al capo 3) dell’imputazione, con riguardo alla dedotta incompetenza dell’agente minacciato a compiere l’atto contrario, che si assume essere quello di indurre la direzione del carcere a disporre il suo trasferimento presso un diverso istituto di pena.
A tale riguardo occorre, innanzitutto, rilevare che la minaccia di danneggiare la cella e gli altri beni di pertinenza dell’istituto penitenziario ove non fos trasferito si risolve, in ogni caso, in una minaccia rivolta agli stessi agenti cui affidato il compito di assicurare il rispetto delle regole all’interno del penitenziari essendo implicito il fine di turbare la serenità degli agenti, attraverso la minaccia di compiere illecite condotte che solo gli agenti addetti alla vigilanza avrebbero potuto e dovuto impedire, inducendoli ad un atteggiamento più remissivo verso il ricorrente, comunque contrario ai loro doveri di ufficio.
Infatti, come correttamente osservato nella sentenza impugnata la persona offesa del delitto deve intendersi l’amministrazione carceraria nel suo complesso, rappresentata nell’occorrenza dall’agente direttamente investito dalle minacce, in linea con la giurisprudenza di legittimità secondo cui “ai fini dell’integrazione del delitto di minaccia o di resistenza a pubblico ufficiale non è necessaria una minaccia diretta o personale, essendo invece sufficiente l’uso di qualsiasi coazione, anche morale, ovvero una minaccia anche indiretta, purché sussista la idoneità a coartare la libertà di azione del pubblico ufficiale” (Sez.6, n.2104 del 16/12/2021, dep. 18/01/2022, Rv. 282666).
Con riguardo, poi, alla incompetenza funzionale dell’agente minacciato rispetto all’atto di ufficio sollecitato tramite la minaccia, deve ricordarsi che ai f dell’integrazione della minaccia a pubblico ufficiale di cui all’art. 336 cod. pen. l’atto che rileva non è solo quello che rientra nella specifica competenza dell’agente minacciato ma anche quello che più in generale fa capo all’ufficio di appartenenza dell’agente stesso, traducendosi la minaccia in una richiesta rivolta all’intermediario di sottoporla a chi ha il potere di decidere (cfr. Sez. 6, n. 43262 del 12/09/2023, COGNOME, Rv. 285357).
Il terzo motivo di ricorso, in punto di diniego della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche e di omessa motivazione nell’esercizio del potere di determinazione della pena, è chiaramente inammissibile.
La Corte territoriale ha fornito una motivazione esaustiva su tali profili, avendo richiamato i numerosi precedenti penali ed il riconoscimento della recidiva aggravata quale espressione della spiccata capacità criminale del ricorrente, anche avuto riguardo alle valutazioni espresse in merito alla gravità delle condotte con-
testate, plurime e reiterate, oltre ad avere tenuto conto del divieto di lenza delle attenuanti generiche sulla recidiva reiterata di cui all’art. 99,
quarto, cod. pen., previsto dall’art. 69, comma quarto, cod. pen.
Le stesse considerazioni valgono con riferimento alle valutazioni espres dalla Corte di appello a supporto della determinazione della pena in misura di p
superiore al minimo edittale, che non possono ritenersi viziate sul piano della renza logica e aderenza alla ricostruzione dei fatti e sono, pertanto, insind
in sede di legfttimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proc suali.
Così deciso il giorno 15 aprile 2025
re estensore
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Il Presidente i