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Messa alla prova: modifica senza consenso è illegittima

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del Tribunale che aveva modificato unilateralmente il programma di messa alla prova di un’imputata, aggravando l’obbligo di risarcimento del danno senza il suo consenso. La Suprema Corte ha ribadito che qualsiasi modifica al programma di trattamento richiede l’assenso esplicito dell’imputato, come previsto dal codice di procedura penale, e che la sua violazione integra una nullità processuale per lesione del diritto di difesa.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Messa alla Prova: il Giudice non può modificare il programma senza il tuo consenso

L’istituto della messa alla prova rappresenta una fondamentale alternativa al processo penale tradizionale, basata su un percorso rieducativo e risarcitorio concordato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 19955/2024, ha riaffermato un principio cardine di questa procedura: il programma di trattamento, una volta concordato, non può essere modificato dal giudice in senso peggiorativo senza il consenso esplicito dell’imputato. Vediamo nel dettaglio la vicenda.

I Fatti del Caso: un accordo modificato unilateralmente

Il Tribunale di Oristano aveva ammesso un’imputata, accusata di truffa e sostituzione di persona, alla messa alla prova. Il programma, elaborato in accordo con l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (U.D.E.P.E.), prevedeva, tra le altre cose, il versamento di una somma mensile di ottanta euro a titolo di risarcimento per la persona offesa, tenendo conto della difficile situazione economica dell’imputata.

Tuttavia, nell’ordinanza di ammissione, il Tribunale ha modificato questa prescrizione, imponendo all’imputata l’obbligo di versare una somma totale di almeno duemila euro. Questa modifica, di fatto, raddoppiava l’importo mensile originariamente pattuito, aggravando notevolmente gli obblighi a carico dell’interessata. Il tutto, senza aver prima ottenuto il suo consenso.

La Decisione della Cassazione sulla messa alla prova

L’imputata, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando la violazione dell’art. 464-quater, comma 4, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che il giudice può integrare o modificare il programma di trattamento solo ‘con il consenso dell’imputato’.

La Suprema Corte ha accolto pienamente il ricorso, giudicandolo fondato. Ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata e ha trasmesso gli atti nuovamente al Tribunale di Oristano, con la chiara indicazione di eliminare l’aggravamento non concordato dell’obbligo risarcitorio.

Le Motivazioni: il consenso dell’imputato è imprescindibile

La Corte ha basato la sua decisione sul tenore letterale della legge, supportato da consolidata giurisprudenza. La facoltà del giudice di modificare il programma di messa alla prova è espressamente e inequivocabilmente subordinata al ‘previo consenso dell’imputato’. Nel caso di specie, non vi era alcuna traccia di tale consenso, né nel provvedimento né nel verbale d’udienza.

L’obbligo risarcitorio, come definito nel programma originale, era stato attentamente calibrato sulle reali possibilità economiche dell’imputata. La modifica ‘in pejus’ (peggiorativa) operata d’ufficio dal giudice ha trasformato un obbligo sostenibile in uno notevolmente più gravoso. Questa azione unilaterale, secondo la Cassazione, non è una semplice integrazione, ma una vera e propria lesione del diritto di difesa. L’imputato deve poter interloquire e accettare consapevolmente ogni aspetto del percorso a cui si sottopone. L’assenza di questo contraddittorio sull’aggravamento ha determinato una ‘nullità generale a regime intermedio’ dell’atto, correttamente eccepita dalla difesa.

Le Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa sentenza rafforza la natura consensuale e pattizia della messa alla prova. Non si tratta di una pena imposta, ma di un percorso condiviso tra l’imputato e lo Stato. Il ruolo del giudice è quello di verificare la congruità del programma e garantirne la corretta esecuzione, non di riscriverne le condizioni a svantaggio dell’imputato senza il suo accordo. La decisione tutela l’affidamento dell’imputato nell’accordo raggiunto con l’U.D.E.P.E. e garantisce che il suo diritto a partecipare attivamente alla definizione del proprio percorso rieducativo sia pienamente rispettato. In pratica, qualsiasi modifica sostanziale proposta dal giudice deve essere sottoposta all’accettazione dell’imputato o del suo difensore, altrimenti l’atto è nullo.

Può un giudice modificare il programma di messa alla prova dopo che è stato concordato?
Sì, ma secondo l’art. 464-quater, comma 4, del codice di procedura penale, può farlo solo ed esclusivamente con il consenso dell’imputato. Qualsiasi modifica unilaterale, specialmente se peggiorativa, è illegittima.

Cosa succede se il giudice aumenta l’importo del risarcimento del danno senza il consenso dell’imputato?
Come stabilito dalla sentenza, tale modifica è illegittima. L’aumento dell’obbligo risarcitorio senza l’assenso dell’interessato costituisce un aggravamento non concordato che viola il diritto di difesa e rende nullo il provvedimento.

Qual è la conseguenza legale di una modifica non concordata del programma di messa alla prova?
La conseguenza è una nullità generale a regime intermedio, come previsto dall’art. 178, lett. c), del codice di procedura penale, per violazione del diritto di difesa. Se tempestivamente eccepita, porta all’annullamento dell’ordinanza che contiene la modifica illegittima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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