Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1792 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1792 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
COGNOME NOMECOGNOME nato a Foggia il 25/04/1988;
avverso la sentenza del 19/09/2023, della Corte di appello di Bari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte trasmesse dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni scritte trasmesse a mezzo p.e.c., in data 10/12/2024, dal difensore dell’imputato, avv. NOME COGNOME contenenti memoria di replica alle conclusioni del P.g., con le quali la difesa ha insistito per l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Avverso la sentenza indicata in epigrafe -che ha confermato la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Foggia in data 25 luglio 2020- propone ricorso per cassazione l’imputato, a ministero del difensore di fiducia all’uopo nominato, deducendo a ragione della impugnazione i motivi in appresso sinteticamente indicati, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
1.1. Con il primo motivo di ricorso, la difesa deduce inosservanza delle norme processuali poste a pena di nullità (art. 606, comma 1, lett. c, cod. proc. pen.), censurando la sentenza impugnata e quella di primo grado, che hanno ritenuto infondata la eccepita violazione dell’articolo 552, comma 1, lett f), cod. proc. pen., in quanto il decreto di citazione diretta a giudizio emesso in data 29 dicembre 2016 non conteneva l’indicazione della facoltà di chiedere la sospensione del processo per la messa alla prova. Tale indicazione sarebbe invece stata necessaria, anche nel dicembre 2016, per effetto della interpretazione costituzionalmente orientata delle norme processuali, come “rimodellate” dalla sentenza della Corte costituzionale n. 201 del 2016 e dalla ordinanza n. 71 del 2019.
1.2. Con il secondo motivo, la difesa deduce inosservanza delle norme processuali poste a pena di nullità (art. 606, comma 1, lett. c, cod. proc. pen.), censurando la sentenza impugnata e quella di primo grado, che hanno ritenuto intempestiva la richiesta di sospensione del processo con messa alla prova (artt. 168 bis cod. pen. e 464 bis cod. proc. pen., norme in vigore dal 13 maggio 2014). La Corte territoriale, come già aveva fatto il giudice di primo grado, ha infatti stimato intempestiva la domanda proposta all’udienza del 2 maggio 2019, innanzi al Tribunale che sedeva nella nuova composizione monocratica, giacché tale eccezione, assume la Corte territoriale, deve esser formulata prima della prima dichiarazione di apertura del dibattimento; prima dichiarazione già intervenuta senza che la difesa avesse proposto alcuna domanda di sospensione del processo per la messa alla prova. La facoltà delle parti si esaurirebbe quindi, ad avviso conforme dei giudici di merito, con il suo mancato esercizio prima della prima dichiarazione di apertura del dibattimento. Il che però non corrisponde a quanto indicato nel testo dell’art. 464 bis, comma 2, cod. proc. pen.
1.3. Con il terzo motivo, la difesa deduce vizio esiziale della motivazione in ordine al mancato riconoscimento dei presupposti per applicare la speciale causa di non punibilità, per la particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131 bis cod. pen., con particolare riguardo alla omessa valutazione della condotta susseguente al reato, secondo la formulazione della norma entrata in vigore a far data dal 30 dicembre 2022.
1.4. Con il quarto motivo, la difesa deduce vizio esiziale della motivazione in ordine al rigetto della richiesta di derubricare il delitto di ricettazione in quell furto. La difesa evidenzia, in particolare, la manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui, pur in presenza di un imputato confesso, ha rilevato l’assenza di spiegazioni sull’origine della disponibilità della res furtiva. La difesa lamenta, inoltre, la ritenuta inutilizzabilità delle dichiarazioni a contenuto confessori rispetto alla commissione del delitto di furto della autovettura rese dall’imputato nella immediatezza del fatto alla polizia giudiziaria e sulle quali nel dibattimento aveva riferito il teste di polizia giudiziaria escusso.
Con la memoria trasmessa in data 10 dicembre 2024, la difesa replicava alle conclusioni del Procuratore generale insistendo per la tempestività della richiesta di sospensione del processo, proposta prima della apertura del dibattimento di primo grado e per la pertinenza e fondatezza degli altri motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
E’ infondato, in diritto, il primo motivo di ricorso.
1.1. La previsione dell’avviso di cui all’art. 552, comma 1, lett. f), cod. proc. pen. (a prescindere dalle novelle che ne hanno ampliato il contenuto), palesa una evidente ratio deflattiva, essendo tesa ad informare l’imputato della facoltà di accedere alla definizione alternativa della regiudicanda, in maniera che questi possa percorrere tali strumenti di definizione del processo. Se questa è la logica che regge la previsione normativa, non può censurarsi di manifesta irrazionalità la scelta del legislatore del 2014, che (diversamente da quanto poi attuato nel 2022, con il D.L.vo 10 ottobre 2022, n. 150) non ha ritenuto di aggiungere tale avviso a quello già previsto dal testo scolpito alla lettera f) del comma 1 dell’art. 552 cod. proc. pen. (si richiama sul punto Sez. 3, n. 35995 del 23/10/2020, COGNOME, Rv. 280775). Questa Corte, inoltre, pur non ritenendo abnorme il provvedimento con cui il Tribunale ha talvolta disposto la restituzione degli atti al Pubblico ministero, sul presupposto che il decreto di citazione a giudizio nei confronti dell’imputato sia affetto da nullità, per difetto dell’avviso della facoltà di definizione con messa all prova, ha comunque ritenuto non corretta detta esegesi processuale, trattandosi di un avviso -in allora- non dovuto (Sez. 2, n. 3864 del 23/12/2016, dep. 2017, Rv. 269103). La stessa già richiamata sentenza (n. 35995 del 2020, cit.) ha pure ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della omessa previsione normativa, giacché il disposto dell’art. 552, comma 1, lett. f)
cod. proc. pen., non è funzionale all’esercizio del diritto di difesa, né all’attuazion del giusto processo. D’altro canto, la giurisprudenza costituzionale appare consolidata nel ritenere sottratto al sindacato di legittimità l’esercizio del discrezionalità legislativa nella disciplina degli istituti processuali, fatto salv controllo di manifesta irragionevolezza o arbitrarietà (tra le tante, Corte cost., sentenze n. 20 del 2017, n. 152 del 2016, n. 138 del 2012 e n. 141 del 2011). La Corte costituzionale (sent. n. 19 del 2020) ha pure ribadito che la sospensione del procedimento, con messa alla prova, si configura come un istituto di natura sia sostanziale, laddove dà luogo all’estinzione del reato, sia processuale, consistente in un nuovo procedimento speciale, alternativo al giudizio (nello stesso senso Corte cost. n. 131 del 2019, n. 91 del 2018, n. 201 del 2016 e n. 240 del 2015) e che la richiesta di riti alternativi costituisce anch’essa una modalità, tra le p qualificanti, di esercizio del diritto di difesa (così Corte cost. n. 201 del 2016, n 237 del 2012, n. 219 del 2004, n. 148 del 2004 e n. 497 del 1995).
E’ fondato il secondo motivo di ricorso, con il quale si eccepisce la nullità delle sentenze di primo e secondo grado, che hanno ritenuto intempestiva la richiesta di sospensione del processo, per la messa alla prova, avanzata dal difensore e procuratore speciale dell’imputato, in data 2 maggio 2019, prima della nuova dichiarazione di apertura del dibattimento, allorquando tale dichiarazione era stata già pronunciata dal Tribunale monocratico che sedeva nella precedente composizione.
2.1. Il tema dedotto è quello della tempestività dell’esercizio di una facoltà processuale riconosciuta dall’ordinamento solo se praticata entro termini previsti a pena di decadenza.
Si affrontano, nella tenzone processuale, due opposte esegesi del limite previsto a pena di decadenza dall’art. 464 bis, comma 2, cod. proc. pen., il cui testo così disponeva nella formulazione vigente al tempo del giudizio di primo grado: “La richiesta può essere proposta, …, fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado …”.
Secondo una prima opzione ermeneutica (Sez. 4, n. 25081 del 23/04/2024, De Feo, Rv. 286499), in caso di ripetute dichiarazioni di apertura del dibattimento, conseguenti al mutamento della composizione dell’organo giudicante, la richiesta deve ritenersi preclusa dalla dichiarazione di apertura già adottata per la prima volta dal Tribunale diversamente composto.
Tale esegesi non è condivisa dal Collegio, giacché prende in considerazione il solo testo letterale dell’art. 464 bis, comma 2, del codice di rito, senza porre il testo a confronto con quanto prevede (ad es.) il comma 1 dell’art. 491, che in
tema di questioni preliminari esplicita l’indicazione del momento preclusivo alla prima volta della verifica della costituzione delle parti.
Secondo un diverso indirizzo (Sez. 2, n. 44021 del 19/09/2023, Tribunale di Matera, Rv. 285241), viceversa, il termine preclusivo svolge la sua opera di sbarramento solo con riguardo alle questioni preliminari, quale quella sulla competenza.
2.2. Orbene, nell’affrontare l’esame della disposizione processuale preclusiva non può che farsi riferimento a quanto affermato (due volte in un ventennio) dalle Sezioni unite di questa Corte (sent. n. 41736 del 30/05/2019, COGNOME, Rv. 276754 – 2, in motivazione pag. 11, in continuità, sul punto, con Sez. U, n. 2 del 15/01/1999, COGNOME, Rv. 212325, in motivazione, sub 1), che hanno analiticamente ripercorso ed analizzato proprio la questione relativa alle implicazioni processuali della modifica del collegio giudicante e, in particolare, della “regressione” del processo ad una fase antecedente l’apertura del dibattimento. Con le citate decisioni, la Corte ha avuto modo di chiarire che “… a seguito del mutamento della composizione del collegio giudicante, il procedimento regredisce nella fase degli atti preliminari al dibattimento (che precede la nuova dichiarazione di apertura del dibattimento ex art. 492 cod. proc. pen.)” specificando, ulteriormente, che “… pertanto – ferma restando l’improponibilità di questioni preliminari in precedenza non sollevate (a norma dell’art. 491, comma 1, infatti, le questioni preliminari «sono precluse se non sono proposte subito dopo compiuto per la prima volta l’accertamento della costituzione delle parti») – il giudice, nella composizione sopravvenuta, ha il potere di valutare ex novo le questioni tempestivamente proposte dalle parti e decise dal giudice diversamente composto (sul punto, v. anche Sez. 6, n. 3746 del 24/11/1998, dep. 1999, De Mita, Rv. 213343, e Sez. 1, n. 36032 del 05/07/2018, Conti, Rv. 274382, entrambe in tema di competenza per territorio)”. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.3. Nella fattispecie, non si è evidentemente trattato di una questione preliminare (il cui elenco tassativo si legge ai commi 1 e 2 dell’art. 491 cod. proc. pen.); dunque, la domanda di sospensione del processo, con accesso alla probation, doveva ritenersi tempestivamente proposta dal procuratore speciale dell’imputato, atteso che, diversamente dalle questioni preliminari, il testo dell’art. 464 bis, comma 2, del codice di rito non pone affatto l’ostacolo preclusivo al momento della dichiarazione di apertura “per la prima volta” del dibattimento. La differente modulazione della preclusione processuale lascia quindi intendere che, quando il legislatore ha voluto precisare quale delle -eventualmente ripetibili- fasi endoprocessuali indicare, come momento preclusivo per l’esercizio di una facoltà delle parti, lo ha fatto esplicitamente (come nel caso delle questioni preliminari). Dunque, una volta mutata la composizione personale dell’organo giudicante, il
processo regredisce alla fase predibattimentale ove, prima della nuova dichiarazione di apertura del dibattimento, precluso il nuovo esame delle sole questioni preliminari (art. 491, comma 1, cod. proc. pen.), il Tribunale ben poteva prendere in considerazione la domanda di sospensione del processo, proprio in quanto il suo esame non è precluso dal regresso ad una fase predibattimentale già compiuta in precedenza. Non averlo fatto ha determinato una compressione assoluta ed irreversibile di una facoltà processuale essenziale attribuita dall’ordinamento processuale all’imputato, con la conseguente nullità del giudizio e delle decisioni, di primo e di secondo grado, adottate all’esito.
Il terzo ed il quarto dei motivi di ricorso restano assorbiti dalla decisione processuale, che impone una nuova celebrazione del giudizio.
La sentenza impugnata va annullata senza rinvio, come quella di primo grado; segue la trasmissione degli atti al Tribunale di Foggia, in diversa composizione, per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella di primo grado e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Foggia in diversa composizione per l’ulteriore corso.
Così deciso il 17 dicembre 2024.